Morto Luis Bambarén, vescovo dei poveri e dei “popoli giovani”

Il 19 marzo, nella festa di san Giuseppe, il Covid-19 ha provocato la morte di monsignor Luis Bambarén, vescovo gesuita peruviano, all’età di 93 anni. Una vita dedicata ai poveri e ai giovani delle nuove periferie di Lima e Chimbote (Perú).

«Quando sono stato ordinato vescovo ausiliare di Lima perché mi occupassi delle nuove periferie che circondavano» la città, «sono andato a pregare davanti al Santissimo per rimettere nelle sue mani quella nuova tappa della mia vita. E lì ho ascoltato il Signore che mi diceva: “Il segno di autenticità sono i poveri evangelizzati”». Così si esprimeva alcuni anni fa in un incontro missionario mons. Luis Bambarén, “il vescovo dei poveri” o dei “popoli giovani”, come lo chiamavano.

Luis Armando Bambarén Gastelumendi era nato il 14 gennaio 1928 a Yungay (450 km al nord di Lima, Perù), in una famiglia cattolica praticante, quinto di otto fratelli e sorelle, due delle quali diventate anch’esse religiose. Ordinato sacerdote gesuita nel 1958, viene ordinato vescovo ausiliare di Lima nel 1968, dove dedicherà il suo ministero alle periferie fino al 1978. Da quell’anno e fino al 2004 svolse il suo lavoro pastorale come vescovo di Chimbote, diocesi a 450 km al nord della capitale peruviana. È stato, inoltre, presidente della Conferenza episcopale peruviana e membro della “Comisión de la Verdad y Reconciliación”, nata dopo la lotta al terrorismo che lasciò migliaia di morti e “desaparecidos”.

Per la sua scelta di difendere gli emarginati, nel 1971 – in tempo di dittatura militarefu messo in carcere, perché aveva difeso la terra dei “popoli giovani”, le baraccopoli che cominciavano a sorgere attorno a Lima. La ribellione della gente costrinse, però,  il capo della giunta militare, Juan Velazco Alvarado, a rivedere la sua decisione. Liberò il Vescovo e destituì l’allora ministro dell’Interno.

Successivamente, come vescovo di Chimbote, la sua attenzione verso gli ultimi lo mise in conflitto con il gruppo armato “Sendero Luminoso”, che lo considerava un pericoloso rivale. A differenza del gruppo terrorista d’ispirazione maoista che innalzava la bandiera ideologica dei poveri a parole, mons. Bambarén li difendeva concretamente, a rischio della propria vita. «Abbiamo fatto un lavoro molto bello con i giovani – diceva in un’intervista nel 2018 –  e, in genere, con tutta la popolazione di Chimbote. Nel 1986 più di 25 mila giovani hanno alzato la croce della pace sulla montagna come segno del loro impegno, con Cristo e con il Perù, ad essere costruttori di pace e difensori della vita. Quello è stato il mio “delitto”, l’aver promosso quell’evento. E per quel motivo hanno messo tre bombe nella mia casa e ci sono stati diversi attentati contro la mia persona. Io ho sempre riposto la mia fiducia in Dio».

Tuttavia il vescovo non morì per mani dei “senderistas”, come invece accadde, nel 1991, a due francescani polacchi, Michal Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski, e al prete italiano don Alessandro Dordi, oggi proclamati beati e martiri.

A portarlo via, qualche giorno fa, è stato il Covid 19. «Luis Bambarén fa parte di quella generazione di vescovi pionieri che, tra il Vaticano II e Medellín, hanno voluto edificare una Chiesa povera e accanto ai poveri, coinvolta nella complessa realtà peruviana. Il suo grande contributo è stato quello di costituire la Commissione Episcopale di Azione Sociale (CEAS), sostenuto da Ricardo Antoncich (S.J.) e dopo Ernesto Alayza. Durante gli anni ‘70 e ‘80, CEAS è stata una piattaforma da dove la Chiesa Cattolica si è collegata ai movimenti sociali e ha contribuito ad affermare una cultura democratica e il riconoscimento dei diritti fondamentali dei poveri», ricorda Juan Miguel Espinoza Portocarrero, dell’Università Cattolica del Perù.

Sono numerosi i messaggi postati sul profilo della Commissione Episcopale per i Giovani e i Laici del Perù, all’annuncio della sua morte. Un segno di quanto Bambarén fosse amato da tutti, in particolare dagli esclusi e i giovani. Uno di loro, Manuel, ha scritto: «Riposa in pace, Mons. Luis Bambarén. Grazie per aver condiviso il regno di Dio con tutti noi, soprattutto la sua Giustizia, e di averci fatti partecipare come tuoi figli laici a questo progetto di vita di fede, di amore e di speranza. Grazie per aver avuto sempre presenti i giovani; so che ora sarai il nostro angelo, che continuerà a darci coraggio nel cammino della fede, finché arriverà il giorno in cui ci ritroveremo nella Vita eterna che Gesù ci ha promesso. Dio onnipotente ti abbia nella sua gloria».

In occasione dell’anniversario del cinquantesimo della sua ordinazione episcopale, nel 2018, in poche parole così il vescovo definì la sua lunga e feconda vita: «Ho cercato di lavorare per il bene del popolo, affinché ottenesse giustizia e i suoi diritti fossero rispettati. E sempre ho cercato di servire Dio nei suoi figli dimenticati».

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons