Nedo Pozzi, comunicatore puro

Termina la sua vita terrena un giornalista e scrittore che fu responsabile di NetOne, associazione di comunicatori ispirati dai Focolari. Un uomo che seppe essere grande professionista, ma anche padre e sposo premuroso, fratello fedele, amico limpido

Non apparirà sulle prime pagine dei giornali, Nedo Pozzi, morto nella mattina del 12 agosto nella sua casa di Rocca di Papa, assistito dalla moglie Angela e dai suoi cari. Ma Nedo, al di là delle sue pur notevoli doti professionali, è stato uno dei più limpidi comunicatori che abbiamo mai conosciuto a Città Nuova e fuori, un puro della comunicazione. La sua ultima parola rivolta all’amatissima compagna di una vita – «Ciao» −, dopo aver pregato fino all’ultimo, mi sembra possa essere un condensato della sua arte comunicativa che lo ha portato non solo a produrre una gran quantità di articoli e di libri, ma soprattutto a essere un suscitatore di vocazioni alla comunicazione, tra l’altro come responsabile della associazione di comunicatori NetOne.

L’avevo visitato qualche giorno fa appena, era un giorno “buono” nella malattia, non so se mi avesse riconosciuto, non so se riconoscesse ancora sua moglie Angela – credo proprio di sì −, ma mi aveva colpito la sua comunicazione semplice, essenziale, con voce ancora ferma. Non faceva grandi discorsi, ovviamente, preso com’era dal morbo o dai morbi che ce lo hanno tolto, ma ogni sua parola mi era sembrato un condensato di esistenza e di misericordia, anche un semplice “sì”, anche un laconico “perfetto”, un semplice “ciao”. Nell’epoca del vilipendio della Parola, quando la rivoluzione digitale moltiplica la comunicazione e la banalizza, quelle parole pronunciate su una sedia a rotelle mi sembravano un trattato di semeiotica, un simposio di linguistica, un manuale di comunicazione. Perché la parola era quello che Nedo era in quel momento. Tutto il suo essere si esprimeva in quelle poche espressioni verbali.

Una concezione della comunicazione attinta direttamente alla sua ispiratrice prima, Chiara Lubich, con cui collaborò a lungo, aiutandola in numerosi passaggi della sua vita pubblica, dietro le quinte, redigendo testi e scrivendo note al suo servizio. Il primo ottobre 1985 sarebbe stato assunto dalla casa editrice Città Nuova. Scrisse il 29 settembre alla Lubich, che l’aveva voluto in quel ruolo: «Come puoi immaginare, non è per me solo un nuovo posto di lavoro. Entrare a tempo pieno in un’opera del Movimento, lo sento un fatto importante e sacro. Maria Desolata, patrona dell’editrice, mi attende e, al di là di tutto l’impegno professionale e dei talenti che potrò trafficare, mi chiede di condividere il suo dare Gesù al mondo. Mi sono un po’ allenato in questi mesi a fare ciò (fare trasparire Gesù). Mi alzo la mattina e so di avere, in certo modo, una sola cosa da fare nella giornata: vivere nel presente perché la gente incontri Gesù, non me».

Stava lì la sua purezza comunicativa, al limite dell’arte che amava sopra ogni cosa terrena, voler «far trasparire Gesù», la Parola. Un appunto del 1991 dice: «Ho sempre avuto la convinzione di aver qualcosa importante da fare. La stessa passione per la bellezza, per l’arte, che ha dominato la mia adolescenza, si traduceva, in prospettiva, in un impegno per l’uomo: avevo da aprire agli uomini uno spiraglio sull’assoluto».

Qualche nota biografica. Nedo Pozzi nasce il 6 luglio 1937, a Mantova, guarda caso una città d’arte, punto di connessione di civiltà e culture. Per il lavoro del padre la famigliola si trasferisce sul Lago Maggiore. Sin dai primi anni di vita sociale, sembra maturare in lui una duplice convinzione: donarsi a Dio e un amore istintivo e creativo per l’arte, soprattutto come comunicazione. Quella comunicazione che lo unì rapidamente ad Angela, erano appena ventenni: dicevano che ad inventare l’amore erano stati loro. Si sposarono di mattina presto con i soli testimoni e il loro primo pranzo di sposi furono due toast e una birra alla stazione di Milano. Ma c’era la materialità della vita matrimoniale e familiare: scoppiò la crisi. A 27 anni Nedo incontra, come una folgorazione, il carisma dell’unità di Chiara Lubich. Pensa immediatamente di poter così realizzare i suoi due sogni d’infanzia. Iniziò quindi a usare le sue capacità professionali per qualcosa per cui valeva la pena spenderle. Fu pilastro, con Angela, del Movimento Famiglie Nuove, dove inventò tra l’altro un long sellerl’Agenda della famiglia. Diventerà poi, nel 2000, il co-fondatore di Net-One, associazione di comunicatori. Poi divenne anche responsabile, con Vera Araujo, dell’impegno di dialogo del Movimento con la cultura contemporanea.

«Dalla Parola che si incarna e s’annulla, dal vuoto di Maria, può nascere una rifondazione di questo mondo dei media tanto pericolosamente alla deriva», scrisse Nedo Pozzi negli anni Duemila. Morendo come è morto, ha vissuto questa piccola-grande profezia. In quel “ciao” c’era in qualche modo realizzato il germe di una radicale rigenerazione del mondo della comunicazione.

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