Minacce alla pace in Filippine e Afghanistan

7 giorni, 7 notizie: un fungo minaccia le banane; chiude Abu Ghraib; dialogo in Venezuela; pacificazione nella Penisola araba; violenze a Basilan; brogli a Kabul; palestinesi e Shoah
Afghanistan

Mercoledì 16 aprile: allarme banane
Si chiama “malattia di Panama” – o Fusarium wilt – il fungo parassita che ha contaminato intere piantagioni in Asia, Africa e Medio Oriente. Il timore espresso dalla Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, è che il fungo rapidamente arrivi anche in America Latina e nei Caraibi, principali produttori di banane al mondo. Il problema è duplice, come si può ben intuire: da una parte è l’equilibrio nutrizionale delle regioni colpite (si mangiano banane come il pane) che fa paura, dall’altro è il riflesso sul commercio di questi Paesi e sull’influenza sul Pil di decine di diverse nazioni produttrici. Non esiste cura e il fungo può sopravvivere 30 anni: quindi per il momento c’è spazio solo per la prevenzione.

Giovedì 17 aprile: chiude Abu Ghraib
Finalmente il ministro della Giustizia iracheno ha decretato la chiusura di uno dei luoghi più tristi legati all’azione in Iraq degli Stati Uniti con i suoi alleati, nel 2003. Si tratta del carcere di Abu Ghraib, che ancora contiene 2400 detenuti, teatro di torture e abusi sui detenuti prima da parte di Saddam Hussein e delle sue milizie, poi degli stessi statunitensi. 32 chilometri da Baghdad, 115 ettari, 24 torri di guardia: la prigione verrà svuotata per motivi di sicurezza, visto che il luogo appare sempre più nel mirino dei terroristi.

Venerdì 18 aprile: Venezuela, si dialoga
Le trattative tra il governo del presidente Maduro e le opposizioni sono giunte al loro secondo appuntamento. Nulla di particolarmente risolutivo, ma le parti continuano a parlarsi. Brasile, Colombia ed Ecuador sono promotori del dialogo, dopo mesi di disordini, 41 morti e più di seicento feriti, mentre il degrado economico del Paese pare giunto a un punto di non ritorno. Grande peso viene dato, nei fatti, alla mediazione della Santa Sede, in particolare del suo nunzio, mons. Aldo Giordano. Che cerca di tenere assieme un dialogo apparentemente impossibile.

Sabato 19 aprile: ricucitura nella Penisola araba
Il Qatar da qualche tempo ha alzato la cresta. La piccola penisola che si erge nel Golfo Persico dalla più grande Penisola araba, forte di una ricchissima dotazione di fondi sovrani, attivissima in campo immobiliare e nell’acquisizione di partecipazioni azionarie in aziende europee e statunitensi, da qualche tempo fa cavaliere solo rispetto ai suoi vicini della Penisola. Così sul dossier siriano, così su quello egiziano, con un parallelismo notevole nei confronti della politica estera Usa. Il 5 marzo Arabia Saudita, Emirati e Bahrein avevano ritirato i loro ambasciatori accusando il Qatar di ingerenze nei loro affari interni. Ora la riconciliazione, i cui termini non sono ancora noti.

Domenica 20 aprile: pace difficile nelle Filippine
A Basilan, isola meridionale dell’arcipelago filippino, sono ripresi i violenti scontri tra le forze governative e i guerriglieri del Fronte islamico di liberazione Moro (Milf). L’accordo di pace, siglato il 27 marzo scorso, prevedeva la creazione di una zona autonoma musulmana nel sud dell’isola di Mindanao, il disarmo dei guerriglieri ed elezioni regionali per un Parlamento autonomo. Tutto sembra ora rimesso in questione, anche perché non pochi a Manila criticano l’accordo, stipulato con un gruppo che ha legami ideologici e parentali con il gruppo qaedista di Abu Sayyaf.

Lunedì 21 aprile: le schede perse dell’Afghanistan
Dopo le elezioni presidenziali del 5 aprile, il caos sembra regnare negli organismi statali deputati alla divulgazione dei risultati elettorali. Le accuse di brogli e di irregolarità procedurali si accavallano con i primi risultati che trapelano dalle maglie della complessa burocrazia afghana. La competizione, che sembra ormai riguardare solo l’ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani (32 per cento delle preferenze) e l’ex ministro degli Esteri Abdulla Abdullah (44 per cento), pare dover continuare a lungo. Dopo tredici anni di presidenza Karzai, la situazione rischia di diventare ancora più caotica di quanto non lo fosse prima delle elezioni.

Martedì 22 aprile: Abu Mazen e la Shoah
Grandi speranze si accendono in Israele per il messaggio che il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, starebbe per indirizzare ai vicini israeliani in occasione della Giornata della memoria della Shoah, che sarà celebrata il 28 aprile prossimo. Il giornale israeliano progressista Haaretz, sembra, è venuto a conoscenza del progetto. E tutto ciò dopo che una trentina di universitari palestinesi hanno fatto visita ad Auschwitz.

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