Nucleare civile, una questione aperta

L’opinione dell’ingegnere Giuseppe Rotunno, portavoce del “Comitato di collegamento di cattolici per una Civiltà dell'Amore”, associazione che promuove il disarmo nucleare a favore dell’uso civile di tale fonte di energia al centro del dibattito in Ue
Nucleare Stefan Puchner/dpa via AP)

La questione del nucleare è al centro del dibattito in Europa per il tentativo di alcuni Paesi, in particolare la Francia, di inserire tale fonte di energia tra quelle “verdi” e pertanto finanziabile nel quadro degli interventi di transizione ecologica. Sulla questione abbiamo finora messo in evidenza su cittanuova.it posizioni opposte tra loro.

Con l’ingegnere Giuseppe Rotunno ascoltiamo la voce del  “Comitato di collegamento di cattolici per una Civiltà dell’Amore, un’associazione attiva nel campo del disarmo nucleare che propone una conversione a fini civili e che quindi si dimostra del tutto favorevole all’uso di tale fonte di energia nonostante l’opposizione di tante altre realtà del cosiddetto mondo cattolico. Merita perciò ascoltare Rotunno come criterio utile ad un confronto che non può essere rimandato  troppo a lungo considerando le forti pressioni, anche politiche, per una reitroduzione dell’utilizzo dell’energia nucleare anche in Italia nonostante il precedente negativo dei referendum popolari del 2011 e del 1987.

Come nasce la vostra attività?
Nel 1986 l’incidente di Cernobyl ha allarmato l’uso del nucleare in tutto il mondo, compresa l’Italia. Ne è seguito un primo esame di coscienza globale, relativo non soltanto al nucleare, ma allo stile di vita, al modello di sviluppo da adottare, con la povertà galoppante nel mondo. Eravamo un piccolo gruppo di amici, ingegneri nucleari, tecnici e anche missionari e ci siamo detti: perché non fare anziché parlare? Con il primo accordo di disarmo nucleare tra Reagan e Gorbaciov abbiamo avviato lo studio della conversione delle armi nucleari con Edoardo Amaldi e gli altri scienziati italiani e stranieri interessati. E’ emersa la fattibilità di eliminare le atomiche con gli unici mezzi disponibili oggi all’Umanità: i reattori nucleari esistenti. Inoltre è scaturito un dividendo della pace così grande da poter sconfiggere la fame nel mondo.

Abbiamo pensato quindi alla possibilità di finanziare tantissimi micro progetti proposti innanzitutto dai missionari (un pozzo, i banchi per la scuola, l’ambulatorio in un villaggio del sud del mondo, le adozioni a distanza) e iniziati a realizzarli prima ancora di costituirci come associazione formale.

Infatti dal 1986, pur non essendoci ancora la legge del volontariato, avevamo chiesto aiuto innanzitutto ai pubblicitari per comunicare alla gente l’idea che si poteva fare qualcosa di concreto per i poveri, partecipando a micro progetti fattibili subito perché di costo accessibile a tanti. Grazie all’adesione gratuita dei media, abbiamo lanciato la Campagna “Contro la fame cambia la vita”, primo passo della strategia per una Civiltà dell’Amore. Da allora abbiamo portato a termine più di 30 mila realizzazioni in circa 40 nazioni povere.

Quali sono le proposte che avanzate per la conversione delle armi atomiche? E cosa vi fa pensare che si tratti di un percorso accettabile dai Paesi detentori di tali armi di distruzione di massa?
Si tratta di riprendere la conversione delle armi nucleari per lo sviluppo sostenibile di cui tutti i popoli hanno bisogno. Infatti, la conversione degli arsenali nucleari è un ampio percorso che coinvolge non solo il settore militare, quale primo protagonista del processo, ma contemporaneamente i settori economico e ambientale interconnessi, nonché la possibile sconfitta della fame nel mondo.

La conversione delle armi nucleari, che può avvenire solo attraverso l’unica tecnologia in grado di eliminare le atomiche, cioè il bruciamento del combustibile nucleare da disarmo nelle centrali nucleari, esistenti oggi e nel prossimo futuro, può favorire le risorse di vario genere (finanziarie, industriali, scientifiche, ecc), liberate, in un mondo che non può più permettersi la tragedia della fame e della miseria con possibili conseguenti rischi sanitari globali.

In conclusione, appare oramai ineludibile l’avvio di negoziati, preferibilmente sotto l’egida delle massime Organizzazioni Internazionali, tra i Paesi dotati di arma nucleare, aderenti o meno al TNP, e quelli che potrebbero ambire in un prossimo futuro a dotarsi di arsenali atomici, finalizzati ad individuare formule per una riduzione concordata progressiva ed equilibrata dei dispositivi di distruzione di massa, o per porre reciproci e stringenti limiti al loro utilizzo a fini offensivi. Ciò nello spirito e nella lettera dell’art. VI del TNP che impone l’effettuazione di “negoziati in buona fede su misure efficaci relative alla cessazione tempestiva della corsa agli armamenti nucleari e al disarmo nucleare” che, purtroppo, non ha però trovato ancora piena applicazione: passo di importanza capitale per dare il via ad un uso pienamente pacifico dell’energia nucleare, con l’utilizzo di materiale fissile ora destinato ad ordigni atomici. Si coglierebbe così semplicemente anche l’avvio effettivo da parte delle potenze nucleari dell’auspicata conversione ecologica integrale, reclamata anche dai giovani alla COP26 di Glasgow e attesa da tutta l’umanità, soprattutto da quella più povera.

Quale è la vostra posizione nei confronti dell’energia nucleare civile?
La nostra posizione come Civiltà dell’Amore nei confronti dell’energia nucleare civile, cioè di pace e non di morte e di guerra, è ovviamente positiva perché l’energia nucleare è una realtà del Creato che noi uomini abbiamo scoperto solo nel 1934 con Enrico Fermi e i 5 Ragazzi di Via Panisperna a Roma (fra cui Amaldi). Pertanto come tutte le realtà del Creato pensiamo che l’uomo si debba servire di esse benevolmente e in modo responsabile davanti sia al Creatore che davanti a tutti gli altri uomini, presenti e futuri sul nostro pianeta.

A livello di istituzioni internazionali che garantiscono l’uso pacifico dell’energia nucleare esiste un sistema di controllo e di reciproca fiducia sancita in primis dal Trattato di non Proliferazione delle Armi Nucleari (TNP) che ne governa e assicura l’uso pacifico dell’energia nucleare promuovendo il disarmo, cioè l’effettiva eliminazione dell’esplosivo nucleare, da parte delle potenze già detentrici di arsenali nucleari.

Pensate che sia corretto inserirla tra le fonti “verdi” compatibili con la transizione ecologica?
Per quanto riguarda le “fonti verdi” è doveroso riconoscere la realtà della tecnologia nucleare attuale, che nella produzione di elettricità non emette CO2, come non la emettono l’energia idroelettrica, l’energia solare, l’energia del vento e le altre fonti naturali.

Come proponete di risolvere il problema dello smaltimento delle scorie radioattive?
Sulle scorie radioattive, tutti sappiamo che vanno affrontate con adeguata tecnologia ed organizzazione che non può essere improvvisata ma predisposta responsabilmente e civilmente per le future generazioni. Preoccupazione questa che va estesa anche all’uso di tutte le altre tecnologie (impianti a fonti fossili, impianti con materiali nocivi alla vita come piombo, silicio, nickel, ecc.) che generano un impatto ambientale che minaccia la vita. Pertanto i rifiuti della tecnologia nucleare (da centrali nucleari, da ospedali, da industrie e anche da usi domestici) vanno adeguatamente raccolti, condizionati e custoditi responsabilmente da tutta la comunità (che ne ha beneficiato dell’energia ricavata) in apposite strutture, realizzate col massimo grado di sicurezza disponibile nel mondo. La radioattività di tali strutture di stoccaggio può venire ridotta se in particolare il terribile Plutonio (d’origine militare e non) venisse bruciato anch’esso, come oggi è possibile, in reattori più avanzati già esistenti.

Infine, per preservare il pianeta dall’inquinamento globale ormai evidente, va applicata pur alle altre tecnologie non nucleari di cui ci serviamo quotidianamente la stessa metodologia di sicurezza integrale.

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