Se non canto non vivo

In onda su Rai 1 a febbraio, dopo il Festival di Sanremo, il film tv che narra la storia della cantante Mia Martini. Dal numero di febbraio della rivista Città Nuova

Dopo il Principe libero, mini- erie tv dedicata al cantautore genovese Fabrizio De Andrè, prosegue, sul filo della memoria e della riscoperta di grandi artisti della musica leggera italiana, l’iniziativa di Rai 1 che propone Io sono Mia, la storia di Mia Martini. Una lunga sequenza segna l’inizio del film tv. Una donna sola cammina tra la gente, per le vie di Sanremo, entra nel teatro Ariston dove dopo 48 ore si esibirà nel 39° Festival della canzone italiana con Almeno tu nell’universo. Siamo nel febbraio del 1989. Vediamo la protagonista, Mia Martini, interpretata da Serena Rossi, sempre di spalle. Ascoltiamo i suoi dialoghi con le persone che incontra, vediamo le sue movenze, i capelli ricci, il cappotto scuro, ma non il suo volto che si svela dopo tre minuti. Una scena che introduce ad una delle possibili chiavi di lettura della storia. Mia Martini è una donna sola, come ogni vero artista, sola con il suo talento, senza compromessi, un talento nudo e crudo ora libero da tante catene del mondo dello spettacolo. È una donna piena di ferite, di contraddizioni mai risolte e un’artista dalla voce unica, basta riascoltare Piccolo uomo del 1972 o Minuetto del 1973, in assoluto il suo 45 giri più venduto.

La casa di produzione Eliseo Fiction di Luca Barbareschi, in collaborazione con Rai Fiction, non sceglie un racconto documentaristico, ma una linea narrativa che esprima l’essenza dei sentimenti, alla ricerca del diamante che splende in mezzo al cuore di Mia Martini. E ci riesce con il talento strepitoso di Serena Rossi che interpreta dal vivo i suoi brani e riesce ad esprimere la sua unicità. «Ho fatto di tutto –  commenta l’attrice – per conoscere l’anima di questa donna. Ho provato a raccontare lei e mi ha lasciato un grande esempio di dignità e integrità».

Coprendo un arco temporale di 20 anni, la narrazione procede alternando l’approssimarsi della sua esibizione a Sanremo ’89 con continui flash back che ricostruiscono la sua vicenda umana tra realtà e finzione. Domenica Bertè, per gli amici Mimì, in arte Mia Martini, perché il manager Alberigo Crocetta le sceglie un cognome italiano, riconoscibile, popolare come un noto marchio di bevande alcoliche. Il nome doveva avere la stessa iniziale e Mimì sceglie il nome della sua attrice preferita: Mia Farrow.

Originaria di Bagnara Calabra, dove nasce nel 1947, a 20 anni si trasferisce a Roma con la mamma e la sorella Loredana per un unico grande desiderio e sogno: fare la cantante perché «se non canto, non vivo».

Il film tv, per la regia di Riccardo Donna, ripercorre gli esordi da cantante jazz, gli amori, i grandi successi tanto da essere proclamata negli anni ’70 migliore cantante europea. Fino al grande buio e all’idea chiave della pellicola che sa dell’incredibile tanto appare ancestrale e superstiziosa: girano maldicenze incontrollabili che Mia Martini «porti iella». Mixer che bruciano, luci che saltano nei teatri sono attribuibili solo a lei. Non lavora per anni, si opera per dei noduli alle corde vocali e non sa se potrà mai tornare a cantare, il suo unico vero amore, nel film il fotografo Andrea, la lascia per sempre. «Come sopportare le calunnie? Con distrazione, incoscienza, come quando si è innamorati». Mia Martini rifiuta contratti importanti, si riduce sul lastrico, canta in piccole piazze di periferia, ma ritrova la sua dignità nelle piccole cose della vita quotidiana, torna sulle scene, vincerà due volte il Premio della critica al Festival di Sanremo che oggi porta il suo nome. Ci regala la sua straordinaria interpretazione di Sanremo ’89 con una voce diversa, più rauca, meno soave, ma con una passione coinvolgente. È la vincitrice morale di un festival che non vincerà mai, ma per lei le classifiche non contano. Per un attimo ci fa respirare la vita allo stato puro. Una grande emozione restituita dal film. Una grande artista che ha segnato un’epoca e che le nuove generazioni devono conoscere nonostante il suo tragico epilogo con la sua morte nel 1995 che resta fuori dalla narrazione. Ha inseguito la felicità, ha pagato di persona e a duro prezzo le proprie scelte per inseguire un sogno: essere libera di cantare. I limiti sono nel mezzo per un’operazione molto complessa: concentrare in meno di due ore di film tv, 20 anni di vita, con una ricostruzione di personaggi, epoca, caratteri che non può non essere parziale.

«Da notare – chiosa Saverio D’Ercole, produttore creativo del film tv – che le riprese che dovevano partire a gennaio scorso, sono cominciate il 14 maggio, la stessa data in cui è stato ritrovato il corpo di Mia Martini nel 1995».

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