Il cinema “necessario”

È possibile avere speranza? È la domanda che ci facciamo dopo aver visto due splendide opere, assai diverse, ma accomunate dal raccontare con semplice verità il presente e il passato. Ci danno occhi diversi sulla storia.
No other land è una storia che si sta svolgendo in Cisgiordania, terra occupata dagli israeliani e con violenza. Il palestinese Basel Adra fin da bambino ha assistito alla progressiva cancellazione della comunità rurale di Masafer Yatta da parte delle armate israeliane, distruggendo case, la scuola, anche uccidendo persone come Hamrum per una protesta, arrestando e impedendo a Basel di riprendere le scene. Lui, insieme all’amico israeliano giornalista Yuval Abraham – entrambi sono i registi e sceneggiatori del film che sta girando il mondo – , racconta quanto sta accadendo. Nella polveriera che è quella terra gli innocenti soffrono, chi protesta viene arrestato, la gente perde le case, le cose. I bambini continuano a giocare, ridenti e innocenti e la comunità continua ad essere ospitale, generosa pur nella sofferenza costante. Ci sono valori che rimangono.
I due amici si chiedono quale sarà il loro futuro, sono giovani: sposarsi, poter rivedersi? Una piccolissima luce di speranza potrebbe affacciarsi, ma è davvero piccola. Loro intanto sono insieme a gridare al mondo la volontà di rimanere nella loro terra, di dialogare fra israeliani e palestinesi, anche se Yuval è stato contestato in patria. Certo, le scene di violenza impressionano: Basel si chiede come mai gli israeliani, che hanno tanto sofferto in passato, ora si comportino in questo modo. E non sa darsi una risposta, se non quella di dirla all’amico e comunicare la loro comune tragedia ancora in atto.

In L’abbaglio Roberto Andò racconta lo sbarco dei Mille in Sicilia fino alla conquista di Palermo. Un film corale, dispendioso per la presenza di comparse, fotografato splendidamente e ben interpretato, con un tono epico, melodrammatico – complici le musiche verdiane e pucciniane – che conosce pure spunti tra il comico e il grottesco. Ma è un film sulla scomparsa degli ideali e sulla presenza della disillusione che verrà esplicitata nel finale sorprendente. L’unità italiana è stata una impresa ideale di giovani e ragazzi finita in un grande abbaglio, come altri della nostra storia?
Andò intreccia la storia vera del colonnello palermitano Orsini (Toni Servillo) con quella di due personaggi picareschi, due pavidi e affamati imbroglioni che parlano sempre in dialetto (Ficarra e Picone) e che rappresentano di fronte all’idealismo di Orsini la parte disincanta della gente. E se è vero che l’azione dell’Orsini riuscì ad aprire la strada a Garibaldi per conquistare Palermo, è anche vero che poi, chiusa la stagione degli ideali, il vecchio soldato ritroverà i due pseudo-eroi a gestire una bisca raffinata nella Palermo del secondo Ottocento: nulla è cambiato, l’ideale è sceso al compromesso. Per tutti? C’è da sperare che il tenentino veneto Ragusin (Leonardo Maltese) non abbia dimenticato la frase di Orsini: “Tieniti ben stretta la libertà”. Vale anche per oggi.
Il film alterna scene di battaglia a squarci comici – l’avventura dei due in un convento di monache con momenti da opera buffa -, a episodi eroici (la morte di un ragazzo) e a viltà, paesi incendiati come Corleone e altri salvati. Per fortuna Andò evita di descrivere la presa di Palermo e scivola dal 1860 al ventennio successivo per chiederci: è stato tutto un grande abbaglio?, mentre vola il coro ”Va, pensiero” a ripeterci la domanda.
A proposito di Leopardi – Il poeta dell’infinito
La miniserie andata in onda con successo su Rai uno il 7 e 8 gennaio certo non compete con il film di Martone, di notevole spessore sotto diversi aspetti, interpretato da Elio Germano. È altra cosa. La miniserie diretta con indubbio amore e capacità da Sergio Rubini punta su un Leopardi giovane – senza gobba – esile e malaticcio, ma rivoluzionario, incompreso, tenace nelle idee, coltissimo e ribelle. Il rapporto difficile con il padre – una figura tragica ben resa da Alessio Boni -, quello amicale con Pietro Giordani (Fausto Russo Alesi) che lo apre alle nuove idee, l’amicizia dai toni forse ambigui con Antonio Ranieri (Cristiano Caccamo) e soprattutto l’amore non corrisposto con Fanny Targioni Tozzetti (Giusy Buscemi) – su cui però si indugia troppo con toni iperomantici – sono i tocchi salienti di questo lavoro girato anche a Recanati con costumi fastosi e ambienti perfetti, anche quelli napoletani.
Un discorsa parte merita l’interpretazione sofferta di un raffinato e tenace Leonardo Maltese che non gigioneggia, non esaspera, ma delinea un ritratto che attualizza il poeta assetato di infinito, nonostante le delusioni della vita ed il suo essere oltre la sua epoca. Notevole.
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