Mine vaganti

Esce il 12 marzo il nuovo film di Ferzan Ozpetek. Il tema della libertà di essere felici fa da fondo a quest'opera corale, resa con realismo sincero.
mine vaganti

Ancora un mélo per Ferzan Ozpetek. Questa volta si svolge a Lecce, città che egli, giustamente innamorato della sua luce, fotografa in tutto il suo calore. Protagonista, ancora una volta, un gruppo familiare. Un padre severo e dalla mentalità mediterranea (Ennio Fantastichini) – moglie, amante, figli rigorosamente maschi –, una moglie che vede tutto ma sopporta (Lunetta Savino), una nonna fuori schema (Ilaria Occhini), poi l’azienda familiare, un pastificio, e ovviamente la servitù. In più il piccolo mondo pettegolo della provincia, un autentico personaggio della vicenda.

 

Fin qui, tutto nella norma. Ma da Roma arriva il figlio Tommaso (Riccardo Scamarcio), gay di nascosto, come lo è il fratello Antonio (Alessandro Preziosi). Quest’ultimo svelerà la propria omosessualità durante un pranzo familiare, scatenando la reazione del padre. Tommaso intanto è guardato con simpatia, e forse qualcosa in più, da una conterranea un poco misteriosa, Alba (Nicole Grimaudo). Le cose, già complesse, si complicano con l’arrivo inaspettato degli amici gay di Tommaso da Roma…Insomma, ognuno dei personaggi diventa per l’altro una “mina vagante” che lo obbliga ad uscire dall’ipocrisia e ad accettare la diversità.

 

Ozpetek rimette in pista argomenti già affrontati nei lavori precedenti, ma con un risvolto autobiografico maggiore, se è vero, come pare, che nel rapporto dei figli col padre si adombra quello suo, personale, col proprio genitore, tanto la cosa è resa con realismo sincero.

 

Il film alterna momenti umoristici ad altri patetici, come è nello stile del regista, che dirige bene gli attori e le attrici, in particolare una perfetta Ilaria Occhini. Scende nell’ovvio in alcune scene (la danza degli amici di Tommaso sulla spiaggia) che sanno di macchiettistico o nell’abusato “bacio gay” ; affronta molti argomenti, ma ancora non graffia, come potrebbe.

 

Il tema di fondo è certo quello della libertà di essere felici, esemplificato più che dall’argomento omosessualità, già noto, dalla figura della nonna: la sua morte melodrammatica ma autentica è, forse, il momento più vero di questo film corale. In un prossimo futuro, sarebbe auspicabile per il regista concentrare lo sguardo su altre tematiche, più ampie e anche dolenti, senza paura di scendere in profondità.

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