Non recidere le radici

Abbiamo parlato sempre dell’Europa unita nel segno dell’ottimismo. Si potrebbe quasi dire che il nostro europeismo si fonda su una fede istintiva nella bontà della causa. Se si crede a un ideale di unità che abbracci il mondo, non si può non apprezzare lo sforzo compiuto per costruire l’unità di un continente: il più maturo, penso, il più sperimentato, il più vecchio per definizione, ma, fino a ieri, il più frammentato. Il primo, comunque ad avere sentito forte l’esigenza di voltare pagina con la propria storia millenaria fatta di guerre e di sopraffazioni. Per la prima volta, invece, questa aggregazione di nazioni che veniva prendendo forma non consisteva in un’alleanza militare, non mirava a supremazie economiche – anche se veniva organizzata a partire dal comune interesse di costruire un unico mercato – ma tendeva a raggiungere nel tempo una unità politica. L’unità culturale era data per scontata, perché, al di là della babele delle lingue, con cui del resto in Europa si era abituati a convivere, essa aveva le stesse radici. Per secoli le grandi università europee, in qualsiasi nazione sorgessero, avevano avuto una valenza internazionale. Per non parlare di quella gigantesca opera di preservazione e diffusione della cultura attuata nel Medioevo nei conventi, così determinante che, se andassimo ancora oggi a sovrapporre una carta geografica che riporti la diffusione di queste istituzioni, con quella dei paesi aderenti o aspiranti all’Unione europea, le troveremmo quasi coincidenti. Ecco però, che proprio nel momento, così a lungo atteso, in cui ci si appresta ad approvare la bozza del preambolo della nuova Costituzione europea, viene elusa un’esigenza che ci sembra fondamentale. Quella di inserire nel documento un riferimento alle radici cristiane dell’Europa. Non è la prima volta che ne parliamo, ma dobbiamo purtroppo riconoscere che, dall’ottimismo iniziale con cui si è affrontato il problema, siamo passati alla costatazione di un sostanziale fallimento degli sforzi prodotti finora per ottenere questo semplice riconoscimento di una lampante verità storica. Non è stato certo marginale il recente intervento del papa, l’ennesimo in proposito: “Seguo nella preghiera il laborioso cammino del Trattato costituzionale dell’Unione europea, ora allo studio dei governi dei vari paesi. Confido che quanti vi stanno dedicando le loro energie siano sempre mossi dalla convinzione che “un buon ordinamento della società deve radicarsi in autentici valori etici e civili, il più possibile condivisi dai cittadini”. “Da parte sua, la Chiesa cattolica è convinta che il Vangelo di Cristo, che ha costituito elemento unificante dei popoli europei durante molti secoli, continui a rimanere ancor oggi una inesauribile fonte di spiritualità e di fraternità. Il prenderne atto torna a vantaggio di tutti e il riconoscere esplicitamente nel Trattato le radici cristiane dell’Europa diventa per il Continente la principale garanzia di futuro”. Un così forte e reiterato richiamo non poteva non trovare un’eco al recente Meeting di Cl a Rimini che ha offerto, come ogni anno, occasione a molti esponenti politici del nostro paese di uscire dal torpore delle ferie estive. In questa sede, la preoccupazione del nostro governo che sembrava finora prioritaria, di concludere a tutti i costi il dibattito sulla Convenzione entro il semestre italiano di presidenza europea, è stata da più parti contestata con forti motivazioni, fino a formulare la richiesta di rinviare la firma della Carta stessa, piuttosto che accettarne una versione definita addirittura “giacobina”. Così, alla stessa platea del Meeting si sono rivolti i grossi nomi della politica, dal presidente della Camera Casini, allo stesso presidente Berlusconi chiamato direttamente in causa, a Fassino leader dell’opposizione, all’intramontabile mediatore Andreotti, al ministro degli Esteri Frattini, rivelando più convergenze che distanze nel merito della questione. Ma si è dovuto pure costatare l’effettiva situazione di minoranza fra i paesi dell’Unione di quanti chiedono una revisione del preambolo. Forse, maggiori opportunità per proporre modifiche alla bozza della Costituzione europea, visto che anche Prodi le richiede, le avrà la Commissione europea, da cui ci si aspetta, entro settembre, un nuovo pacchetto di proposte. Non si tratta del resto unicamente delle omissioni riguardanti la religione (e non certamente quella cattolica soltanto), ma anche del giusto rilievo che ci si aspettava venisse dato alla sussidiarietà. Molti sono i nodi ancora da sciogliere. Per volere restare ottimisti, possiamo quanto meno riconoscere che il dibattito innescato servirà a fare crescere la coscienza che abbiamo dei valori intorno a cui si discute.

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