Naoto Kan nuovo premier

Il Parlamento ha eletto l'ex ministro delle finanze. Ma il cambiamento al vertice difficilmente si tradurrà in un nuovo corso per la politica giapponese.
naoto kan

Se il fatto che si siano succeduti 5 premier in 4 anni fa – tristemente – pensare all’Italia, indubbiamente il Giappone è più veloce a risolvere le crisi di governo: le dimissioni dell’ex primo ministro Yukio Hatoyama risalgono a mercoledì scorso. Neanche due giorni dopo il Paese ha già chi lo sostituisce: il Parlamento ha eletto Naoto Kan, vicepresidente e ministro delle finanze del precedente esecutivo, da subito il favorito nella corsa verso la leadership.

 

Kan, nominato presidente del partito giovedì sera, presenterà il governo martedì prossimo. Nel panorama dei premier, il nuovo eletto rappresenta una sorta di eccezione: è infatti il primo in 14 anni a non provenire da una dinastia politica – basti pensare che i nonni dei due primi ministri precedenti avevano entrambi ricoperto la stessa carica. Ma sul fatto che questo non basti a garantire un cambiamento di rotta pare esserci consenso unanime: «In Giappone – spiega Alberto Di Russo, che vive nel Paese dal 1977 – la classe politica è di fatto un’oligarchia, all’interno della quale ci si tramanda il potere sin dai tempi del secondo dopoguerra. Per questo nemmeno il passaggio di potere al Partito democratico (Dpj) dopo 54 anni di governo liberaldemocratico ha significato una svolta: gli obiettivi sono rimasti gli stessi, al massimo sono cambiati i metodi». Anche in campo economico si riproducono le stesse dinamiche, con il dominio di poche grosse aziende legate allo Stato.

 

Facile intuire come un simile contesto crei un terreno fertile per intrecci poco limpidi tra incarico pubblico e interesse privato: e infatti Hatoyama si è dimesso proprio a causa di uno scandalo che aveva coinvolto lui e il segretario del partito lo scorso novembre, in seguito al quale la sua popolarità era precipitata al 17 per cento dal 70 di settembre. «Il suo appoggio al mantenimento della base americana ad Okinawa – prosegue Di Russo – è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: ma specie in Oriente, dove la reputazione è tutto, è evidente che le vere ragioni della crisi sono altre». Ragioni che si sono riproposte più volte negli ultimi anni, con la venuta allo scoperto di scambi di favori e denaro tra politici.

 

Non stupisce dunque sapere che il Paese è pervaso da una profonda sfiducia nella politica: «I cittadini sono totalmente disinteressati – spiega Di Russo –, si può dire che vige una sorta di “spirito di delega” verso chi viene eletto». Significativa in questo senso è la bassa affluenza alle urne, che nelle ultime consultazioni si è attestata al 41,8 per cento. Cercare di ripristinare la fiducia sarà quindi una delle principali sfide del nuovo premier, specie in vista delle elezioni della Camera alta a luglio.

 

Per quanto Kan abbia subito cercato di dare una certa immagine di rinnovamento, soprattutto nell’ottica di prendere le distanze dai membri del partito coinvolti nei precedenti scandali, ha comunque dichiarato di voler proseguire lungo le stesse linee del suo predecessore. Una di queste, che si è riproposta sin dai tempi della guerra in Iraq, è quella del riarmo: «La Costituzione, che impediva al Paese di avere un esercito – spiega Di Russo –, è stata emendata a quell’epoca, consentendo di mantenere forze militari per scopi umanitari o di legittima difesa. La Chiesa si è espressa con forza contro questo emendamento, tanto che l’arcivescovo di Nagasaki ha creato un gruppo di lavoro per spiegare ai cittadini quali interessi siano realmente coinvolti in tutto questo».

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