I molti dubbi dell’accordo Usa-Cina

Nonostante i commenti entusiastici di Trump, in Cina l’accordo è stato visto come una tregua in una lotta di lunga durata con gli Usa
AP Photo/Evan Vucci

Per cercare di capire quale possa essere il vero senso  dell’accordo concluso tra Cina e Stati Uniti il 15 gennaio si può partire dalle reazioni alla sua firma.

Da una parte si registra l’entusiasmo di Trump che, sull’onda dell’evento, ha parlato di grande vittoria, di accordo straordinario, storico; dall’altra, invece, i mercati si sono mostrati abbastanza tiepidi, mentre i cinesi  hanno mostrato un certo distacco.

Cosa ne viene agli Stati Uniti

La reazione di Trump sembra avere delle motivazioni soprattutto di tipo elettoralistico, perché quello che egli ha ottenuto sembra abbastanza poco. Intanto si può dire che, per effetto delle tariffe imposte alla Cina, nell’ultimo periodo la produzione industriale Usa è rallentata, mentre i consumatori e molte imprese hanno dovuto registrare dei danni. Certo, ora l’accordo aumenta le speranze che almeno nel prossimo futuro le cose non peggiorino.

Come sottolinea anche un recente articolo del Financial Times, se volgiamo lo sguardo alla imperiose e persino oltraggiose richieste fatte dagli Stati Uniti al Paese asiatico al momento dell’apertura delle ostilità, nel maggio del 2018,  si resta sconcertati rispetto a quanto essi hanno ottenuto dopo quasi due anni .

Intanto si chiedeva allora alla Cina di ridurre di 200 miliardi di dollari all’anno il suo surplus con gli Usa; ora invece ci si accontenta che il Paese asiatico acquisti 200 miliardi in più di merci statunitensi in due anni. In realtà, poi, molti hanno sottolineato come si tratti di un obiettivo del tutto irrealistico e come i conti alla fine saranno ovviamente meno positivi.

In cambio, Trump si impegna a sospendere gli aumenti minacciati dei dazi sulle importazioni cinesi, riducendo anche alcuni di quelli già in vigore.

Ma poi nel 2018 si pretendeva che, in sostanza, la Cina cambiasse il suo modello di sviluppo, praticamente cancellando l’intervento pubblico in economia;  si chiedeva, tra l’altro, la cancellazione dei sussidi e di altri tipi di sostegno pubblico, mentre  si accusava il Paese asiatico di  sponsorizzare  il furto delle tecnologie Usa. Di questi temi però il nuovo documento di fatto non parla e tutto è rimandato a negoziati futuri.

Certo, qualche danno le manovre di Trump in questo periodo lo hanno portato. Le esportazioni cinesi negli Stati Uniti si sono ridotte di circa il 10%, ma il vuoto è stato peraltro colmato da quelle di altri Paesi (Vietnam, Tailandia, Indonesia, magari poi, in parte, da aziende cinesi impiantate in loco), mentre i produttori cinesi hanno spinto su altri mercati, oltre che sul proprio.

Inoltre una qualche svalutazione dello yuan ha contribuito ad attenuare i problemi. Alla fine le esportazioni cinesi sono ancora aumentate, sia pure di poco, nel 2019. L’economia cinese, oltre quella mondiale, ha avuto dei danni  soprattutto di tipo psicologico, di incertezza nelle previsioni, che ha portato qualche cautela nei programmi di sviluppo.

Il nuovo documento promette un generico migliore controllo della proprietà intellettuale e delle tecnologie delle imprese, nonché un maggiore accesso in Cina per i servizi finanziari Usa e la promessa da parte di Pechino di evitare interventi sul renminbi. Ma si tratta di cose che la Cina sta già portando avanti da parecchio tempo, anche perché giudicate favorevoli al Paese nell’odierna fase di sviluppo.

In Cina domina la prudenza. L’accordo è visto come una tregua in una lotta di lunga durata con gli Usa; in se stesso, esso non regola nessuna delle questioni di fondo. Si sottolinea, nella sostanza, sia la modestia del risultato, sia il rischio che magari tra qualche settimana Trump ricominci la sua offensiva. In ogni caso, come commenta anche il New York Times, quando la polvere sollevata dalla questione si sarà depositata, la Cina potrebbe finire per essere il Paese vincitore nell’affare.

Il ruolo dell’Unione Europea

L’accordo danneggerà Paesi quali il Brasile, l’Argentina, l’Australia nonché l’Unione Europea. Non a caso il Commissario UE al commercio ha parlato di commercio manipolato, minacciando il ricorso all’OMC.

Ciononostante, in questi giorni la stessa UE ha firmato, insieme agli Stati Uniti e al Giappone, un documento che chiede all’OMC di rafforzare le regole contro i sussidi pubblici alle imprese. In sostanza, si vorrebbe di nuovo che la Cina cambi il suo modello di sviluppo centrato su un forte intervento pubblico. L’episodio mostra soltanto, ancora una volta, la subordinazione dell’Unione alla volontà degli Usa.

Nonostante tale prova di servilismo, molti si chiedono se gli stessi Stati Uniti, risolti per il momento i problemi con la Cina, non si rivolgano ora contro l’UE (auto, alimentari), come minacciato dallo stesso Trump.

Il fronte tecnologico

Ma l’area più importante del confronto tra i due Paesi resta quella  tecnologica. Gli americani, in maniera pressoché unanime, guardano con  preoccupazione alla impetuosa crescita del Paese asiatico su tale  fronte e vorrebbero in qualche modo fermarla prima che la Cina assuma la leadership globale nel settore, cosa che appare allo stato dei fatti abbastanza plausibile.

Come è noto, al centro della contesa c’è la questione Huawei. La società cinese  è da tempo il produttore dominante nelle nuove tecnologie di telecomunicazione, asse centrale dello sviluppo in atto dell’economia digitale. Nell’accordo siglato non c’è cenno all’azienda che Trump cerca da tempo di ostacolare.

Ma gli attuali vincoli del presidente Usa, mentre  pongono nel breve termine delle difficoltà che potrebbero essere anche importanti per la società cinese, stanno spingendo la stessa, ma anche molte altre società nel settore tecnologico, e non solo del Paese asiatico, a diversificare le loro fonti di approvvigionamento e spingere sull’innovazione  interna. Questo dovrebbe portare paradossalmente il Paese a essere sempre più autonomo dagli Usa.

Conclusioni

Alla fine, nella sostanza, mentre si può pensare che il contenzioso Usa-Cina non si fermi certo a questo punto, si può anche valutare che gli sforzi di Trump per mettere in difficoltà l’economia cinese non abbiano grandi prospettive  di successo. In ogni caso, al massimo, come commentava il cinese Global Times, il futuro appare a questo punto imprevedibile.

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