Nel calcio, la dignità ha ancora un prezzo?

Arresti eccellenti nel mondo del pallone per  un giro di scommesse e di partite truccate, ma davvero questo sport è diventato solo un cannibale, dimentico del suo senso sociale e educativo  
Antonio Conte

Il pallone è rotondo e quindi, di per sé, va dove vuole. Per farlo invece arrivare in un punto preciso, nell’altra metà del campo, in calcio d’angolo, in fallo laterale, e soprattutto in rete, si usano in genere i piedi o la testa. A volte invece, se a scommettere sulla destinazione della palla sono gli stessi che alla domenica sono pagati per farla girare, entusiasmando e illudendo la gente ignara, il pallone va dove ha deciso chi scommette.
 
Il gioco in questione non è solo d’azzardo (come lo è per chiunque), ma è illegale, e il reato, previsto per chi scommette su un risultato che può orientare con i propri piedi, si chiama «associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva». E così si passa da “arresto e tiro” del pallone, aspetto tecnico fondamentale insegnato nelle scuole calcio, al solo “arresto”.
 
Il tiro, mancino, le forze dell’ordine l’hanno fatto stanotte (anche loro hanno bisogno di dare lustro alla propria immagine?) arrestando calciatori professionisti come Mauri della Lazio e Milanetto del Padova, solo per citare i più noti, e svegliando di soprassalto la comitiva azzurra in ritiro a Coverciano per preparare gli ormai prossimi campionati europei allo scopo di frugare nella stanza di Mimmo Criscito, altro indagato, che ora, in Ucraina, non ci andrà più. Per gli scaramantici ricordiamo con curiosità e simpatia che in coincidenza degli analoghi precedenti scandali (le indagini della magistratura subito prima del Mondiale in Messico dell’82 e di quello in Germania del 2006) abbiamo fatto poi ottime figure sul campo. 
 
Fra gli ospiti a Coverciano, vendetta del destino, come premio per la loro onestà nell’aver rifiutato di truccare le partite, ci sono, in questi giorni, Simone Farina del Gubbio e Fabio Pisacane della Ternana: in tempi di vacche magre, alla voce “lealtà”, due onesti ragazzi brillano come stelle. Fabio, che lo scorso anno ha rifiutato 50 mila euro (ne guadagna quasi 100 mila a stagione) per taroccare una partita, è di Napoli come Criscito: «Se fossi stato zitto – ha spiegato – mi sarei sentito colpevole. Vengo dai quartieri spagnoli, e volevo dare un esempio ai bambini del mio rione. La corruzione è una scorciatoia: bisogna ricordarsi che la dignità non ha prezzo».
 
Serve sapere cosa rischiano gli indagati? Per omessa denuncia la squalifica 8 mesi, ma si può scendere a 3-4 mesi se il calciatore, o l’allenatore, patteggia. In caso di illecito invece la squalifica è molto più pesante: da tre anni sino alla radiazione. Il Coni, che in queste situazioni si tira sempre fuori, ma che non si spreme più di tanto per qualificare l’offerta sportiva in senso educativo e sociale, modulandola su chiari riferimenti etici, reclama «sentenze esemplari». Dovremo aspettare luglio per conoscere le sentenze, ma l’ammontare della squalifica non credo ci interessi più di tanto, se non ai presidenti che debbono muoversi a cercare sostituti.
 
Nel calcio cannibale dei nostri giorni, già stamattina si parla di Capello alla Juve al posto di Conte, indagato. Chi non prende sul serio lo sport, una delle cose più belle e più serie fra quelle inutili nella vita, si è già condannato e, prima ancora, svergognato da solo. È giusto che si pretenda di più, molto di più, da quanti, per inseguire un pallone in pantaloncini, guadagnano in un anno più di quanto guadagni un onesto lavoratore in tutta la sua vita, e hanno ancora la faccia tosta di giocare sporco magari solo per cambiare macchina.

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