Mondiali di ciclismo: l’Italia c’è

Cala il sipario sui mondiali di ciclismo e l’Italia, con un bottino di ben 19 medaglie, c’è... E si vede.
Foto EPA/TIL BUERGY

Con l’ennesima impresa dell’immenso Tadej Pogacar si chiudono i mondiali di ciclismo su pista e paraciclismo e l’Italia torna a casa con un bel bottino e la quinta posizione nel medagliere generale.

Tra vecchie certezze…

Una settimana fantastica per l’Italia del ciclismo e paraciclismo che quest’anno, per la prima volta nella storia, ha vissuto il mondiale in contemporanea. La rassegna di Zurigo, infatti, ha avuto come novità assoluta quella di proporre sia ciclismo che paraciclismo insieme, scelta che ha reso ancora più intenso questo mondiale e ha contribuito ad abbattere quelle barriere che, a volte, segnano il confine tra atleti e atleti paralimpici.

Otto giorni magici, quelli dal 21 al 29 settembre, non solo per la novità dei due mondiali insieme, ma anche per i risultati di un’Italia che, seguendo il trend più che positivo delle ultime competizioni, è riuscita anche stavolta a distinguersi con un bottino più che rispettoso di ben 5 medaglie dal ciclismo e 14 dal paraciclismo che la piazzano al quinto posto del medagliere generale.

I protagonisti? Le vecchie certezze da una parte e le nuove promesse dall’altra. Iniziamo da primi. Luca Mazzone, Fabrizio Cornegliani, Luisa Pasini, Filippo Ganna, Elisa Longo Borghini questi solo alcuni dei nomi che ci richiamano ai nostri “porti sicuri”, a quelle medaglie certe di cui aspettiamo solo di vedere di che metallo saranno. E i nostri big azzurri, tra ciclismo e paraciclismo non ci hanno deluso neanche questa volta, portando a casa una carrellata di medaglie.

Partiamo dai metalli leggeri e lasciamo il meglio alla fine: sono di bronzo gli infiniti Luca Mazzone nella prova in linea paraciclismo uomini H2 e Ana Maria Vitelaru nella cronometro individuale paraciclismo donne H5. A fargli compagnia una magnifica Elisa Longo Borghini nella prova in linea femminile élite; la staffetta mista con Edoardo Affini, Mattia Cattaneo, Filippo Ganna, Elisa Longo Borghini, Gaia Realini e Soraya Paladin e, nella prova a cronometro maschile élite, Edoardo Affini che fa compagnia sul podio a Filippo Ganna, secondo, dietro solo al mostro belga Remco Evenepoel.

Oltre all’argento di Ganna, poi, tutti gli altri argenti arrivano dal paraciclismo. Nella cronometro individuale sono d’argento Roberta Amadeo, Luisa Pasini e Giorgio Farroni; nella prova in linea, tra i big a salire sul secondo gradino del podio, ci sono ancora Farroni, la Amadeo e poi Ana Maria Vitelaru e Fabrizio Cornegliani.

E sono ancora i grandi del paraciclismo a portare a casa anche tre delle quattro medaglie d’oro di questi mondiali con ancora degli eterni Luca Mazzone, Fabrizio Cornegliani e Luisa Pasini che si confermano campioni del mondo.

…e nuove promesse

Non solo i grandi di sempre, però, in questi mondiali che, altrimenti, non si sarebbero chiusi con una nota positiva guardando al futuro. «Torniamo a casa con un titolo mondiale, tra gli juniores, che offre diverse chiavi di lettura. – queste le parole del presidente Cordiano Dagnoni – Quest’anno nella categoria juniores abbiamo vinto titoli iridati con atleti diversi, a dimostrazione che il nostro futuro non è affidato ad un singolo corridore, ma alla forza di un movimento. Credo sia la miglior risposta a chi afferma che non ci sono ricambi ai campioni di oggi. Sono certo che tra qualche anno avremo corridori in grado di riempiere quel gap, tra i professionisti, che ci separa attualmente dai più forti».

Oltre alle vecchie certezze, infatti, non sono mancate le nuove promesse dal ciclismo e paraciclismo azzurro. A distinguersi tra tutti, sicuramente la medaglia nella prova in linea paraciclismo uomini MH3 di Martino Pini che, dopo il bronzo a Parigi, scala un ulteriore gradino del podio e porta a casa l’argento e, nel ciclismo, il titolo di campione del mondo maschile juniores di Lorenzo Mark Finn che lo consegna alla storia del ciclismo azzurro. Il genovese classe 2006, infatti, oltre a portare a casa un titolo mondiale, interrompe un tabù che durava da 17 anni, quando Diego Ulissiriuscì nell’impresa di conquistare la maglia iridata di categoria in occasione dell’edizione di Aguascalientes 2007.

E tra le stelle chiudiamo, purtroppo, con una che si è spenta: la ciclista svizzera Muriel Furrer, la ciclista junior diciottenne che è caduta nella gara femminile giovedì e si è spenta in seguito ad un trauma cranico. L’ennesima atleta morta mentre faceva lo sport che ama, l’ennesima stella spenta prima ancora di potersi accendere e che, però, passa in secondo piano, dopo le vittorie, dopo le medaglie. Un’atleta che, forse, poteva ancora essere salvata e poteva ancora splendere se solo si fosse notata la sua assenza, se solo fosse stata soccorsa in tempo. Ma è andata così e speriamo che sia solo l’ultima delle vittime dello sport che amano, delle misure di sicurezza non sempre all’altezza perché Muriel non stava facendo uno sport pericoloso, stava solo pedalando e adesso, sicuramente, sta continuando a farlo, al sicuro, in alto, molto più in alto del mondiale che si è appena concluso, tra le stelle, come lei.

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