Non per cassa, ma per equità. La tesi di Boeri

Respinta dal governo la proposta "irrituale" del presidente dell’Inps di finanziare il reddito degli over 55 che restano senza lavoro con il taglio ai vitalizi e alle pensioni agiate. I motivi di un dibattito da approfondire
esuberi

In linea con la sua vocazione divulgativa, l’economista Tito Boeri non segue il protocollo istituzionale e ha messo sul sito web dell’Istituto della previdenza sociale, di cui è presidente, un documento ricco di numeri e spiegazioni per proporre, tra l’altro, la riduzione delle pensioni elevate in favore dell’introduzione di un reddito mensile di 500 euro per chi, superata la soglia dei 55 anni, si ritrova senza lavoro e altre fonti di sussistenza.

Il professore della Bocconi  ha sempre messo in evidenza l’aumento delle diseguaglianze nell’ Italia della “Grande Recessione”, descrizione con le maiuscole che compare anche nel testo dell’Inps intitolato “Non per cassa, ma per equità”, e ora ha l’occasione di fare una  proposta alternativa a quella disegnata con la legge di stabilità del governo Renzi che ha, provveduto immediatamente a rispedirla al mittente. Al di là dei giochi delle parti, di cosa si tratta?

Boeri parte dal dato di fatto che «le persone povere disoccupate con più di 55 anni sono più che triplicate nell’arco di sei anni», hanno difficoltà crescenti a ricollocarsi e in Italia manca un reddito minimo di ultima istanza. Uomini e donne “anziani” che una volta esaurita l’indennità di disoccupazione(Aspi,Naspi)  rimangono senza alcuna forma di sostegno al reddito e devono attendere molti anni prima di ricevere la pensione.

Al di là di ogni retorica sull’incentivazione al lavoro che non si è in grado di attivare neanche per i più giovani, i numeri parlano chiaro sulla «lunghissima durata della disoccupazione fra gli over 55 rispetto alle altre fasce di età» che si associa alla progressivo «allontanamento dell’età della pensione di vecchiaia». Una tenaglia micidiale che getta nella povertà esseri umani che non sono affatto vecchi ma nel pieno della loro maturità e che sperimentano la violenza di essere trattati come rifiuti ed esuberi. Lo Stato può disinteressarsi di questi padri e madri di famiglia con persone a carico, figli da accudire, mutui e rate da pagare, ecc.? Garantire un reddito di dignità non è una elemosina, ne può sostituire il necessario ed auspicabile ricollocamento, ma rappresenta il primo gradino per risalire e non precipitare verso il basso. L’obiettivo di Boeri è di salvare da tale girone infernale almeno metà di questa popolazione che vive in un Paese dove, secondo i calcoli del presidente dell’Inps, 4 miliardi e 800 milioni di euro arrivano ogni anno nelle tasche delle fasce alte di reddito sotto forma di “trattamento contro la povertà”. La normativa in vigore prevede, infatti, «una molteplicità di istituti per il contrasto della povertà della popolazione anziana, spesso incongruenti tra di loro» che «si sono accumulate negli anni sulla base delle diverse sensibilità politiche».  Questa serie di normative disorganiche non possono scomparire immediatamente ma si ipotizza un intervento a partire dai percettori benestanti.

La proposta consiste nel trattenere un contributo percentuale definito “equo” a coloro che hanno «redditi pensionistici elevati (superiori ai 5 mila euro lordi al mese) in virtù di trattamenti molto più vantaggiosi di quelli di cui godranno i pensionati del domani». Non si prevedono trattenute ma solo il blocco nominale dei trattamenti pensionistici medio-alti (tra i 3 mila500 e i 5mila euro al mese) che non sono «attuarialmente in linea con i contributi versati» fino all’allineamento con il sistema contributivo applicato attualmente a tutti i lavoratori.

Tito  Boeri punta il dito, senza timori sul nodo centrale delle « forti asimmetrie nei trattamenti previdenziali concessi a diverse categorie di pensionati» che «non sono fondate su diversi livelli contributivi ma riflettono asimmetrie spesso macroscopiche nei tassi di rendimento garantiti ai contributi versati da alcune coorti e categorie specifiche di lavoratori» tanto che « molti fondi speciali sono confluiti nell’Inps con bilanci già in rosso e avendo già eroso il loro patrimonio e hanno così finito per gravare pesantemente sul bilancio dell’Istituto» senza dimenticare di intervenire sui vitalizi ingiustificati dei parlamentari e sul  calcolo pensionistico fin troppo generoso usato per certe figure di  sindacalisti. 

Oltre al malcelato fastidio del governo per le proposte che arrivano dal presidente di un Istituto che avrebbe travalicato le sue competenze, anche dal centro destra arrivano giudizi negativi come quello dell’esperto Maurizio Castro, ex senatore del Pdl secondo il quale «In un momento in cui c’è un barlume di ripresa, parlare di equità, declinandola in interventi di riduzione dei trattamenti in corso, rischia di togliere fiducia a quel ceto produttivo che è la base della ripresa». Osservazioni in linea con il giudizio positivo dell’Ocse che ha stimato positivamente i dati della crescita italiana (più 0,8 per cento del Pil nel 2015 e 1,6 per cento nel 2016)  grazie alla approvazione della riforma del mercato del lavoro.

Le proposte di Boeri, a prescindere dalla loro valutazione tecnica, evidenziano la necessità di alimentare un dibattito sulla linea di politica economica prescelta piuttosto che sulla pretesa mancanza di risorse contro la povertà.

 

 

Sulla questione pensionistica si può consultare il primo piano pubblicato sulla rivista Città Nuova

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