Morire di freddo indifferente

senzatetto

La crisi ha riportato l’attenzione sul fenomeno della povertà, che tocca ormai fasce di società che non l’avevano mai conosciuta. Difficile quantificare il numero dei senza fissa dimora: il primo censimento, effettuato a gennaio 2009 dall’università Bocconi, li stimava in 4 mila a Milano, mentre a Roma – secondo l’associazione Telefono Blu – ce ne sarebbero tra i 6 e i 7 mila. Perlopiù uomini (80 per cento), stranieri (70 per cento) e giovani: 40 anni l’età media. Ma non mancano neppure le famiglie intere: 190 solo a Roma. E se per chi arriva da lontano il vivere in strada è spesso diretta conseguenza del viaggio compiuto, per gli italiani il caso più frequente è la perdita del lavoro o della famiglia: uomini che si trovano senza un tetto in seguito ad una separazione o divorzio, per l’impossibilità di procurarsi un altro alloggio o per problemi di depressione che ne conseguono. Pubblichiamo il commento di un nostro collaboratore, stimolato dall’ennesima croce piantata dal freddo sulle nostre strade.

 

 

Il nome sa di romantico: “clochard”. Ma la realtà è ben altra, è cruda. Uscendo da scenari da romanzo d’appendice, diventare barbone è un attimo, una fatalità. L’altro giorno mi è capitato di vedere una signora col viso coperto completamente da una sciarpa: era chiaro l’intento di non farsi riconoscere. Oggi, con la crisi, è facile inciampare e passare da “normale” a “senza fissa dimora”, cioè “barbone”.

 

Il loro vivere sembra scenario metropolitano, come tanti, come il traffico, come la fretta per andare in ufficio o a far compere. L’indifferenza è la cornice massiccia. Una volta, davanti alla scena di una donna che rovistava nei cassonetti da ore, telefonai al centro comunale competente. Mi fu risposto che era persona conosciuta e che non gradiva essere aiutata. Una risposta “politicamente corretta”, ma così lontana …

 

In questi giorni è morto di freddo un leaderdei senza fissa dimora, il pakistano Sher Khan, soprannominato così probabilmente dalla famosa tigre del Libro della giungla. Aveva occupato con don Di Liegro, indiscusso “apostolo” della Caritas romana, la famosa zona della Pantanella negli anni novanta, per dare ricovero a tanti senza fissa dimora. Poi una vita tra alcool, problemi di salute e impegno sociale. La fine è stata impietosa.

Era sicuramente uno di quegli invisibili citati dal Santo Padre alla festa dell’Immacolata, in piazza di Spagna, a pochi passi dalla sua “dimora”. Se ne va via tra addobbi natalizi, luminarie e buoni propositi, politicamente corretti.

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