Noi ci siamo!

Di colpo, l’esultanza, lo stupore, la commozione visibili negli occhi dei diecimila presenti lasciano il posto alla curiosità. Sul palco è salito Helmut Nicklas, dal pacato magnetismo. Siamo nella parte finale del programma e il pubblico intuisce che si sta per arrivare al momento culminante. Invita a salire sul palco gli otto leader che hanno ideato l’appuntamento. Un applauso caloroso e riconoscente li fascia. Poi si aggiungono i responsabili degli oltre 150 movimenti e comunità ecclesiali delle diverse chiese cristiane che hanno aderito e collaborato. Il palazzetto esprime entusiasmo. Anche gli osservatori più refrattari al coinvolgimento vedono sul palco un segno della storia. E si spalancano prospettive civili e sociali non meno che ecclesiali. Diffidenze e pregiudizi hanno lasciato il posto alla stima e alla collaborazione. Il futuro, nonostante le notizie dal Medioriente, appare meno incerto. E il messaggio conclusivo che parte da Stoccarda è un inno alla speranza di un’Europa unita capace di collaborare alla costruzione di un mondo unito. Con la nostra presenza vogliamo esprimere il profondo legame con i movimenti, le associazioni e le nuove comunità, sorti durante gli ultimi decenni e che, in comunione tra loro, hanno realizzato questa giornata . Chi sembra porre un sigillo di piena ecclesialità a quanto vissuto è il giovane cardinale croato Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria e vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee). Nicklas aveva chiamato sul palco lui e tutti i vescovi delle varie chiese. Un gesto denso di significato: i movimenti non procedono senza la gerarchia, meno che meno contro i pastori. Ed eccoli lì i quattro presuli, in rappresentanza delle quattro tradizioni cristiane, a riconfermare il nostro saldo proposito – come afferma il metropolita ortodosso Serafim Joanta – di camminare senza sosta verso la piena e visibile comunione tra le chiese . Impegni precisi anche nelle parole dell’anglicano Robin Smith e del luterano Christian Krause. Il coinvolgimento delle gerarchie non è concluso. Il passo evangelico della preghiera di Gesù per l’unità viene letto da dodici rappresentanti di varie chiese. Ciascuno una frase. Il silenzio del pubblico è interrotto dalla voce di Nicklas: Non vediamo in questa preghiera la sfida a continuare questa comunione? Non ci spinge a fare un patto d’amore tra noi?. E così ha chiesto ai responsabili e al pubblico di prendersi per mano quale gesto d’assenso personale. Europa – ha proseguito -, puoi essere soddisfatta: noi ci siamo! . Poi invita sul palco la regina Fabiola per recitare il Padre Nostro. La minuta signora prende il microfono, si raccoglie, e poi se ne esce con un: In che lingua?. La sala sorride e applaude. Viene suggerito il francese. Il pubblico la segue e lei avverte quell’intensa coralità. È un sigillo sulla giornata. Le note di una canzone molto gioiosa riempiono il palazzetto, alimentano l’entusiasmo dei tanti giovani e accarezzano i pensieri degli adulti. La consapevolezza di aver vissuto un giorno memorabile si mescola ai nuovi compiti personali e all’accresciuto senso di responsabilità che l’incontro ha suscitato. Come non pensare a quanti influssi positivi potrebbe offrire all’Europa una cristianità unita. Come non considerare il possibile ruolo di un continente solidale davanti alle tragedie che insanguinano e mutilano il pianeta. Che contributo per l’umanità deriverebbe da un Vecchio continente che, senza rivendicare alcuna superiorità, ponesse al servizio dell’umanità il proprio patrimonio. La politica sembra invece lasciare poco spazio a queste prospettive. Ma l’Europa è anche in mano ai giovani. E loro conquistano il palco nella coreografia finale. La bandiere dei paesi europei sono i loro abiti che poi danno vita ad un unico vessillo. Terra di speranza, è l’indicazione della canzone. Se tra noi c’è amore e unità – ricorda il ritornello – la sua luce ci guiderà. Avanti, allora.

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