Moreno Bondi, luce ed ombra

A Roma, la rassegna dedicata all'artista carrarese, formidabile assimilatore della lezione caravaggesca e manierista
Moreno Bondi

È certo un caravaggesco. Quei corpi dai chiaroscuri forti, spezzati dentro fibre che si intrecciano, tagliati dalla luce, lo dicono a tinte bronzee. Eppure, dentro c’è tutta la lezione del manierismo cinque e seicentesco. Ci puoi leggere Rosso, Pontormo, ma anche Ribera e Mattia Preti. E perché non Tanzio da Varallo o Zurbarán? Sia chiaro, Moreno Bondi, carrarese, classe 1959, non è un imitatore né un eclettico. Piuttosto un assimilatore originale, formidabile. Uno che ha la scultura nel pennello. Ma anche nello scalpello. Se è vero, come è vero, che quei corpi maschili e femminili che si allungano vertiginosi e bronzei hanno sangue pulsante, una carne che respira, palpitando dal cono d’ombra per uscire alla luce, che è calda, o lunare. Talora i corpi si intrecciano, ma da loro sporgono marmi astrali o bronzi intimi. C’è connessione, unità tra le diverse forme d’arte.
 
Ma le opere di Bondi non sono oniriche, per quanto i titoli potrebbero farlo pensare (Obelisco, Testa fra le nuvole, Accordi di luce con scultura…). Le grandi tele di lino su cui l’olio ha reso concrete queste apparizioni vitali, che entrano nel Tempo e vorrebbero dominarlo, essendone talora schiacciate, invece – come Meta fisica – sono un occhio vasto che osserva e dice il compenetrarsi della vita, attraverso il corpo e l’astratto, ossia il marmo e l’olio. Materia inerte ed eterna, la pietra, materia viva, l’olio. Estrinsecazione, forse di spirito e materia. In cerca di un accordo.
 
La pittura di Bondi infatti è alla ricerca dell’unità fra la luce e l’ombra, fra i dissimili. Per questo torna l’immagine di Caravaggio, con le sue cupezze ardite, ma anche i vertici dei manieristi, così fantasiosi e imprevedibili. L’arte di Bondi è imprevedibile. Proprio perché sembra così certa – corpi atletici, fondi chiari o scuri dati a pennellate “tizianesche” – crea immagini spaziali che sanno di vertigine, di “altro”. È in ciò la poesia di Bondi. La sua forma così carica di vitalismo è forse il riflesso di una umanità che giganteggia sullo scorrere del Tempo e pulsa di voglia di esserci e di dominare la materia con uno spirito che è “incarnato”, fatto di vene, di muscoli, di luce che sfonda ogni tenebra.
 
“Moreno Bondi. La luce e l’ombra di Caravaggio nel Contemporaneo”. Roma, Refettorio di Palazzo Venezia. Fino ad aprile 2012 (catalogo Giorgio Mondadori)
 

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