Musica da sBallo

Qualche riflessione su due momenti, Benigni e Blanco, del grande e osannato Festival di Sanremo
Blanco distrugge i fiori sul palco di Sanremo (Foto Gian Mattia D'Alberto/LaPresse)

Sanremo 2023, l’orchestra sigla l’apertura del Festival, gli archi disegnano e suonano un ritmo incalzante, la melodia gira, fa capriole, danza fra le immagini sfavillanti che arrivano nelle nostre case, eh sì… tanta luce, dopo anni che la luce si intravedeva da fessure… ma proprio perché ti sforzavi di volerla vedere.

I due conduttori dopo i saluti, introducono Roberto Benigni, a lui il compito di celebrare i 75 anni della Costituzione Italiana alla presenza di Sergio Mattarella, il Presidente della Repubblica, che sorride da un palchetto riservato. Ma cosa c’entra la nostra Costituzione con un Festival che si occupa, o dovrebbe occuparsi di Musica Popolare? Così l’attore risponde, raccontando della nascita del Festival.

«C’era una volta un fioraio di Sanremo, tale Amilcare Rambaldi, che per rilanciare il mercato dei fiori dopo la seconda guerra mondiale, si inventò una gara canora con pochi cantanti». Da lì un treno di parole alla Benigni, senza pause, con un fiato solo e mille braccia che gesticolano e sottolineano il suo poetico ed appassionato monologo, che inizia dalla descrizione dell’Arte della Musica, Regina fra tutte le Arti, e della sua importanza nella storia Sentimentale dell’Umanità (però… che definizione!).

Prosegue l’attore che tutti possono usufruirne, è un lusso innocente «Dove c’è la Musica non può esserci nulla di cattivo» citando Don Chisciotte, e per tornare alla liaison con la Costituzione, Benigni la paragona ad un’opera d’arte che canta, ecco perché ci sta benissimo sul palco del Festival di Sanremo, la trasmissione musicale più seguita dagli Italiani da 73 anni.

Entra poi nello specifico degli articoli e di uno in particolare il n.21 «Tutti hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero».  Il monologo ti prende, un turbinio di riflessioni, pause, sorrisi, silenzi, ammazza quanto è bella questa nostra Costituzione, quanto è fresca ed attuale! La performance si conclude con il canto dell’Inno Nazionale Italiano, dell’intero Teatro Ariston, con la mano sul cuore e con un Gianni Morandi, capo-coro commosso e oramai quasi ottantenne, insomma, una figata d’inizio.

Quando… un’ora più tardi, durante la gara, entra Blanco, vincitore dell’edizione passata, e tutto cambia… che accade? La sua canzone ha un titolo tipo L’isola delle rose poi un dubbio ci assale, ma sarà che il ragazzo sia allergico al profumo delle corbeille che adornano lo spazio scenico, tanto da giustificare l’aver preso a calci tutti i cestini di rose (che coincidenza) a tiro di piede?

«Fossi stata tu ad aver scelto me, solo per portarti una notte insieme a me sull’isola delle rose», canta Blanco afferrando per il collo i musicisti della sua band che continuano a sorridere al frontman (senza capire cosa stia succedendo) poi finalmente, fra i fischi del pubblico, si fermano cantante e musici… che stranezza… ma non s’era detto che tutto è iniziato grazie al commercio dei fiori? Che la Musica è una Regina, che tranquillizza con le sue dolci melodie da fare innamorare?

Il direttore artistico vola sul palco, devastato e bagnato, per chiedere (in modo sornione) a Blanco, che sorride, del suo gesto. La risposta è «non sentivo la voce, ma mi sono divertito lo stesso, fare musica è divertirsi nonostante tutto».

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Sospeso ogni giudizio su chi mette così sotto pressione dei giovani (ma proprio giovani) sembra ricomparire da pochi mesi, l’uso durante concerti ed esibizioni, di distruggere ciò che hai a portata di mano (e di piede) sul palcoscenico, che siano strumenti, microfoni, scenografia, e giustificarli come azioni trasgressive, perché appunto “divertimento NONOSTANTE tutto” docet.

Come una sabbia mobile è la rabbia, là affondano e affogano le parole poetiche di Benigni, un vortice melmoso, che nulla ha a che vedere con il mestiere dell’Artista.

I millemila fans di questi VIP osannano le gesta coraggiose del loro beniamino popolare, cosi da sentirsi compatti nel “disagio” parola amatissima fra i giovani, li rende forti ed onnipotenti, li unisce eppure non li rende felici…

Da molti anni mi occupo di musica, di quella Regina delle Arti a cui in tanti, abbiamo dedicato la nostra esistenza, lavorando ore, mesi, anni con lo studio dello strumento, delle voci, nel rispetto dell’Arte altrui (vi assicuro che ci si allena a far questo) perché il proprio “sentire” non è il “sentire” dell’altro, si entra nell’intimità, in uno spazio sacro, l’essenza dell’individuo.

Ci si chiede allora come sia consentito affermare che la distruzione di spazi comuni o di strumentazioni costosissime, che la maggior parte dei musicisti non può permettersi e paga a rate con un mutuo, sia un atto trasgressivo originale, geniale come colpo di scena.

Ci si chiede se il disagio di questi giovani (di alcuni s’intende) sia frutto di un atteggiamento da parte di noi adulti, che li abbiamo lasciati liberi di crescere e sperimentare, o forse li abbiamo lasciati da soli?

Ci si chiede se l’articolo 21 della nostra Costituzione, che profuma di libertà, difenda il diritto di manifestare il proprio pensiero NONOSTANTE TUTTO E TUTTI.

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