No alla violenza su coniuge e figli

Tanti i drammi degli ultimi giorni: non esiste violenza che vada accettata. Occorre opporsi e, se necessario, denunciarla per vivere in modo dignitoso. In Itali ci sono numerosi centri antiviolenza a cui rivolgersi.

Quando hanno esiti drammatici, le violenze in famiglia fanno notizia, come nel caso, del recente e terribile duplice femminicidio avvenuto a Vicenza, dove il killer, il bosniaco Zlatan Vasiljevic, ha ucciso prima l’ex compagna, Gabriela Serrano e, col suo corpo nella macchina, si è diretto verso l’ex moglie, Lidia Miljkovic, e ha ucciso anche lei, per poi suicidarsi.

Ci sono casi però in cui le tragedie familiari non fanno notizia, ma è una vita ugualmente sofferta. Perché la violenza non è solo quella cruenta, fatta di sangue, omicidi o femminicidi. Esiste, invero, una violenza più subdola, che s’insinua nelle mura domestiche, fino a creare alienazione e annullamento della personalità. E non c’è differenza tra i contesti più degradati, a rischio devianza e povertà, e le famiglie benestanti.

Nella maggior parte dei casi la vittima è la donna, che spesso subisce in silenzio. Oppure denuncia, ma capita pure che non venga creduta.

Eppure, ad un tratto, arriva il momento fatidico del non-ritorno. Un momento in cui non si tollera più neanche una singola battuta infelice, in cui si dice stop alle continue umiliazioni, percosse, minacce, e si trova il coraggio di denunciare, di rivolgersi alle forze dell’ordine e ad uno specialista. Sono percorsi non facili, ma necessari, che vengono presi in carico dai vari centri d’ascolto e d’aiuto in varie città d’Italia.

Come a Palermo, dove abbiamo, fra i vari, il Centro Antiviolenza Lia Pipitone, sito in via Ammiraglio Persano 46/52, telefono 091.8437236, cellulare (attivo, con contatto WhatsApp e Segreteria Telefonica, per le emergenze h24) 375.5290469. Si può anche mandare un’e-mail (info@millecolorionlus.org) o contattarli tramite Facebook. Il Centro Antiviolenza Lia Pipitone è un “luogo protetto” in cui vengono accolte donne italiane e straniere, con o senza figli, che chiedono aiuto perché subiscono o hanno subito una qualsiasi forma di violenza di genere (fisica, psicologica, sessuale, economica, morale, stalking da parte del partner, ex partner, da membri della famiglia o estranei).

Il Centro tutela le “vittime” che vivono in condizioni di privazione dei loro diritti e le aiuta nel loro percorso di uscita dalla violenza, attraverso: percorsi personalizzati e di sostegno psicologico; incontri periodici di aggiornamento; percorsi di sostegno sociale volti a sostenere le donne verso la loro autonomia concreta ed emotiva; consulenze legali (civile, penale e minorile), per fornire alle donne strumenti utili alla propria tutela e al sostegno dei figli, alle possibili via di uscita dalla relazione violenta, per dare indicazioni su separazione o divorzio o accompagnarla alle Forze dell’Ordine per presentare una denuncia penale.

Le avvocate del Centro Antiviolenza Lia Pipitone sono iscritte al gratuito patrocinio. Importante, al centro, sono anche l’orientamento e l’accompagnamento lavorativo al fine d’aiutare le donne nella ricerca di un impiego (redazione curriculum, bilancio delle competenze), attività di inserimento lavorativo (training di comunicazione assertiva, colloqui motivazionali, borse lavoro). Come anche gruppi di sostegno, reti informali di aiuto fra donne che si incontrano con cadenza quindicinale.

Il Centro, dà, insomma, la concretezza dell’aiuto a quelle persone che, sole e impaurite, non riescono a prendere più in mano la propria vita, dando la speranza della rinascita.

Eppure, la vera vittoria si ha quando a salvarsi, malgrado la rottura, è l’intera famiglia allargata. Perché a soffrire si è in tanti, quando una coppia non funziona: figli, coniugi, ex coniugi, parenti, amici, conoscenti. E a Palermo, come in altre città d’Italia, di problemi ce ne sono tanti: la malasanità, la disoccupazione, la mancanza di validi punti di riferimento amicale. Molti uomini finiscono, più delle donne, per sentirsi fragili, nervosi, arrabbiati, frustrati, delusi, amareggiati, distrutti, alienati. Inutili, per sé e gli altri.

Ciò non deve giustificare una loro eventuale violenza sul coniuge o i figli o chicchessia. Eppure, ogni famiglia che si rompe, ogni uomo o donna che ciondola per le strade spesso da solo/a, dovrebbe mordere le nostre coscienze. Potrebbe capitare a chiunque. Dovremmo, se conosciamo soprattutto le storie, fermarci, dare aiuto, amicizia.

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