Nello spazio dell’amore

Colpiva anzitutto la sua figura alta e signorile, quasi ascetica. Nel rapporto personale, poi, si rendeva completamente disponibile, sì da farti sentire al centro dell’attenzione; allo stesso tempo però sembrava assorto in qualcos’altro, come se nell’intimo ti collocasse nell’amore di Dio: ciò che per lui, rinomato architetto, necessariamente doveva tradursi anche in un adeguarsi dello spazio intorno. Lo stesso ambiente cioè doveva, con la sua armonia, essere all’altezza della tua realtà più profonda, quella di figlio di un Padre che è nei cieli. Nino realizzava questo anche con gesti semplici e delicati: come quando, in occasione di visite a casa sua – una casa aperta, punto di riferimento per giovani e coppie -, badava a come disporre sedie, poltrone, divano, luci (che voleva sempre diffuse e non violente); e a tenere socchiusa la finestra in modo che non si creassero spifferi molesti. Ricorda Gianfranco, l’amico di una vita: Rimanevo colpito dalla dolcezza e pazienza con cui lui e sua moglie trattavano i loro cinque figli. Ricordo che per un certo tempo alcuni di essi frequentavano un gruppo che talvolta arrivava senza preavviso in casa e vuotava allegramente il frigorifero del suo contenuto. Nino e Marcella accoglievano tutti senza recriminare o giudicare negativamente il fatto. C’era di che riflettere sul mio comportamento con i miei figli: molto meno accomodante e, quando mi sembrava giusto, non privo di rimproveri. Però ora guardo i figli Marabotto con sincera ammirazione: somigliano molto ai loro genitori. Gli stessi figli così ricordano Nino: Papà ci ha sempre comunicato il suo grande stupore e la sua immensa gratitudine per il creato. Da artista, ha sempre cercato di trasmettere quell’armonia e bellezza che è il sigillo dell’amore di Dio nella creazione, realizzando nel suo lavoro la preghiera al Padre come in cielo, così in terra, perché la terra non fosse mai orfana dell’immagine di Dio. Seguendo con la matita questa immagine, ha disegnato spazi per accogliere, far incontrare, ascoltare, pregare, riflettere e condividere la gioia. Nino nasce nel 1914 a Palermo, durante una trasferta del padre militare, ma trascorrerà l’intera vita nella capitale. Frequenta il liceo artistico di via di Ripetta, e tra suggestioni derivate dall’osservazione e dallo studio dei monumenti della Roma pagana e cristiana, dal paesaggio e dalla natura, cerca l’incontro diretto con gli artisti, approfondendo la conoscenza dei movimenti di avanguardia. Nel 1933 si iscrive alla giovane Facoltà di Architettura. Nonostante l’indirizzo degli studi in quel periodo sia prevalentemente classico e tradizionale, manifesta vivo interesse nei confronti delle opere degli architetti e degli urbanisti contemporanei italiani e stranieri. Dopo la laurea e l’abilitazione, nel 1939 inizia l’attività di architetto partecipando al concorso internazionale per il Teatro dell’Opera di Belgrado, per il quale consegue il primo premio. Diplomato in Scenografia cinematografica presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dal 1942 al 1944, a causa della guerra e del servizio militare, deve sospendere l’attività professionale. La riprenderà con la pubblicazione di una monografia dove, insieme ad altri giovani colleghi, raccoglie proposte e contributi allo studio dei problemi della ricostruzione in Italia. Nel 1945 è tra i fondatori del- l’Apao (Associazione per l’architettura organica), la cui finalità è promuovere una architettura per l’uomo, modellata secondo la scala umana, secondo le necessità spirituali, psicologiche e materiali. Parallelamente alla progettazione edilizia e urbanistica, svolge attività di arredatore e di architetto degli interni, disegnando anche mobili e arredi che coniugano praticità e gusto raffinato. Come quelli per le nuove scuole materne, gli asili Montessori e le camere per bambini, che richiedono accorgimenti speciali per consentirne l’uso diretto da parte dei piccoli e per facilitare l’acquisizione della loro piena autonomia . Cristiano impegnato, Nino riceve un deciso impulso dall’incontro, nell’autunno del 1949, con i Focolari tramite l’amico e collega Antonio Petrilli. Attratto da questa originale proposta di vita comunitaria nella quale sente parlare con accenti nuovi di Dio Bellezza, Nino, che fin da ragazzo è rimasto affascinato da questo valore, finirà per trovare nel focolare – a somiglianza di altri coniugati come Igino Giordani – il luogo a lui più congeniale per soddisfare la sua sete di perfezione cristiana. La spiritualità dell’unità, che pone tanto in rilievo la presenza di Gesù in ogni persona, lo aiuta a maturare una concezione e un amore del prossimo sempre più conformi all’ideale evangelico. A questi princìpi si ispirerà sempre nella sua esperienza artistica e professionale: un servizio – come la chiama – all’uomo integrale. Di qui spazi per l’uomo – siano essi di abitazione, di lavoro, di ufficio o di svago – in opere che incontrano sempre il gradimento dei destinatari. Non solo, ma è unanime il riconoscimento che lavorare con lui – per la sua capacità di immedesimarsi in ogni prossimo e di venire incontro alle sue esigenze, a costo anche di rinunciare a vedute personali – è sempre fonte di arricchimento umano e spirituale. Diventato l’architetto del Movimento dei focolari, per lunghi anni Nino metterà il suo talento, la sua sensibilità, a servizio di esso per vari progetti e costruzioni, nella cittadella di Loppiano come altrove: opere che si caratterizzano per un senso di armonia e di pace, segno di una costante ricerca di Dio da parte di Nino, e quindi di una raggiunta unione con lui. Non a caso gli sarà costantemente di guida questo brano della Scrittura: Egli edificherà una casa al mio nome (2 Sam 7,13). Alla semplicità del bambino evangelico, che gli fa affrontare in modo lineare e apparentemente senza traumi le traversie della vita, Nino unisce l’ardore apostolico, un desiderio inesausto di maggiore impegno dal lato spirituale; impegno che condivide con Marcella nella vita di ogni giorno. Ma anche l’aspetto sociale non cessa di interpellarlo. Soffre molto per la mancanza di pace e di amore nella famiglia umana, e con particolare intensità sente propri i problemi dei senza tetto: per loro addirittura concepirà un tipo di box a basso costo da offrire al posto dei cartoni con i quali cercano di ripararsi dalle intemperie. Con l’avanzare dell’età il lavoro diminuisce, ma non la sua attenzione verso i giovani, studenti e architetti, ai quali trasmette la sua professionalità e la sua passione per l’uomo. Negli ultimi mesi, pur provato nella salute, conscio che la vita spirituale è dinamismo che richiede un continuo ricominciare, ripete a chi va a trovarlo la sua tensione di sempre: migliorare, migliorare. Anzi, una volta confida: Sento che debbo proprio ricostruirmi come focolarino. Ma sempre con la pace di chi ha posto piena fiducia nel progetto di Dio e non ha il minimo dubbio che anche da materiali modesti egli è capace di creare un capolavoro. IL SUO PENSIERO, LE SUE OPERE Nel corso della sua lunga attività professionale Nino Marabotto si è dedicato con particolare impegno ad alcuni temi, tradotti in progetti e realizzazioni per luoghi accoglienti, vivibili, comunitari. Piuttosto che un lunghissimo elenco di opere è parso utile ricordare alcuni pensieri che hanno guidato il suo lavoro di architetto: – L’abitazione collettiva e singola. Ho cercato prima di tutto la funzionalità e la linearità degli schemi distributivi degli ambienti e l’inserimento armonico dell’edificio nel contesto naturale e in quello storico ambientale con la semplicità e l’essenzialità delle forme e degli spazi. – La scuola in genere e quella materna in particolare. L’accoglienza in tali progetti doveva risultare nella luminosità degli ambienti, nel colore negli spazi articolati, nell’inserimento nell’ambiente esterno dotato di verde e di spazi per il movimento . – L’urbanistica. Ho cercato di evitare schemi rigidi o eccessivamente geometrici; la ricerca di spazi collettivi per gli abitanti, polo di coagulazione, la razionale distribuzione dei servizi sociali e commerciali, dei parchi della rete stradale erano intesi a creare una città vivibile e non dispersiva, in sostanza più umana. – Le chiese, gli istituti religiosi, i centri parrocchiali. Ho cercato di superare la tentazione di frantumare schemi tradizionali per esercitarmi in evoluzioni esibizionistiche utilizzando le tecnologie più avanzate. Mi sono sentito libero e nello stesso tempo attento a rispettare la sacralità del luogo: Dio e il popolo fedele . In qualità di consultore della Pontificia commissione centrale per l’arte sacra (1959-1990), sarà prodigo agli architetti, soprattutto giovani, di preziosi suggerimenti per un serio approccio all’architettura sacra. Centri sociali, seminari, alberghi, orfanotrofi, colonie, complessi per uffici, college, istituti di assistenza per persone anziane, centri religiosi internazionali sono ugualmente oggetto di particolare studio per la complessità dei problemi funzionali che presentano e per l’ambientazione in luoghi anche di interesse storico e paesaggistico.

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