Nuove sanzioni alla Russia, Europa divisa

Il sesto pacchetto si sanzioni dell’Unione europea verso la Russia, dopo il blocco di alcune forniture di gas a Paesi europei, è stato bloccato per il mancato accordo tra gli Stati europei. Avanza invece "l'Iniziativa dei tre mari"
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, durante il discorso tenuto dopo l'attacco della Russia all'Ucraina, foto Ap.

A seguito dell’annuncio di Gazprom sull’interruzione delle forniture di gas ad alcuni Stati membri dell’UE, in particolare la Polonia e la Bulgaria, a causa del mancato pagamento delle furniture in rubli, la Commissione europea ha presentato il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, prospettando un embargo sul petrolio entro sei mesi e un embargo entro il 31 dicembre 2022 anche all’acquisto di prodotti petroliferi raffinati.

L’embargo non riguarda però il gas russo, da cui dipendono molti Stati membri dell’Unione europea (Ue), mentre lo stesso embargo graduale del petrolio risponde alla necessità di molti Stati membri, tra i quali la Germania e l’Italia, di diversificare le forniture. Del resto, prima dell’invasione dell’Ucraina, l’Ue importava circa il 40% del gas necessario a coprire i propri fabisogni dalla Russia.

Inoltre, le sanzioni proposte riguardano altre banche e altre televisioni russe, prime fra tutte con l’esclusione di Sberbank, la prima banca russa, dalla piattaforma di pagamenti internazionali Swift. Le sanzioni colpiscono anche dei vertici militari russi, i familiari del portavoce di Putin e il patriarca ortodosso Kirill. Però, su richiesta della Polonia, dell’Ungheria, della Slovacchia e della Bulgaria, l’approvazione del sesto pacchetto di sanzioni è stato rinviato.

L’interruzione delle forniture di gas alla Polonia non rappresenterebbe un grande problema, poichè il Paese ha progressivamente diversificato le furniture di gas dalla Russia ed è pronto ad attivare il gasdotto Baltic Pipe, che consentirà di importare gas direttamente dalla Norvegia. Invece la Bulgaria resta ancora fortemente dipendente dalla Russia.

Secondo della Commissione europea, Ursula von der Leyen, «l’annuncio che Gazprom intende interrompere unilateralmente la fornitura di gas ai clienti europei costituisce l’ennesimo tentativo da parte della Russia di usare il gas come strumento di ricatto», sottolineando che «ciò è ingiustificato e inaccettabile» oltre a dimostrare «ancora una volta l’inaffidabilità della Russia come fornitore di gas». Al contempo, la presidente ha sottolineato che la Commissione europea è al lavoro «per garantire forniture alternative e i migliori livelli di stoccaggio in tutta l’UE», mentre sta «elaborando una risposta coordinata dell’UE» e sta lavorando «con i partner internazionali per assicurare flussi alternativi».

Proprio per questo, nell’attesa di trovare dei flussi alternativi, von der Leyen ritiene con le sanzioni di «massimizzare la pressione sulla Russia, riducendo allo stesso tempo al minimo i danni collaterali a noi e ai nostri partner in tutto il mondo», riconoscendo che «per aiutare l’Ucraina la nostra stessa economia deve rimanere forte». Inoltre, dopo l’oscuramento di Russia Today e Sputnik, quello di altre tre emittenti russe è necessario per eliminare quelle «casse di risonanza che diffondono le bugie e la propaganda di Putin», così da «non dare loro un palcoscenico per diffondere menzogne».

La decisione di Gazprom di interrompere le forniture di gas a Polonia e Bulgaria non è casuale, anzi avviene all’indomani del vertice di Ramstein a sostegno dell’Ucraina convocato dagli Stati Uniti, al quale hanno partecipato 40 Paesi, e durante il quale gli Usa hanno promesso di smuovere mari e monti per aiutare l’Ucraina a fermare l’avanzata russa sul campo, fino a ridimensionare la macchina da guerra russa per i prossimi anni.

La partita che si sta giocando è intrisa di geopolitica. Infatti, in questo contesto, è utile approfondire la cosiddetta Iniziativa dei tre mari (o Trimarium), un forum di dialogo politico ed economico tra 12 Paesi dell’Europa centrale e orientale compresi, per l’appunto, tra il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Adriatico. Oltre agli Stati partecipanti iniziali, tutti membri dell’UE, altri 15 Paesi, tra cui l’Ucraina, partecipano a specifici programmi.

L’obiettivo primario dell’Iniziativa dei tre mari è quello di aumentare la connettività della regione, con un riferimento specifico alle infrastrutture e all’energia. I pilastri dell’iniziativa nel progetto iniziale sono essenzialmente tre: sviluppo economico, miglioramento della coesione europea e rafforzamento dei legami transatlantici. Uno dei maggiori problemi dell’area è proprio la mancanza di infrastrutture adeguate. Eppure, proprio la guerra in Ucraina mette a serio rischio i progetti, le attività e gli obiettivi di un’Iniziativa i cui membri coincidono in gran parte con i Paesi membri della NATO. Non a caso, gli Stati Uniti sostengono politicamente e finanziariamente l’iniziativa per ridurre la storica dipendenza di questi Paesi dall’influenza economica, politica e strategica della Russia.

Alcuni progetti infrastrutturali potranno infatti diventare non più attuabili, soprattutto nel caso in cui un successo militare della Russia trasformi il Mar Nero in un mare russo. Altri progetti, come quelli relativi alla diversificazione e al miglioramento della sicurezza energetica dei Paesi membri, diventeranno invece sempre più urgenti.

Osservando i progetti multilaterali del gas vi sono il gasdotto GIPL (Polonia-Lituania), la connessione gas BRUA (Bulgaria-Romania-Ungheria-Austria, il gasdotto Eastring (Slovacchia-Ungheria-Romania-Bulgaria), l’interconnettore Romania-Ungheria, il Baltic Pipe (interconnessioni gas tra Norvegia-Danimarca-Polonia e Polonia-Slovacchia e Polonia-Ucraina), il gasdotto IAP (Croazia, Montenegro, Albania), il terminale LNG sull’isola di Krk (Croazia), inaugurato nel gennaio 2021.

Proprio il gasdotto GIPL è entrato in funzione il 1 maggio, terminando l’isolamento dei Paesi baltici dalla rete europea del gas e consentendo alla Polonia l’accesso all’impianto LNG della Lituania. Questi progetti rientrano nelle prospettive di integrazione dei mercati del gas dell’UE, per cui hanno ricevuto il sostegno finanziario dai fondi europei, in particolare attraverso il Connecting Europe Facility (CEF). La realizzazione di questi progetti dovrebbe consentire la piena integrazione delle infrastrutture del gas non solo dei Paesi dell’Europa dell’Est, ma anche con i mercati del gas dei Paesi dell’Europa occidentale.

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