Nostro fratello Giuda

Giorni di un’intensa spiritualità, quelli che stiamo vivendo. Il cosiddetto triduo pasquale è infatti al cuore di quanti si riconoscono nel messaggio cristiano. Nel porgere ai nostri lettori gli auguri per una Pasqua che veramente ci aiuti a ricominciare, ripartire, rinascere, “risorgere”, condividiamo due scritti molto densi di significato: uno di don Primo Mazzolari, l’altro di Chiara Lubich

C’è un nome che torna nelle preghiera della messa, il nome di Giuda, il traditore.
Chi tradisce il Signore, tradisce la propria anima, tradisce i fratelli, tradisce la propria coscienza, tradisce il proprio dovere, e diventa un infelice.
Il Signore è presente nel riflesso del dolore di questo tradimento, che deve aver dato al cuore del Signore una sofferenza sconfinata.
Povero Giuda! E’ uno dei personaggi più misteriosi che troviamo nella passione del Signore. Mi accontento di domandare pietà per il nostro fratello Giuda.
Non vergognatevi di assumere questa fratellanza! Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore: nessuno si deve vergognare di lui.
E chiamandolo «fratello» siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: «Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’Uomo?».
«Amico»: questa parola dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, fa capire perché lo abbiamo chiamato «fratello». Nel Cenacolo aveva detto:«Non vi chiamerò servi, ma amici».
Gli apostoli sono diventati amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre amici.
Noi possiamo tradire l’amicizia di Cristo; Cristo non tradisce mai noi, suoi amici. Anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di lui, anche quando lo rinneghiamo. Davanti ai suoi occhi, davanti al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore.
Giuda è un amico del Signore, anche nel momento in cui baciandolo, consuma il tradimento del Maestro.
Come è finito nel tradimento? Conosciamo il mistero del male? Nessuno di noi ha scoperto dentro di sé il male. L’abbiamo visto crescere il male; non sappiamo perché ci siamo abbandonati al male, perché siamo diventati bestemmiatori, dei negatori. Non sappiamo perché abbiamo voltato le spalle a Cristo e alla Chiesa. A un certo momento è venuto fuori il male. Da dove è venuto fuori? Chi ce l’ha insegnato? Chi ci ha tolto la capacità di credere nel bene, di amare il bene, di accettare il dovere, di affrontare la vita come una missione?
Vedete Giuda, fratello nostro, fratello in questa comune miseria e in questa sorpresa. Qualcuno deve aver aiutato Giuda a diventare traditore.
C’è una parola nel Vangelo, che non spiega il mistero del male in Giuda, ma che ce lo mette davanti in modo impressionante: «Satana lo ha occupato», ha preso possesso di lui. Qualcuno deve avervelo introdotto. Quanta gente ha il mestiere di Satana: distruggere l’opera di Dio, desolare le coscienze spargere il dubbio, insinuare l’incredulità, togliere la fiducia in Dio, cancellare Dio dal cuore di tante creature. Questa è l’opera del male: è l’opera di Satana. Ha agito in Giuda, può agire anche in noi.
Per questo Gesù ha detto nell’Orto: State svegli e pregate, per non entrare in tentazione.
E la tentazione è cominciata con il denaro. Le mani che contano il denaro: Quanto mi date, se ve lo consegnerò? Gli contano trenta denari. ….
Ecco il baratto. Trenta denari, il piccolo guadagno… sentite catalogare Giuda come un pessimo affarista. C’è qualcuno che crede di aver fatto un affare vendendo Cristo, rinnegando Cristo, mettendosi dalla parte dei nemici. Il guadagno: trenta denari! Non abbiamo la forza di tenerli nelle mani. Se ne vanno, perché dove la coscienza non è tranquilla, anche il denaro diventa un tormento. Un gesto denota una grandezza umana: glieli butta là. Quella gente capisce? Li raccoglie e dice: «Poiché hanno del sangue, li metteremo in disparte. Compreremo un po’ di terra e ne faremo un cimitero per i forestieri che muoiono durante la pasqua e le altre feste grandi del nostro popolo».
Così la scena cambia. Domani sera (venerdì santo), quando si scoprirà la croce si vedranno due patiboli: la croce di Cristo, un albero dove il traditore si è impiccato. Povero Giuda, povero fratello nostro! Il più grande dei peccati non è quello di vendere Cristo, è quello di disperare.
Anche Pietro aveva negato il Maestro, e poi lo ha guardato e si è messo a piangere. E il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il vicario! Tutti gli apostoli hanno abbandonato il Signore, e sono tornati. E il Cristo ha perdonato loro. E li ha ripresi con la stessa fiducia. Ci sarebbe stato un posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del Calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo, a una svolta della strada della «via crucis». La salvezza sarebbe arrivata anche per lui.
Povero Giuda! Una croce e l’albero di un impiccato, dei chiodi e una corda.
Direte: «Muore l’uno, muore l’altro». Ma qual è la morte che noi eleggiamo: sulla morte come il Cristo, nella speranza del Cristo; o impiccati, disperati, senza niente davanti?
Ma io voglio bene anche a Giuda: è mio fratello, Giuda. Pregherò per lui, perché io non giudico, io non condanno. Dovrei giudicare me, dovrei condannare me.
Non posso non pensare anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, questa parola «amico» che il Signore gli ha detto, mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore.
Forse l’ultimo momento ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene, e lo riceveva tra i suoi, di là.
Forse il primo apostolo è entrato insieme ai due ladroni: un corteo che certamente pare non faccia onore al figlio di Dio, come qualcuno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia.
(Nella lavanda dei piedi) lasciate che baciando quei piedi, io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. Lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarlo «amico». Perché la Pasqua è questa parola, detta a un povero Giuda come me, detta
a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il sacerdote all’ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per lui noi saremo sempre gli amici.
(Bozzolo -MN, Giovedì santo 1958)

Don Primo Mazzolari

Tratto da : Nostro fratello Giuda, Editrice La Locusta, Vicenza 1972


Il Triduo Pasquale

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Stiamo passando le ore più preziose dell’anno; preziose per la Chiesa che rivive con la liturgia la Passione, la morte e la risurrezione di Gesù. Preziose per noi tutti del Movimento che abbiamo una
spiritualità incentrata sull’unità e su Gesù abbandonato.
Oggi è il Giovedì santo, la nostra festa. Come oggi Gesù, tanti anni fa, ha dato ai suoi discepoli il comandamento nuovo, quel comandamento che è legge fondamentale e base di ogni altra norma per ciascuno di noi. Come oggi, Gesù ha pregato per l’unità: “Che tutti siano uno”. Come oggi, ha istituito l’Eucaristia che lo rende presente fra noi ed ha come effetto, appunto, la nostra unità con lui e fra noi. E come oggi, ha istituito il sacerdozio che rende possibile l’Eucaristia. Tutto, tutto questo in un sol giorno.
Che vogliamo di più? E’ la nostra festa e spesso questa festa l’abbiamo vissuta nel cuore con una commozione che non si prova in nessun altro giorno dell’anno.
E’ il momento oggi di dir grazie a Gesù, un grazie sentito che sgorghi dall’intimo di tutti i nostri cuori e che arrivi al cielo.
Che sarebbe la nostra vita senza il comandamento nuovo, senza l’Eucaristia, senza l’Ideale dell’unità?
Ma domani eccoci un altro giorno che non ha pari: Venerdì santo, Gesù abbandonato. Non c’è giorno migliore di domani alle tre per rifare solennemente la nostra consacrazione a lui, rinnovando il nostro proposito di spendere la vita che abbiamo, amandolo sempre, subito, con gioia.
Quando baceremo il Crocifisso, Gesù abbia dai nostri cuori, sparsi in tutto il mondo, questa promessa solenne. Sarà il miglior modo per celebrare il Venerdì santo con lui, ed egli ci aiuterà a farci
santi per la sua gloria, per la gioia di Maria e come dono reciproco.
Poi, dopo il Sabato santo, verrà la Domenica di Pasqua. Lui è risorto, lui è la risurrezione e la vita anche per noi. Diciamogli, forse per la prima volta, grazie della vita che avremo dopo e non terminerà.
Promettiamogli di pensarci spesso, di fare i nostri progetti migliori non solo per questa vita ma per quella più importante.
Diciamogli che vogliamo essere anche domani la sua gloria, la sua gioia, e desideriamo spendere questa perché abbia da molti, moltissimi, ancora gioia e gloria.
Allora Buona Pasqua a tutti e a ciascuno. Vi auguro che sia la più bella della vostra vita.
Tutto fiorisca come in questa splendida primavera.
Chiara Lubich

Lago di Costanza (Svizzera), 16 aprile 1981

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