N’Golo Kante: calciatore onesto

All'asso della nazionale francese e della Premier League propongono di creare una società offshore per risparmiare sulle tasse. Rifiuta
N’Golo Kante (AP Photo/Peter Dejong)

La normalità di uno stipendio versato condividendo il sacrificio motivato delle tasse, nel proprio territorio di lavoro e senza velleità di avventure finanziarie poco chiare, sarebbe parte di una vicenda ordinaria, se non parlassimo di un calciatore del parco dorato delle big della Premier League, dove a contendersi lo scettro di regina della prima serie del calcio inglese sono diverse società guidate da paperoni noti come magnati o sceicchi.

Il nostro nome è quello di N’Golo Kante: minuto mediano vecchio stampo che balza alle cronache a partire dalla fine del 2015, quando il suo piccolo Leicester, squadra della Premier League con l’obiettivo di evitare la retrocessione, guidata in panchina dal nostro mister Claudio Ranieri, inizia a sconvolgere pronostici e aspettative delle multinazionali finanziarie del calcio britannico con una parabola di vittorie che sembra estrapolata più da una pellicola favolistica cinematografica che da un almanacco realistico.

«Sarà come il Chievo» si diceva, adottando un esempio comunque lusinghiero in memoria di quella stagione 2001-2002, la prima in Serie A, in cui la piccola veronese del presidente Campedelli guardò dall’alto le grandi del calcio italiano per un intero girone d’andata, prima di cedere il passo fisiologicamente a società più attrezzate, chiudendo con un epico quinto posto. Invece, i ragazzi di Ranieri trionfarono scrivendo una delle più belle pagine della storia del calcio internazionale, grazie soprattutto al contributo del timido e taciturno Kante in mezzo al campo, in grado di correre e sgobbare per tutti, nel silenzio di una fatica preziosissima da ruba-palloni di mediana.

Cresciuto in Rueil Malmaison, uno dei più poveri sobborghi di Parigi da una famiglia di origini maliane che conta altri sette fratelli, dopo la vittoria da protagonista con il Leicester dei miracoli Kante entra ovviamente nel giro della nazionale francese, con cui si laurea campione del mondo da titolare inamovibile negli ultimi mondiali 2018: una parabola meravigliosa, se si pensa che da bambino doveva raccogliere rifiuti per strada per rivenderli a delle piccole aziende in cambio di qualche spicciolo, in modo da contribuire al sostentamento del proprio nucleo familiare. Lo faceva in particolare in quel 12 luglio del ’98, sera della vittoria del Mondiale da parte della Nazionale francese, in festa sugli Champs Elysées, per poter portare a casa più rifiuti possibili: venti anni dopo, quella coppa l’avrebbe sollevata lui, faticando per riservatezza persino a chiedere una foto ufficiale.

Così, quando il suo nome salta fuori intanto nello scandalo Football Leaks, un sussulto collettivo risulta inevitabile tra gli appassionati di calcio: Kante risulta avere creato una società offshore, usanza tristemente comune tra i più ricchi giocatori come lui, diventato intanto uno dei più pagati atleti della storia del calcio. Molti calciatori hanno usato questo metodo per sfruttare scappatoie fiscali, eludendo le tasse e, come riportato da alcuni media britannici tra i quali Media Part, il Chelsea aveva insistito affinché anche lui costituisse una offshore. Ma dopo avere inizialmente aderito alla richiesta, Kante, intanto laureatosi in accounting (una sorta di ragioneria informatica), torna subito sui suoi passi: «vorrei solo un normale stipendio».

Oggi si scopre che la compagnia offshore avrebbe potuto evitargli di versare un’enorme cifra: Kante dovrà ora pagare più tasse dei giganti globali Amazon e Starbucks messi insieme, secondo i colleghi di The Mirror, che riferisce come il centrocampista francese dovrà versare 6,7 milioni di sterline in tasse dopo aver firmato il suo nuovo accordo. Amazon e Starbucks, due delle più grandi aziende del mondo, hanno pagato lo scorso tasse per 6,2 milioni di sterline… Kante verserà 564.000 sterline al mese, oltre a £ 305.000 in assicurazioni nazionali all’anno, ma a lui queste cifre non interessano: lui guida ancora una Mini Cooper e, soprattutto, continua a conservare quei sogni e quella dedizione di quel bambino diventato campione, che non ha dimenticato la normalità in un mondo che di normale, talvolta, conserva troppo poco.

Una normalità #OltreLaBarriera della megalomania e delle sensazioni di onnipotenza, che fa bene, ma proprio bene, a ogni bimbo che tira ancora il suo pallone sognando la Coppa del mondo.

 

 

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