Niente da nascondere

Girato in Francia, è stato premiato per la migliore regia a Cannes. Come gli altri film dello stesso autore, anche questo mette il dito su una piaga della borghesia contemporanea: ci si può ridurre a convivere con l’infelicità e la falsità, ma l’oblio è una colpa che si paga cara. Il marito della Binoche è Daniel Auteuil, ed è tormentato da segnali allarmanti, collegati ad un anziano algerino, che ha ricevuto da lui un grave torto da bambino. L’ingiustizia subita ha finito per provocare uno sconforto cronico che, comunicato al figlio, genera in lui il desiderio vendicativo di rinfacciare la verità al colpevole. La concatenazione dei fatti è distesa nel tempo, oltre 50 anni, così che non è riconducibile a quell’unica causa e rimanda a qualcosa di più profondo. Evidentemente sta agendo, soprattutto, un senso di colpa, annidatosi nell’inconscio collettivo della società francese a causa del conflitto con gli algerini e in quello della società europea a causa dei rapporti avuti con il mondo africano e il medio oriente. È quanto suggeriscono la scena del giovane africano, che per poco non investe il protagonista, quella dell’angosciante telegiornale sull’Irak e su Israele, e quella della scarna notizia della morte di centinaia di algerini nella Senna durante una manifestazione del 1961. Così, se la colpa del fanciullo di sei anni, dovuta alla gelosia, è ridimensionabile a motivo dell’età, lo è molto meno quella dei genitori, che, uniformandosi a una mentalità più generale, si disfanno del bambino algerino, senza seguirlo più in alcun modo e, anzi, dimenticandolo completamente. Il regista si astiene dal giudicare e presenta i fatti obiettivamente, con prolungate riprese fisse e senza sottofondi musicali. Crea così una sorta di thriller esistenziale, che avvince dall’inizio alla fine, pur non indicando una conclusione precisa alla vicenda. La lunga scena davanti alla scuola, dove tanti giovani parlano fra loro, fa pensare alle nuove generazioni, che ereditano, con il resto, anche le contraddizioni di quelle che le hanno precedute. In questo modo, Haneke finisce per pungolare efficacemente la sensibilità dello spettatore, meglio che con i modi usuali. Regia di Michael Haneke; con Daniel Auteuil e Juliette Binoche, Annie Girardot. Raffaele Demaria

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