Nuove difese contro nuovi nemici

La spagnola riusciva da sola, negli anni 1918-20, ad uccidere cinquanta milioni di persone, a fare cioè più vittime della intera Grande guerra: se oggi il virus Ebola, che ogni tanto si desta in zone isolate del Congo per falciare via buona parte di quanti riesce a raggiungere, avesse modo di diffondersi in aree popolate, i risultati sarebbero simili, se non più disastrosi. Purtroppo, tra le conseguenze del surriscaldamento globale vi è anche quella del rendere più calde e umide le regioni temperate, rendendole adatte anche ad insetti tropicali capaci di veicolare virus fino ad ora confinati in regioni isolate: le organizzazioni sanitarie internazionali temono il moltiplicarsi di queste possibilità, che in effetti già si stanno verificando. Un esempio è la zanzara tigre, quella che punge anche di giorno, che l’anno scorso in Emilia ha indotto una epidemia di chikungunya, una malattia virale tropicale che provoca forti febbri, vomito e lancinanti dolori articolari. Un altro esempio è la diffusione di dengue e febbre gialla dovuta alla Aedes Aegipty, zanzara con bande bianche sulle zampe originaria dell’Etiopia, presente anche nel Mediterraneo ed introdotta con la tratta degli schiavi nelle regioni tropicali del Brasile: ultimamente sta provocando epidemie fin nello Stato di San Paolo. Il mondo moderno è impreparato: nel ’98 nella zona di New York tre casi di encefalopatia dovuti al virus West Nile non sono stati riconosciuti in tempo perché, pur essendo il virus già isolato in Uganda nel 1937, il test per la ricerca della sua presenza non era previsto tra quelli di routine del Cdc di Atlanta, uno dei migliori laboratori del mondo. Negli scorsi anni tutti siamo stati ampiamente informati riguardo al virus dell’aviaria, che induce la Sars, spesso letale per l’uomo: questo virus per fortuna non è in grado di trasmettersi fra umani, ma il timore di una pandemia dovuta ad una sua variante capace di farlo ha messo in crisi anni fa l’intera Cina e mezzo mondo: dal momento della sua individuazione sono stati necessari quindici anni per produrre farmaci che si spera siano capaci di combatterlo, visto che il virus nella forma che dovrebbero combattere non esiste ancora. Questi timori, che inducono Stati e privati ad accumulare scorte di medicinali di dubbia utilità, sono ben visti dalle aziende che producono tali farmaci, ma sarebbe pericoloso non tenerne conto, come se fossero solo strumentali all’arricchimento delle aziende farmaceutiche. Ben venga quindi una strategia di difesa. In merito sembra valido il progetto Vizier del prof. Canard, del Consiglio nazionale delle ricerche francese, che coinvolge oltre al suo laboratorio di Marsiglia altri laboratori universitari e privati di dieci nazioni europee, tra cui l’Italia. Il progetto, ha ricevuto dall’Unione europea un finanziamento di 13 milioni di euro ed è descritto nel numero di settembre 2007 dalla rivista Research EU: esso affronta la battaglia contro i nuovi virus in modo sistematico, proponendosi di spuntarne le armi, di neutralizzare i grimaldelli che i virus utilizzano per introdursi nelle nostre cellule. I virus sono un pezzo di programma genetico che per riprodursi e diffondersi deve utilizzare gli strumenti delle cellule, quindi deve riuscire ad entrare in esse, tramite chiavi capaci di aprire le molte porte tramite cui esse comunicano, eseguono i compiti per cui sono nate e si alimentano. Queste chiavi sono proteine, cioè lunghe catene di molecole ottenibili riproducendo sequenze presenti nei Dna: esse appena stampate si arrotolano in gomitoli, grazie alle forze di attrazio- ne/repulsione che gli elementi chimici che le costituiscono esercitano tra di loro: figuriamoci una lunga catena fatta di componenti che possono ruotare solo in alcune direzioni, nei quali sono incorporati dei magneti nelle posizioni più diverse, capaci di attrarre o respingere. Ne verrà fuori un gomitolo che avrà al suo esterno le ultime spire della catena, e le capacità di azione fisico-chimica della proteina dipenderanno dalle più o meno forti capacità di attrazione o repulsione esercitate dagli spuntoni e dalle cavità della sua superficie. Ecco perché anche un piccolo cambiamento di composizione può far avvolgere la proteina in modo diverso, modificando grandemente la sua superficie e le sue proprietà. Anche l’ambiente in cui la proteina è immersa può modificare il suo avvolgersi e cambiarne le proprietà. Per calcolare a priori come una diversa composizione della sua catena o dell’ambiente possa indurre qualità desiderate, occorrono computer con una grandissima capacità di calcolo, non ancora disponibili. Il progetto Vizier, nato dal fantasma della possibile pandemia di Sars, si propone di raccogliere in anticipo le conoscenze necessarie per produrre in poche settimane antivirali utili a bloccare pandemie di virus appena essi si manifestassero come pericolosi. Per questo si è iniziato un lavoro coordinato di laboratori specializzati in bioinformatica, capaci di analizzare le sequenze del Dna di trecento diverse famiglie di virus, per individuarvi i settori capaci di produrre le proteine necessarie al loro replicarsi, iniziando dagli Rna-virus, i più pericolosi, che possono essere studiati solo in laboratori super attrezzati ad evitare la loro diffusione nell’ambiente. Individuate le proteine utilizzate da ogni famiglia di virus, altri laboratori specializzati in cristallografia individueranno in modo tridimensionale i punti attivi della superficie dei loro gomitoli. Quindi altri laboratori, grazie a specialisti in farmacologia, individueranno i composti chimici capaci di neutralizzarne le funzioni. Questi composti saranno come armi pronte ad essere utilizzate per formulare in tempi brevi antivirali specifici per virus di quella famiglia diventati improvvisamente pericolosi: un settore di ricerca che se si escludono i casi del virus dell’Aids, dell’epatite e della Sars, negli ultimi venti anni è stato trascurato dalle grandi case farmaceutiche. In due anni di lavoro il Vizier ha già individuato le sequenze del Dna di 180 virus e 250 proteine vitali per la loro replica, ed ogni mese se ne aggiungono altre quattro. Quello che fa unico il progetto è la sua capacità di far comunicare fra loro e collaborare diverse discipline. È un frutto della cultura europea, basata sulla cooperazione, un frutto impossibile nei laboratori Usa abituati ad una fiera competizione. Dalla ricerca del Vizier sono stati già ottenuti frutti concreti: due farmaci contro le indiane del chikungunya e l’altro contro il dengue.

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