Nel Mediterraneo si continua a morire

Continua, quasi nel silenzio, la conta dei morti nel Canale di Sicilia; mentre il sindaco di Lampedusa lancia un appello al governo affinché intervenga con un sostegno nella gestione di questa emergenza, e il card. Zuppi si schiera a favore dell'opera di salvataggio di vite umane portata avanti dalle Ong
migranti
Un "barcone della morte", un vecchio peschereccio arrugginito e sovraccarico di migranti, attracca al porto di Lampedusa, settembre 2021 (Sea-Watch.org/David Lohmueller tramite AP)

Otto salme al molo Favarolo. In fila sulla banchina, deposte pietosamente dai soccorritori. Sono morti per la fame, per la sete, per il freddo, a bordo di un barcone alla deriva nelle acque del Mediterraneo.

Tra questi non c’è il corpicino di un bambino di 4 mesi. Il neonato è rimasto in mare, dove sarebbe scivolato dalle braccia della madre, svenuta e morta poco dopo. Sulla vicenda si erano diffuse voci contrastanti, poi chiarite dalla procura di Agrigento. Anche un altro occupante della nave, che si pensava si fosse tuffato in acqua per salvare il neonato, potrebbe invece essere finito in mare dopo uno svenimento. Anch’egli è morto nelle acque gelide del Mediterraneo.

Una tragedia che si è consumata ancora una volta nel Canale di Sicilia, dove ormai le notizie dei morti in mare si susseguono senza occupare più le prime pagine dei giornali; e dove le navi delle Ong stazionano con più difficoltà, o sono costrette a fare lunghi viaggi verso porti lontani per portare in salvo i migranti raccolti tra le onde.

Il barcone della morte è stato soccorso dai militari della Guardia costiera in acque Sar maltesi, a 42 miglia da Lampedusa. I sopravvissuti hanno raccontato la tragedia che si era consumata: la storia del neonato morto tra i flutti e della madre morta stremata. Per loro il viaggio della speranza si è fermato in mezzo al mare.

Lampedusa ha vissuto ancora una giornata di dolore. Le campane della chiesa di San Gerlando hanno suonato per accogliere i corpi delle vittime dell’ennesima tragedia del mare. E la comunità si è riunita in preghiera. Tra le vittime ci sono anche i corpi di due donne incinte, che si trovano ora nella camera mortuaria del cimitero di Lampedusa, dove non c’è una cella frigo e non c’è spazio per seppellirli. Si aggiungono ad altre quattro salme che erano state recuperate a gennaio. E tra queste c’è anche una bambina. Presto dovrebbero essere trasferite in Sicilia per trovare una degna sepoltura.

Il sindaco Filippo Mannino, eletto nel giugno scorso, lancia un appello alla premier Giorgia Meloni. Lampedusa non ha più risorse, non ha più mezzi, non può rimanere da sola a gestire questa tragedia immane, questa emergenza senza fine. Ma il salvataggio dei migranti è una priorità? O rischia di rimanere invischiato nelle bagarre politiche tra chi vorrebbe porre un freno all’immigrazione clandestina e parla di “autostrade del mare” e chi invece si occupa di salvataggi ?

Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, non ha dubbi: il salvataggio delle vite umane è una priorità. Ieri, intervistato da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, ha detto: «Se salvo qualcuno non faccio il gioco degli scafisti ma di chi sta in mezzo al mare, ancora ieri è morto un neonato, questa cosa deve suscitare una reazione, non può essere sbagliato. Credo che le Ong facciano bene».

Il dibattito continua. E intanto si continua a morire. Quasi nel silenzio.

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