Musumeci azzera la giunta. Cosa sta accadendo in Sicilia?

Fibrillazioni politiche nell’isola che andrà al voto tra nove mesi. La scelta dei “grandi elettori” che andranno a Roma per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica fa emergere le tensioni interne alla maggioranza. Ma lascia irrisolti i nodi di uno sviluppo che la Sicilia attende da troppo tempo.

Terremoto nella politica siciliana. Il presidente Nello Musumeci azzera la giunta di governo. Il governatore siciliano non ha gradito le scelte compiute dall’Assemblea regionale siciliana (Ars), che ha scelto i tre grandi elettori che rappresenteranno la Sicilia nell’assemblea convocata per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.

Musumeci ha ottenuto in aula solo 29 voti, meno del presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, e di Nuccio Di Paola, dei 5 Stelle, che ha avuto i voti dell’opposizione. Uno “sgarbo istituzionale”che Musumeci non ha gradito, l’ennesimo segnale inquietante in una terra dove la politica si muove spesso sul terreno dei ricatti.

Il mancato voto a Musumeci è un segnale di instabilità della maggioranza, o meglio un “messaggio (poco) subliminale” mandato all’attuale leader della destra siciliana da parte di chi in questi anni, non ha gradito le sue scelte politiche o non è stato accontentato.

Al di là del mero voto e della fredda logica dei numeri, è un chiaro segnale di difficoltà. È ciò che accade quando le fibrillazioni interne rendono difficili i rapporti di forze all’interno di una coalizione. Accade a destra e a sinistra, nelle maggioranze e nelle minoranze. Ovviamente, molto più nelle maggioranze dove è più ampia la torta da spartire.

Musumeci mastica amaro e non le manda a dire. Definisce quelli che non lo hanno votato, nascondendosi dietro il voto segreto «disertori, ricattatori». E prova ad alzare l’asticella raccontando di aver ricevuto «richieste irricevibili». E aggiunge: «Possono pensare questi sette scappati di casa che un presidente che non è stato condizionato dalla mafia possa essere condizionato da loro?».

Ma Musumeci non rompe con i partiti: chiederà loro una rosa di nomi per comporre la nuova squadra di governo, spiegando che però sarà lui a fare le scelte. E fa sapere che qualche assessore sarà riconfermato. I gruppi di opposizione sottolineano che i sette o otto voti che mancano al presidente sono un chiaro segnale di sfiducia nei suoi confronti e ne chiedono le dimissioni.

Tutto questo in una Sicilia che si prepara al voto di autunno, quando scadrà il mandato dell’attuale presidente e gli elettori saranno chiamati a scegliere il suo successore.

Musumeci, che nel 2017 si candidò assicurando che sarebbe stato il suo unico mandato, ci ha ripensato e ha già annunciato che sarà ricandidato. Dovrà confrontarsi con la sua coalizione dove i distinguo non mancano. Ha annunciato la sua candidatura anche il sindaco di Messina, Cateno De Luca, da sempre battitore libero ed imprevedibile, che ha iniziato la sua campagna elettorale con il tour musicale “A Modo Mio”, girando l’isola con la sua band «Cateno e i Peter Pan».

Sul fronte dell’opposizione si attendono le scelte di Pd e 5 Stelle, che cinque anni fa candidarono rispettivamente l’ex rettore Fabrizio Micari e l’attuale sottosegretario ai Trasporti, Giancarlo Cancelleri. Se a Roma l’alleanza sembra solida, nell’isola le recenti amministrative hanno dimostrato che nei territori spesso i percorsi sono fortemente differenziati e non sarà facile trovare delle convergenze.

A destra come a sinistra le alleanze premiano, le divisioni rischiano di portare alla sconfitta. Tutto questo accade in una Sicilia dove lo sviluppo segna ancora il passo. L’isola paga il grave gap infrastrutturale, paga la dipendenza e l’inadeguatezza delle reti elettriche e delle reti wi-fi, dove resta il grande nodo irrisolto della gestione dei rifiuti perché gran parte delle discariche sono in mano ai privati, non sono mai stati realizzati i termovalorizzatori ed i costi di gestione lievitano.

Tutto questo in una regione che non riesce a tutelare agricoltura e turismo, da sempre i suoi settori trainanti, dove la pandemia ha creato seri problemi perché la rete sanitaria ha qualche deficit in più rispetto ad altri territori, dove spesso non si riesce ad utilizzare i fondi europei e dove ora tanti si chiedono che tipo di progettualità si potrà mettere in campo per il Pnrr.

Serve un cambio di passo. Per Musumeci e per tutti gli altri. La Sicilia attende da troppo tempo.

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