Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano

Il regista Francois Dupeyron firma una pellicola semplice, divertente, che non brilla però di originalità. In un quartiere di Parigi negli anni Sessanta abita l’adolescente Mosè, detto Momo. Dopo l’abbandono della madre, condivide la sua vita con un padre distante e incapace di instaurare un rapporto col figlio. Solo l’affetto delle prostitute che lavorano nella via sotto la sua casa e la preziosa bottega di alimentari dove ogni giorno va a fare la spesa donano al ragazzo un rifugio sicuro. Qui infatti avviene l’incontro con l’anziano proprietario Ibrahim, il quale dimostra di essere il suo unico e fedele amico. Ma il rapporto discepolomaestro, padre-figlio o meglio le avventure di un adolescente e di un anziano è un soggetto abusato nel cinema. Il film non sembra toccare profondamente i temi dell’incontro tra generazioni e culture diverse come ci si aspetterebbe, e il viaggio on the road su una spider verso il paese natale del vecchio e saggio droghiere risulta evasivo e prevedibile. Sebbene la forza della storia stia nell’impatto derivato dall’esplorazione di sentimenti differenti e talvolta contrastanti, il film si affloscia, per colpa di una sceneggiatura incompleta, con Ibrahim che insiste nel ripetere sé stesso e “che tutto quello che sa è presente nel suo Corano”. Momo, poi, ormai cresciuto, non sembra aver tratto giovamento e saggezza dalle parole del suo amico, decidendo di rimanere, dieci anni dopo, nella stessa bottega appartenuta all’amico mussulmano ormai morto. Ed è in grado solo di rinchiudersi nei suoi ricordi, senza dirci cosa ha scelto di essere, divenuto adulto. Ma la vera storia di questo film sta forse nel ritorno di Omar Sharif, che dopo vent’anni rivive davanti la macchina da presa per regalarci una intensa e giocosa interpretazione, forse l’ultima. È proprio l’inaspettata occasione di un attore oramai disilluso e solitario, che decide di donarci i suoi preziosi e rari fiori di una vita passata nel cinema, a rendere il film più piacevole della storia che si narra. L’attore egiziano sullo schermo, più convincente che in altre occasioni, ci sorride con uno dei personaggi che rimangono impressi nella memoria dello spettatore. Regia di Francois Dupeyron; con Omar Sharif e Pierre Boulanger. Matteo Vidoni

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