Mose: titoloni sui giornali, ma nessuna sorpresa

I veneziani non paiono affatto stupiti dalla notizia degli arresti nell'ambito dell'inchiesta sul sistema di dighe mobili. E c'è addirittura chi avanza una candidatura curiosa per il prossimo sindaco di Venezia
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Se c'è un sentimento che manca tra le reazioni dei veneziani alla catena di arresti per corruzione e riciclaggio  nell'inchiesta sul Mose – ben 35, tra cui nomi eccellenti come il sindaco Orsoni e l'assessore regionale ai trasporti Chisso – è sicuramente la sorpresa. A quanto pare infatti, come afferma in un commento sul sito de La Nuovadi Venezia l'internauta Emanuele, «era il segreto di Pulcinella»; e un anonimo rincara la dose, chiedendosi «possibile che ci siano voluti 11 anni – è infatti da oltre un decennio che si parla del sistema di dighe mobili per proteggere Venezia – a scoprire qualcosa che tutti sapevano?».

E se su forum e social network i commenti sul tema «sono tutti uguali» e «in Italia va così da vent'anni» si sprecano, nonché quelli che inneggiano all' «azzeramento di un'intera classe politica che ha comandato economicamente a Venezia per 15 anni», c'è anche chi, come Franco, osserva che «il vero problema sono le persone. Facciamo tutti un mea culpa: l'arricchimento facile a tutti i costi, l'assopimento delle coscienze, il venir meno dei principi etici e morali. La politica e' la dimostrazione tangibile della degenerazione della nostra società»; o chi, come Adriano, si chiede «Possibile che non ci siano più persone che fanno il proprio lavoro gustando del fatto che stanno mettendo la loro etica e moralità a disposizione della collettività, privandosi cosi della gioia di fare il bene del prossimo?».

Un sistema Italia dunque che, per intero, pare non funzionare: se Stefano definisce questo giro di corruzione «the Italian way», la maniera italiana di fare le cose – tanto che diversi commenti da parte di veneziani espatriati sono riassumibili in «qui dove vivo non sarebbe mai accaduto» – , Metis avanza addirittura la provocatoria proposta di «trovare un modo per gestire legalmente le tangenti», dato che «è dai tempi dei romani che cerchiamo di estirparle». Un'ironia forse un po' macabra, ma sintomatica del fatto che la misura pare essere colma.

Il dibattito, però, si sposta anche sul tema delle grandi opere in quanto tali: Martina, dopo aver osservato come «forse chi si opponeva al Mose non era solo un facinoroso ambientalista», afferma di «aspettare adesso le indagini sugli appalti dei tram sia a Venezia che a Padova»; e tal Capitan John Harlok si augura anche che «venga aperto il coperchio del cantiere della Tav: credo ci ritroveremmo senza classe politica». La sensazione pare essere che le tangenti e la corruzione siano connaturate alle grandi opere e non ci si possa far nulla, per quanto non manchino nemmeno gli inviti a rimboccarsi le maniche e fare qualcosa in prima persona per la propria città.

Meno male che, in mezzo a tanta amarezza, non manca nemmeno l'ironia: «Propongo Genny a' Carogna come sindaco di Venezia, subito!». E meno male che ai veneti i meridionali non piacevano…

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