Natale in vetrina?

Per Benedetto XVI occorre «un cuore che vede»: lo ha detto ieri ai partecipanti all'incontro promosso per il 40simo di Caritas italiana. Un impegno che si rinnova anche con l'annuale Rapporto Caritas, che nel 2011 fotografa la realtà italiana sospesa tra diritti negati e speranze per famiglie e giovani
Natale
Natale si avvicina, e con esso l’allestimento delle luminarie; ma iniziano a essere più di una le città italiane che forse vi dovranno rinunciare. Tra queste Milano che – per scongiurare il rischio –, in questi giorni è alla ricerca affannosa di sponsor per addobbare le strade del centro. Segni di una crisi che colpisce anche il decoro delle strade delle nostre città. Ma qual è l’aria che si respira dentro le case degli italiani in attesa del prossimo periodo natalizio? Sarà festa per tutti? Ci risponde l’undicesimo Rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia 2011 uscito qualche settimana fa – curato dalla Caritas italiana e dalla fondazione Zancan – che da alcuni anni offre uno spaccato della nostra società.

 

Sono 8,3 milioni i cittadini italiani che vivono in povertà, pari al 13,8 per cento della popolazione, con picchi che raggiungono «il 23-27 per cento in regioni come la Calabria, la Basilicata e la Sicilia – ci spiega don Salvatore Ferdinandi, responsabile della promozione per Caritas italiana –, mentre al Nord sono del quattro per cento e del cinque per cento al Centro». Dati allarmanti perché sempre più sono le famiglie italiane che accedono ai centri d’ascolto della Caritas per i bisogni immediati. «Non bisogna parlare di crisi o di non-crescita – precisa Ferdinandi –, ma di disagio soprattutto per le famiglie di ceto medio che si trovano a fronteggiare una situazione mai vissuta prima», non necessariamente persone sole ma troppo spesso componenti di nuclei familiari separati: «Così a una situazione economica spesso precaria si aggiunge un disagio affettivo e relazionale».

 

Ma a preoccupare è in particolare l’aumento dei giovani utenti che si rivolgono ai centri d’ascolto. Hanno un’età inferiore ai 35 anni e in soli cinque anni il loro numero è salito quasi del 60 per cento. «Uno su quattro di questi ragazzi si ritrova a non lavorare e non studia», prosegue il responsabile Caritas. E ad una povertà classica di tipo economico – il rapporto precisa che si tratta prima di tutto di privazione di un diritto ad avere una casa, un lavoro o un’educazione –, si somma quella di senso e orientamento; insomma una povertà di valori.

 

E mentre in Europa e a Wall Street salgono le quotazioni dei titoli dei prodotti hi-tech – con la speranza di un vero e proprio boom nel periodo natalizio –, centri commerciali e negozi iniziano a prevedere un periodo di aperture straordinarie per il periodo festivo: modi di esorcizzare il prevedibile calo di consumi già registrato da qualche anno a questa parte. E, secondo mons. Crociata – sottosegretario della Cei –, ha parte in causa nella “povertà familiare” lo stile di vita poco sobrio: «Molte situazioni di indebitamento o di indigenza derivano dall’incapacità di gestire in modo adeguato i consumi in rapporto all’entità delle disponibilità economiche».

 

Ma il Natale in tempo di crisi economica e sociale ci parla anche di altro. Non ha dubbi don Ferdinandi: «È un’occasione per riscoprire modi nuovi e anche più autentici di relazione. Penso in particolare agli anziani che rappresentano una risorsa per la famiglia e che troppo spesso sono relegati ai margini della società». Ce lo ricorda il programma decennale degli Orientamenti pastorali della Cei quando richiama a «mantenere viva quella rete di solidarietà e di prossimità di fronte a chi si trova in situazione di disagio che fa pensare non solo al nostro bene ma anche a quello di tutti». Ce lo ricorda ad esempio la Lampedusa di alcuni mesi fa, fatta di donne e uomini che si sono aperti all’accoglienza nei confronti di chi era immigrato e in cerca di futuro, ma «carico di speranza che oggi – conclude Ferdinandi – rappresenta la vera sfida del decennio».

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