Non era elemosina…

Una giacca a vento e un sacchetto di monetine: scambio alla pari davanti a una chiesa. A Lublino.
Illustrazione di Valerio Spinelli

In Polonia Riccardo, che ci viveva ormai da anni, si muoveva come un pesce nel suo elemento. Chi ignorava le sue origini liguri lo avrebbe detto nato lì, grazie alla perfetta conoscenza della lingua e all’immedesimazione nella cultura locale. Non che fosse stato semplice l’adattamento, ma il lavorio per farsi polacco con i polacchi era stato favorito dalla sua facilità nello stabilire rapporti che andavano al nocciolo di ciò che è genuinamente umano, nonché dall’eccellente retroterra umano (una famiglia d’origine numerosa e molto unita) sul quale s’era innestato – fruttificando – l’ideale di fraternità dei Focolari. Di qui la spinta in lui a considerare sua patria quella dove viveva nel presente, e membri di un’unica grande famiglia quanti prossimi gli capitava d’incontrare.

 

L’armonia tra il dire e il fare, il tratto semplice e al tempo stesso signorile, atto a mettere a proprio agio l’interlocutore, le attenzioni premurose che suscitavano, in chi le riceveva, il desiderio di ricambiare, tutto ciò faceva di Riccardo una di quelle persone che, incontrate anche una sola volta nella vita, lasciano negli altri un segno luminoso, una nostalgia di purezza. Dal contatto con lui, infatti, si usciva migliori, come scoprendo liberate in sé certe positività nascoste che aspettano solo l’occasione favorevole per venire a galla.

 

Questa premessa può servire a cogliere meglio il valore di un semplice episodio che vede protagonista proprio Riccardo. È accaduto a Lublino, nel bellissimo centro storico – un mix di stili dal gotico al barocco, all’età moderna – riportato da poco all’antico splendore, dove il tempo sembra essersi fermato.

Spirava un vento gelido, quella mattina, ma Riccardo, ben protetto da una pesante giacca a vento, non ci faceva caso più di tanto. Si accorse di quanto fosse molesto solo quando, accanto alla porta della chiesa dei francescani dov’era diretto, scorse un tale che chiedeva l’elemosina, tutto raggomitolato per difendersi dal freddo. Di lui notò subito il volto pallido sotto la barba lunga e gli abiti leggeri, assolutamente inadeguati al clima.

E a lui ripensò dopo la messa, mentre tornava a casa, dove lo attendeva il confortevole tepore della sua cameretta; gli venne da pensare, per contrasto, a ciò che doveva patire quel poveraccio costretto a mendicare per delle ore durante quella stagione inclemente.

 

Un’idea: aperto l’armadio, passò in rassegna il suo guardaroba. Aveva solo il necessario, ma con gioia costatò di possedere due giacche a vento. Dunque – concluse – una era di troppo.

L’indomani, uscendo per recarsi in chiesa, Riccardo la portò con sé. Ancora da lontano, andò cercando con lo sguardo quel povero: sì, era di nuovo lì, al solito posto. Gli si affrettò incontro e dopo il saluto aggiunse con delicatezza: «Mi sono accorto che lei non ha una giacca a vento, mentre io ne ho due. La prenda, ma non la consideri un’elemosina: è la mia comunione dei beni».

L’altro s’illuminò in volto e accolse il dono tra i ringraziamenti, sorpreso da quello sconosciuto che sembrava ricevere un favore, piuttosto che farlo. C’era di che riflettere su quel modo insolito di comportarsi.

 

Passò qualche giorno senza che Riccardo avesse modo di ripassare da quelle parti, ma la prima volta che vi fece ritorno, davanti alla chiesa dei francescani, rivide quel povero, che aveva tutta l’aria di aspettarlo. Cordiale fu lo scambio di saluti, come tra vecchi amici.

Ma ciò che davvero Riccardo non s’aspettava fu di vedere l’altro cavar fuori dalla sua bisaccia un sacchetto tintinnante. Conteneva delle monetine. Lo accompagnavano queste parole dette con dignità da uno sperimentato nelle durezze della vita: «Lo accetti. Questa è la mia comunione dei beni. Sicuramente lei saprà il modo migliore di farne uso».

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