Inquinamento e conflitto illogico tra economia e salute. Doveva restare riservata ma è ormai diffusa la bozza del piano di ripresa e resilienza che il nostro governo deve presentare in Europa per poter usufruire dei fondi del Next Generation Ue.
In attesa della versione definitiva, possiamo avere un’idea dell’impostazione che si intende seguire. Si intravede una svolta radicale nel campo delle politiche ambientali?

Lo stato delle cose è riassumibile dalla sentenza della Corte di Giustizia che lo scorso 10 novembre ha condannato l’Italia per aver superato il valore limite delle concentrazioni di particelle inquinanti, in modo continuato, dal 2008 al 2017. Come rileva l’economista Leonardo Becchetti «l’Agenzia europea dell’energia identifica l’area della Pianura Padana come quella a maggior rischio in tutta l’Europa occidentale per giorni di sforamento di limiti massimi di polveri superiori al livello di 50 microgrammi per metro cubo». La soglia media giornaliera di polveri sottili consigliata dall’Organizzazione mondiale della sanità è infatti di 10 microgrammi per metro cubo.
Ma la situazione diviene ancora più preoccupante secondo il professore dell’università di Roma Tor Vergata, che coordina il “Gruppo di studio su economia e sviluppo sostenibile” istituito dal Ministero dell’ambiente, per il legame tra tale esposizione a sostanze inquinamenti e la diffusione del Covid 19: «alcuni recenti lavori empirici effettuati in diverse aree del mondo (Stati Uniti, Olanda, Germania, Italia e su un campione delle regioni Ue) hanno identificato una correlazione significativa tra livelli delle polveri e morti da Covid-19 al netto dell’effetto concomitante di altri fattori chiave, quali la densità abitativa, i flussi di pendolarismo e di trasporto».
Mentre quindi il dibattito politico italiano è attraversato dalle polemiche interne alla maggioranza e si annuncia l’esistenza di una variante “inglese” del Covid 19 connotata da una circolazione più veloce del virus, appare sempre più evidente la necessità di adottare politiche industriali in grado di ridurre la concentrazione di inquinanti nell’atmosfera.
Altro capitolo decisivo affrontato in questa intervista audio con Becchetti è quello dell’eliminazione di 19 miliardi di euro di incentivi ambientalmente dannosi riconosciuti ogni anno dallo Stato a favore di alcuni settori. Risorse da convertire in incentivi al risanamento ambientale. Unico investimento capace di generare beni comuni indivisibili.
«Da economisti dobbiamo imparare sempre di più a tenere in considerazione lo scambio che esiste tra sistema sociale, sistema produttivo ed ecosistema».