Nuovi cardinali e geopolitica di Francesco

Le scelte del papa come ulteriore passo verso una Chiesa sempre più cattolica, universale e radicata nelle vere problematiche del mondo contemporaneo
ANSA/ VATICAN MEDIA

Ed eccoci arrivati al Concistoro numero sei di papa Francesco. Lo potremmo definire un altro passo avanti nella logica della geopolitica bergogliana. Pochi dati ci aiutano a inquadrare l’annuncio che è arrivato – atteso da molti osservatori – domenica primo settembre.

Da quando è salito al soglio di Pietro il papa argentino ha creato (con quelli annunciati due giorni fa) esattamente settanta cardinali con una ripartizione geografica già molto indicativa: 26 europei, 15 latinoamericani, 11 asiatici, 10 africani, 5 nordamericani, 3 dell’Oceania. Fra questi i religiosi sono 22 (di cui 4 gesuiti, 4 salesiani e 2 spiritani). Mentre i curiali nel giro di sei anni sembrano essere il minimo indispensabile per assicurare l’andamento della Curia: tredici.

A questo contesto, già molto significativo, dobbiamo aggiungere che Bergoglio ha da sempre evitato di elevare alla porpora troppi titolari di sedi tradizionalmente cardinalizie (Torino è un esempio, come pure Venezia), preferendo sedi significative da altri punti di vista. Agrigento per la sua collocazione in tempo di migrazioni ne è l’esempio più lampante. Inoltre, nel corso di questi anni ha voluto mettere in evidenza vescovi che hanno amato stare con la propria gente, quell’atteggiamento che gli è caro e che ha più volte definito con un’immagine efficace – e inizialmente irriverente almeno per qualcuno – quella del pastore che porta l’odore delle pecore.

Il cardinal Zenari, nunzio in Siria rimasto fedelmente al suo posto durante tutta la guerra ne è un esempio forte e significativo. Infine, non si contano le sedi nuove, inaugurate alla porpora cardinalizia sotto il papato di Bergoglio, a iniziare da Bangui, da dove papa Francesco aveva aperto l’Anno Santo della Misericordia.

Passiamo ora a decifrare queste nuove scelte comunicate domenica scorsa. Due gli aspetti che vengono in rilievo. Uno è, senza dubbio, la centralità del problema migratorio e di coloro che sono scartati dalla società della globalizzazione. In questo senso si possono leggere le nomine di Matteo Zuppi, 64 anni, dal 2015 arcivescovo di Bologna, e del gesuita slovacco-canadese Michael Czerny, 73 anni, dal 2016 sottosegretario della Sezione Migranti del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Zuppi, fra l’altro, per molti anni è stato parroco a Santa Maria in Trastevere dove, fedele all’impegno della Comunità di sant’Egidio dove è cresciuto e maturato, ha assistito e accolto emarginati di ogni tipo e migranti. Spesso ha celebrato funerali per persone morte lungo il Tevere o sotto i ponti che lo attraversano o che, comunque, erano abbandonate dalla società. Un gesto che, almeno nella morte, ha ridato dignità a quelle persone scartate dalla società del consumo.

Un secondo aspetto molto evidente è quello della centralità del dialogo interreligioso, in particolare in contesto musulmano, che in questo Concistoro pare assumere un assoluto rilievo. Oltre al comboniano spagnolo Angel Ayuso Guixot, 67 anni, da maggio presidente del pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, non si deve dimenticare l’indonesiano Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, 69 anni, dal 2010 arcivescovo di Jakarta, capitale della nazione con la più grande popolazione musulmana del mondo.

Molto significativa in ambito di rapporti con l’islam è la presenza nel novero dei nuovi porporati del salesiano spagnolo Cristobal Lopez Romero, 67 anni, dal 2017 arcivescovo di Rabat in Marocco dopo aver lavorato in Paraguay dal 1986 al 2011. Si tratta di uno dei vescovi che hanno accolto papa Francesco nei primi mesi dell’anno, nel viaggio che ha fatto seguito a quello nella penisola degli Emirati Arabi, dove era avvenuta la firma della Carta della Fratellanza umana, congiuntamente all’imam al-Tayyeb di al-Azhar.

Infine, in contesto di dialogo interreligioso, spicca anche la concessione della porpora cardinalizia a mons. Fitzgerald, padre bianco, già Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, per il quale a suo tempo non venne elevato alla porpora cardinalizia, e che, dopo un prezioso servizio diplomatico come Nunzio in Egitto e presso la lega Araba, oggi lavora in una parrocchia di Liverpool particolarmente attiva nel lavoro di integrazione di migranti.

Non mancano, poi, diocesi di periferia che sono significativamente rappresentate in questo concistoro: quella di Huehuetenamgo, con il guatemalteco  Alvaro L. Ramazzini Imeri, e quella di Kinsasha con il cappuccino africano Fridolin Ambongo Besungu. Ma non dobbiamo dimenticare il senso della nomina cardinalizia al gesuita Jean-Claude Hollerich, 61 anni, dal 2011 arcivescovo di Lussemburgo, oggi terra di vera missione cristiana, e dal 2018 presidente della Comece.

Completano il quadro l’arcivescovo portoghese José Tolentino Mendonca, 54 anni a dicembre, dal 2018 archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa ed il cubano Juan de la Caridad Garcia Rodriguez, 71 anni, dal 2016 arcivescovo di San Cristobal de La Habana, in una comunità che solo recentemente nel mese di luglio aveva perso una figura di grande rilievo nella storia della Chiesa a Cuba, il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino.

Fra gli ultra ottantennni, oltre al già menzionato Michael Fitzgerald, ci saranno anche il gesuita lituano Sigitas Tamkevicius, 81 anni a novembre, dal 1996 al 2015 arcivescovo di Kaunas, ed Eugenio Dal Corso, veronese membro dell’Opera don Calabria, 80 anni di cui 11 trascorsi in Argentina, arcivescovo emerito di Benguela in Angola dove è rimasto come semplice missionario.

In definitiva, un ulteriore passo verso una Chiesa sempre più cattolica nel vero senso del termine, cioè universale e soprattutto radicata nelle vere problematiche odierne. La geopolitica di Francesco si legge anche nel Collegio Cardinalizio che sta disegnando e che, di fatto, eleggerà il suo successore. Il papa argentino, infatti, con le scelte di oggi tende ad assicurare la continuità della Chiesa di domani rispetto a quella attuale.

In tale contesto un aneddoto curioso. Dopo lungo tempo, con la presenza di Zuppi avremo nuovamente un romano doc nel collegio cardinalizio. Zuppi, fra l’altro, pur testimone di un servizio radicale verso i poveri e i dimenticati, è pronipote di un altro grande cardinale, Carlo Confalonieri, molto vicino a Paolo VI e a Giovanni Paolo II, morto ultranovantenne.

 

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