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Netanyahu chiede la grazia al presidente Herzog

di Bruno Cantamessa

- Fonte: Città Nuova

Bruno Cantamessa Autore Citta Nuova

Il 30 novembre scorso, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto formalmente la grazia al presidente della Repubblica, Isaac Herzog, in relazione ai procedimenti giudiziari a suo carico.

Manifestanti anti-Netanyahu vestiti come il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Isaac Herzog con cartelli con la scritta “Per favore” (in alto), “in prigione” (destra) e “manometro della prigione” (in basso) protestano dopo la richiesta di grazia di Netanyahu presso il tribunale di Tel Aviv, Israele, 1° dicembre 2025. Foto: EPA/ABIR SULTAN via Ansa

Netanyahu è sotto processo, in tre distinti casi, dal 2020, con accuse di corruzione, frode e abuso di fiducia. In breve di quali accuse si tratta? Nel primo caso di aver accettato regali per sé o per la moglie per un valore di circa 250 mila euro, elargiti da un produttore di Hollywood e da un imprenditore australiano con la promessa di prolungare la durata di alcune esenzioni fiscali e di favorire alcuni affari. Nel secondo caso l’accusa è di aver trattato con l’editore del tabloid Yediot Aharonot, Arnon Mozes, quali favori avrebbe ottenuto dal giornale se avesse messo in difficoltà il concorrente Israel Hayom. Nel terzo caso l’accusa è di un accordo per favorire gli affari di Shaul Elovitch, maggior azionista di Bezeq (principale azienda israeliana di telecomunicazioni), in cambio di una copertura favorevole sul sito di news, Walla.

Com’è noto, ingombrante sponsor di questa richiesta di grazia è stato, poco tempo fa, Donald Trump, che pur non avendo titolo legale per sostenerla, ha rinnovato il suo sostegno: «Ora che abbiamo ottenuto successi senza precedenti e che stiamo tenendo Hamas sotto controllo, poniamo fine a questa guerra legale una volta per tutte».

Taggare dei procedimenti giudiziari definendoli “guerra legale”, non stupisce più di tanto se detto da Trump. Ma non elimina, anzi accresce un sentore di dileggio nei confronti della magistratura e della legge. 

C’è poi un altro non piccolo particolare che non torna: la grazia può essere concessa solo a chi si dichiara colpevole o è giudicato tale. E Netanyahu continua a sostenere che i processi contro di lui sono illegittimi. Micha Fettam, in passato avvocato di Netanyahu, ha spiegato a Canale12: «La grazia viene data ad un criminale,è questo quello che stabilisce la legge». Pertanto il presidente Herzog non può legalmente concedere la grazia a Netanyahu se lui non ammette di essere colpevole delle accuse di corruzione. Ma il premier, a quanto pare, si considera oltre la legge: nella lettera inviata a Herzog per chiedere la grazia il premier sosterrebbe che vuole concentrare tutta la sua attenzione sulla guida di Israele. E non ha, per così dire, tempo da perdere per andare in tribunale anche 3 volte la settimana. 

Netanyahu ha scritto al presidente della Repubblica di voler «continuare a operare interamente per il bene dello Stato di Israele, senza che il processo giudiziario in corso continui a dividere il popolo e ad influenzare decisioni governative». 

Le reazioni all’iniziativa di Netanyahu sono prevedibilmente variegate o, per meglio dire, polarizzate. Emblematico, nell’ambito della maggioranza di governo, un tweet del ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, leader di un partito sionista religioso di estrema destra, che invoca la fine della «persecuzione da parte di un sistema giudiziario corrotto che ha inventato casi politicizzati». Ritorna quindi il concetto di “sistema giudiziario corrotto”, un refrain già sentito che in buona sostanza mira al controllo politico della magistratura, tema al quale notoriamente anche Netanyahu è molto sensibile, tanto che ha tentato, già prima del 7 ottobre 2023, di controllare “legalmente” la Corte Suprema andando però a sbattere, e per anni, contro le proteste di migliaia di israeliani. Proteste e manifestazioni che in questi giorni si sono riaccese davanti all’abitazione del presidente Herzog per esprimere contrarietà alla concessione della grazia. 

Un’altra reazione all’anomala richiesta di grazia – o forse sarebbe meglio chiamarla cancellazione giudiziaria – è quella dell’opposizione parlamentare. Un commento fra altri è quello dell’ex primo ministro Naftali Bennett, che fra parentesi è un ex alleato di Netanyahu e leader di una formazione di destra: «Sosterrò la grazia se Netanyahu si ritira dalla politica». Ed ha aggiunto come spiegazione: «Negli ultimi anni, lo stato di Israele è stato trascinato nel caos e sull’orlo di una guerra civileche minaccia l’esistenza stessa dello Stato».

Benny Gantz, del partito centrista “Blu e Bianco”, sostiene che la domanda di grazia “è una bufala assoluta”, che ha lo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalla legge che esenta gli ultraortodossi dal servizio di leva, ancora una volta all’esame del parlamento di Israele. Com’è noto, se questa legge non dovesse passare sarebbe a rischio la tenuta del governo. 

L’ufficio della presidenza ha ricevuto la domanda di grazia di Netanyahu e ha fatto sapere che il presidente Herzog esaminerà la richiesta «con responsabilità e sincerità, dopo aver ricevuto tutti i pareri pertinenti, consapevole che si tratta di una richiesta straordinaria che comporta implicazioni significative».

Personalmente mi concedo una pausa dubbio amletico per due aspetti che apparentemente esulano, non appaiono, non figurano in tutta questa vicenda: la guerra (di Gaza e della Cisgiordania, del Libano, della Siria, dell’Iran e dello Yemen) e la crescita esponenziale dell’antisemitismo in più di mezzo mondo.

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