Nuovo significato alla riunificazione della Germania

Il presidente della repubblica federale tedesca apre agli immigrati e in particolare ai musulmani: «Noi siamo il popolo, noi siamo un popolo!»
Bandiera tedesca

Il presidente della repubblica federale tedesca non ha potere. Lo hanno voluto così i “padri” della costituzione della Germania dopo l’esperienza della cosiddetta “repubblica di Weimar” che è finita nel “Drittes Reich” (terzo regno) di Adolf Hitler. Mai più troppo potere nella mano di una persona!

Di conseguenza i presidenti tedeschi hanno poche possibilità di influire sulla politica quotidiana. L’unica vera arma della quale possono disporre è la loro parola. Lo hanno dimostrato in  modo eccellente i presidenti Richard von Weizsäcker e Roman Herzog con dei discorsi famosi per non dire storici. L’ultimo presidente, Horst Köhler, non era riuscito ad usare questa sua “arma” in maniera efficace.

 

Grandi erano le attese adesso riguardo il primo grande discorso del nuovo presidente, Christian Wulff, per il 20simo giubileo della riunificazione della Germania, festeggiata il 3 ottobre. E Wulff ha colto bene questa occasione. Vent’anni dopo la caduta del muro di Berlino ha dato un nuovo significato alla unificazione della Germania, aprendo il termine – oltre all’unificazione tra est ed ovest – agli immigrati ed in maniera particolare ai musulmani che vivono in Germania. “Noi siamo il popolo! Noi siamo un popolo”, era il grido che 20 anni fa è salito nelle strade di Lipsia, di Berlino, di Dresda; grido che ha fatto crollare un muro che ormai sembrava eterno. 20 anni dopo il presidente Wulff  fa suo questo grido invitando i tedeschi a continuare a lavorare per l’unità – in maniera nuova.

 

È un invito coraggioso e ardito per due motivi. Ancora non è del tutto compiuta la riunificazione tra est ed ovest in Germania. Ancora le condizioni di vita nella ex-DDR sono peggiori di quelle nell’ovest, anche se migliorate moltissimo. Gli stipendi e le pensioni sono ancora più bassi all’est, la disoccupazione è sempre notevolmente più alta. Ed anche se 1,7 milioni tedeschi si sono trasferiti dall’Ovest all’Est, questo numero non copre le quasi 3 milioni che hanno preso la direzione opposta. C’è ancora tanta strada da fare e nell’ovest crescono le voci di quelli che vogliono finalmente togliere il cosiddetto “supplemento di solidarietà” del 5,5 per cento che ogni tedesco deve pagare sul salario per aiutare le regioni nell’est. In questa situazione aprire il discorso dell’unità agli immigrati non va dato per scontato. Ma il presidente Wulff ha fatto capire che l’unità non è solo una necessità geografica o finanziaria, ma una questione essenziale per una nazione che vuole sopravvivere in un mondo sempre più globalizzato.

 

E c’è un secondo motivo per il quale il discorso di Wulff è notevole. Anche in Germania, come attualmente in alcuni altri paesi dell’Europa, ci sono persone chiamate, come la famosa favola, i pifferai magici: gente cioè che va a caccia di elettori, di voti con dei slogans populisti che toccano ed alimentano dei sentimenti piuttosto bassi.

 

Contro tutti i fatti, il 55 per cento dei tedeschi è convinto che i migranti musulmani provochino più costi allo Stato di quanto rendano. Più di un terzo dei tedeschi è convinto che la Germania attraverso l’immigrazione diventi – in media – più stupida. Su questo sfondo il discorso di Wulff, il suo invito a lavorare per la nuova, seconda, unificazione della Germania è la prova, che abbiamo un presidente con una base solida e con delle visioni vere e buone. Ci possiamo anche noi congratulare con lui.

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