Non uccidere in nome di Dio

Al Azhar e Vaticano: musulmani e cristiani insieme contro la violenza nel nome della religione
al hazar

Al-Azhar è un nome che evoca l’universo del mondo accademico musulmano. Una università fondata al Cairo nel 975. Più di un millennio, ininterrotto, di formazione di intellettuali nell’ambito dell’Islam. Per questo la maggior parte dei sunniti la considerano la scuola più prestigiosa.

 

È al suo interno che, alla fine di febbraio si è conclusa la riunione annuale del Comitato congiunto per il dialogo islamo-cristiano, costituito dal Comitato permanente di al-Azhar per il Dialogo tra le religioni monoteistiche ed il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Il documento finale – firmato da entrambi i copresidenti della riunione, lo sceicco Muhammad Abd al-Aziz Wasil, wakil di al-Azhar e presidente del Comitato per il dialogo di al-Azhar, e dal card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio – è molto significativo soprattutto perché fa riferimento diretto ad una delle obiezioni ormai luogo comune di chi è critico o scettico nei confronti dell’impegno al dialogo interreligioso: la violenza nel nome di Dio. La dichiarazione comune mira al rifiuto dei tentativi di manipolare le religioni per interessi o giochi politici

 

Il Cardinale Tauran ha ringraziato il grande Imam di al-Azhar, professor sceicco Muhammad Sayyed Tantawi, per aver condannato gli atti di violenza a Nag Hammadi, nei quali, durante lo scorso Natale ortodosso, sono rimasti uccisi sei cristiani e un poliziotto musulmano. La personalità islamica aveva in effetti espresso solidarietà alle famiglie delle vittime. Il cardinale francese ha sottolineato da parte sua l’apprezzamento al grande imam anche per aver riaffermato l’uguaglianza di diritti e di doveri per tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa. Lo sceicco Tantawi, poi, ha dichiarato di aver fatto soltanto ciò che riteneva essere il suo dovere di fronte a quegli eventi tragici.

 

I lavori della commissione sono stati indirizzati da due documenti presentati rispettivamente da monsignor Bernard Munono Muyembe e dal professore Abdallah Mabrouk al-Naggar. Si è preso in esame il fenomeno della violenza confessionale per poterlo comprendere a fondo e, soprattutto, proporre soluzioni. Particolarmente motivante è stata la richiesta di «assicurarsi che la predicazione dei responsabili religiosi nonché l’insegnamento scolastico e i libri di testo non contengano dichiarazioni o riferimenti a eventi storici che, direttamente o indirettamente, possano suscitare un atteggiamento violento fra i seguaci delle differenti religioni».

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