Mondanità spirituale. Non lasciamoci rubare il Vangelo! (Evangelii Gaudium 93-97)

La denuncia del pontefice è chiara e ineludibile. È necessario un esame di coscienza per vincere questa «tremenda corruzione con apparenza di bene»
Papa Francesco celebra la messa al cimitero del Verano

Mondanità spirituale. Non lasciamoci rubare il Vangelo! (Evangelii Gaudium 93-97)

 

Alzi la mano, se c’è, chi non si sente interpellato da queste parole dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: «La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana e il benessere personale». Io sì. E chiedo perdono a tutti coloro che hanno subìto, e in parte ancora subiscono, la mia resistenza al Vangelo.

Come in una radiografia il papa descrive questa «oscura mondanità» di chi vuole «dominare lo spazio della Chiesa»: elitarismo intellettuale, rispetto rigoroso delle norme, nostalgia del passato, controllo ossessivo, cura ostentata della liturgia, rigida difesa della dottrina e del prestigio della Chiesa, funzionalismo manageriale, «godimento spurio di un autocompiacimento egocentrico»!

Il papa non si accontenta, però, e incide ancora di più il bisturi nella piaga: ricerca del potere, follia dei «generali di eserciti sconfitti», neo-colonialismo ecclesiastico con «piani apostolici espansionistici», vanità di chi gode parlando di «quello che si dovrebbe fare».

Quindi denuncia ciò che rende impossibile un «autentico dinamismo evangelizzatore»: «Chi è caduto in questa mondanità guarda dall’alto e da lontano, rifiuta la profezia dei fratelli, squalifica chi gli pone domande, fa risaltare continuamente gli errori degli altri ed è ossessionato dall’apparenza (…) non impara dai propri peccati né è autenticamente aperto al perdono».

La mondanità spirituale frena il «reale inserimento del Vangelo nel Popolo di Dio e nei bisogni concreti della storia», provocando la perdita di contatto «con la realtà sofferta del nostro popolo fedele». Essa è priva «del sigillo di Cristo incarnato, crocifisso e risuscitato… non va in cerca dei lontani né delle immense moltitudini assetate di Cristo», dimentica la storia della Chiesa che è «gloriosa in quanto storia di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio, di costanza nel lavoro faticoso».

Come evitarla? «Mettendo la Chiesa in movimento di uscita da sé, di missione centrata in Gesù Cristo, di impegno verso i poveri». Come curarla? «Assaporando l’aria pura dello Spirito Santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un’apparenza religiosa vuota di Dio».

Una signora mi racconta: «Sono sposata da molti anni, ma solo al comune, perché il parroco rifiutò il nulla osta per celebrare il matrimonio nel santuario mariano in cui avevo ricevuto i sacramenti e dove partecipavo ogni domenica alla messa». Potresti farlo ora – le dico – o aspetti che cambi il parroco? «Il parroco è cambiato – replica – però sono testarda e non ci penso più al matrimonio in chiesa». Resto di sasso. Magari la prossima volta ci riprovo, sperando che questa ferita si possa dolcemente rimarginare.

Grazie, papa Francesco, perché ci stai accompagnando in un onesto e necessario esame di coscienza per vincere questa «tremenda corruzione con apparenza di bene». La nuova evangelizzazione e la gioia della missione nascerà dalla semplicità di cuore dei credenti e delle comunità ecclesiali che sapranno valutare criticamente la pastorale degli ultimi decenni, riconoscere i propri errori e finalmente voltare pagina.

Paolo Monaco
gesuita, redattore di “Unità e Carismi”

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