Nostro compagno asino

Da settemila anni accompagna la storia e la cultura dei popoli. Un libro per riscoprirlo.
Asino

Ci vuole un pizzico di follia ogni tanto nella vita. Una folata di coraggio che, come vento frizzante di primavera, spazza via l’aria stantia dei ragionamenti ponderati e delle prudenze che ci bloccano. E sprona a buttarci in un’impresa apparentemente senza speranza. Ma l’unica che, in fondo al cuore, sappiamo degna. L’ha fatto Manuel, il ragazzino protagonista della storia narrata da John Fante nel libro Bravo, burro! (Einaudi). È una storia fantastica, per i più piccoli. Ma che i grandi non dovrebbero trascurare di leggere se non vogliono diventare morti ambulanti, che si ritengono saggi perché sanno che le montagne non si spostano. Crede nell’impossibile invece Manuel. E parte col suo coraggioso asinello alla disperata ricerca di Montaña Negra, il toro dalla forza sovrumana, il vanto di tutto il Messico, e soprattutto del suo proprietario, don Francisco. Lo fa anche per redimere il padre, per far vedere agli altri che non è un buono a nulla. Come in tutte le storie degne di tale nome, c’è il lieto fine. Manuel e il suo caparbio asino sono sul punto di soccombere nell’impari lotta contro l’invincibile toro. Ma non mollano e la loro tenacia trionfa. Il toro viene ricondotto alla fattoria. È una storia sulla fede che sfida l’impossibile, ma anche sull’amicizia tra un ragazzo e un asino.

 

Inutile dirlo, l’asino non gode di grande considerazione. Una persona poco intelligente la si etichetta come asino. Il cavallo è la macchina sportiva, l’asino l’utilitaria. Il cavallo è l’eroe, l’asino lo scudiero, l’eterno Sancho Panza. L’asino non ha ispirato poesie, né dipinti né monumenti, come il più nobile cavallo. «Meglio essere l’ultimo tra i cavalli che il primo tra gli asini», recita un detto napoletano. Ma ora è doveroso fare giustizia. L’asino, addomesticato settemila anni fa, ha accompagnato la storia e la cultura dei popoli del Mediterraneo, dell’Africa e di gran parte del mondo. Sobrio e frugale, ha servito l’uomo su pianure, sentieri di montagna, piste desertiche dimostrando una sorprendente agilità: ha lavorato la terra, portato sulla groppa carichi pesanti, tirato carri e trasportato persone, anche se non nobili. Non veloce come il cavallo, è però ben più robusto e resistente, forse anche più intelligente. E il suo mantenimento costa assai meno. Per questo fu chiamato il “cavallo dei poveri”. Trattato dall’uomo con minor cura e maggior durezza di altri animali domestici, lui s’è adattato. Forse per questo l’uomo ne ha approfittato, sfruttandolo seppur con una certa amorevolezza. Celebre per la sua testardaggine, in realtà l’asino è dolce e fedele, ma tira calci quando è trattato male o è forzato a fare cose che proprio non gli vanno giù. Lo si può biasimare?

 

La cultura della Bibbia è ricca di riferimenti agli asini che hanno accompagnato i viaggi dei suoi personaggi, spesso non così ricchi da viaggiare a cavallo. L’asino ha portato Gesù, nella pancia di sua mamma, sulle piste dissestate dalla Galilea a Betlemme; appena nato l’ha scaldato col tepore del suo corpo; l’ha portato sul dorso a Gerusalemme fra l’umile gente che lo acclamava. L’Antico Testamento ha una frase sorprendente che riguarda l’asino e che anticipa l’amore per il nemico proposto poi da Gesù: «Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a sé stesso: mettiti con lui ad aiutarlo».

L’asino ora da noi è soppiantato dai mezzi motorizzati. Solo nei Paesi in via di sviluppo continua a mantenere una certa importanza. Ma noi vogliamo rendergli il dovuto onore, gridando: «Bravo, burro!Bravo, asino!».

 

BOX

Onoterapia (onos = asino, in greco) è una particolare pet therapy che utilizza l’interazione paziente-asino per curare disagi di carattere relazionale e comportamentale. Si sta diffondendo anche in Italia, sebbene i suoi risultati non siano ancora provati scientificamente. Si basa su caratteristiche peculiari dell’asino – la taglia ridotta, la mansuetudine, la pazienza, la lentezza di movimento, l’andatura monotona – che facilitano la comunicazione col paziente.

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