Modigliani art experience

Sogni, immagini, suoni, musiche e suggestioni presentate da Francesco Poli al Mudec, dal 20 giugno al 4 novembre 2018.

In Modigliani Art Experience, Modigliani viene rappresentato da Francesco Poli attraverso un flusso ininterrotto, dalle pareti al pavimento, di sogni, immagini, suoni, musiche, suggestioni che evoca la Parigi Montparnasse di Brancusi, Picasso e l’esistenza dissipata del genio bohémien, associato nell’immaginario del XIX a gitani vagabondi, al di fuori delle convenzioni della società, disinteressati all’opinione altrui.

La Carmen è il primo accenno bohéme del 1875, amato da artisti e poeti che si rivolgono ai bassifondi e alle classi dei quartieri gitani, in Francia considerati originari della Boemia, nella Repubblica Ceca. Quello che lega i montparnos è il senso di precarietà dell’esistere, che trae origine dalla condizione di esiliati – dall’Italia l’ebreo Modigliani, dalla Russia Chagall, dalla Romania Brancusi, dalla Lituania Soutine –, dal dramma e dalla contingenza storica che li libera dall’appartenere ad una particolare corrente artistica che si sviluppi in quegli anni.

L’amico Vlaminck osserva: «L’ho conosciuto bene Modigliani! L’ho conosciuto quando aveva fame. L’ho visto ubriaco. L’ho visto con un po’ di soldi. Mai l’ho visto mancare di grandezza e di generosità, mai l’ho visto dare il minimo segno di bassezza. Mai l’ho visto irritato, infuriato, perché la potenza del denaro, che lui tanto disprezzava, si opponeva alla sua volontà, al suo orgoglio».

Modigliani sta male, ma nessuno lo sente mai lamentarsi per la tubercolosi che lo consuma, neanche Jeanne Hébuteren, la cui diafana fragilità protegge con un silenzio assoluto. Nel 1914 ha inizio il dolore, l’impossibilità di scolpire per la malattia e l’immane sforzo della tecnica “a levare”, reinventata dopo la purezza di Michelangelo, l’arte africana, i primitivi italiani del 1300. Dal 1909 lavora la pietra con Brancusi, il rumeno venuto a piedi da Bucarest, e approfondisce la ricerca del valore espressivo della linea.

Modigliani procede verso la semplificazione sempre più evidente della forma e del disegno e la solenne ieraticità. «La vocazione del giovane Amedeo, appena uscito dall’ infanzia e nato all’arte – osserva a ritroso la figlia –, è proprio la scultura». Qui la tragedia. Modigliani rinuncia alla sua vocazione. Lo trovano svenuto ai piedi delle sue sculture dalla fatica. I suoi quadri portano il dramma di questo desiderio irrealizzato, sono sculture in tela.

Le forme pure, i corpi dalle membra allungate ricordano le teste scolpite tra il 1906 e il 1913, la solenne ieraticità e simmetria che Modigliani respira al Musée d’ ethnographie du Trocadéro, tra le maschere Fang, Yaure, Baulé. Critica lo stile di Rodin e il suo eccesso di “modellato”, la scelta della creta. Modigliani e Brancusi preferiscono la “scultura su pietra”, la scultura delle essenze e dei tipi psicologici, ognuno irriducibilmente diverso dall’altro, amici e compagni personalmente frequentati dall’artista.

Gli occhi privi di pupille non significano “assenza”, bensì alludono allo sguardo interiore. A Survage che interroga l’artista sul perché nel ritratto gli abbia dipinto un solo occhio, Modigliani risponde: «Perché con uno guardi il mondo; con l’altro guardi dentro di te».

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