Mike Bongiorno

Adesso hanno cominciato a tirarlo per la giacca. C’è chi lo ha candidato alla presidenza della Rai, chi al ruolo di senatore a vita. E poi c’è chi lo ha insignito dell’onorificenza di Grande Ufficiale per aver segnato la storia della televisione italiana accompagnandola dalla sua nascita ad oggi in modo sobrio, pulito, eccellente e per aver donato momenti di allegria e serenità . È innegabile che Mike Bongiorno sia un pezzo della nostra storia. Da quando la tv esiste, lui c’è. E mentre la tv in Italia celebra le sue 50 candeline, lui compie ottanta anni e in molti ne hanno celebrato la professionalità e il mezzo secolo di carriera. Fu Umberto Eco nel 1961, in uno dei suoi primi saggi (l’inarrivabile Fenomenologia di Mike Bongiorno) a svelare con arguzia e chiarezza il successo di Mister quiz. E il simbolo dell’everyman, dell’uomo di tutti i giorni, scriveva Eco, non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Quando la tv creò Mike Bongiorno non si dimenticò di mettergli accanto una compagna di vita, la valletta. Da Sabina Ciuffini a Paola Barale sono tante ad aver conosciuto la popolarità grazie a quel ruolo ereditato oggi da veline, letterine, schedine e similia. Simpatiche e spigliate, soprattutto belle e poco loquaci, un po’ lolite un po’ segretarie del capoufficio. Non va forse messo in attivo nel bilancio di una carriera del buon Mike l’aver inventato la donna tappezzeria del piccolo schermo, decorativa e involontaria spalla di tante finte gaffe e pruriginosi doppi sensi. Altrettanto forse si può dire dell’esser stato il capo- stipite della tv dell’aiutino, della risposta che vale miliardi quasi senza sforzo, delle telepromozioni di prosciutti e materassi che hanno solleticato per generazioni il consumismo delle massaie. E nessuno, si è detto spesso, è stato convincente e ricercato come lui per spingere le italiane nelle braccia degli inserzionisti pubblicitari. Con quel nome americano e l’inglese fluente ha rappresentato la continuità con gli Stati Uniti della liberazione. Andate via le truppe, Mike ha perpetrato i miti, le mode, i tic, i vizi e le virtù dell’America, ereditandone e adattandone i format televisivi. È rimasto simile a sé stesso a dispetto degli anni trascorsi e per questo è stato presenza rassicurante. Da Rischiatutto a Lascia o raddoppia, dalla Ruota della fortuna fino all’ultimo Genius, ha riproposto con poche varianti lo stesso show. Un unico grande spettacolo passato di generazione e generazione, cambiato solo nel crescere dei montepremi. È stato uno dei primi a creare lo star system della porta accanto. Quando il quiz di Mike non aveva concorrenti era prassi cominciare la puntata del giovedì con la classica domanda: ma l’hanno riconosciuta al paese?. La gente comune andava in tv, tornava a casa con tanti soldi in tasca e una celebrità da spendersi per strada, firmando autografi e diventando famoso per un giorno, un po’ come i grandi fratellini di oggi. Ma a Bongiorno, vanno riconosciuti anche alcuni meriti. Non pochi. Grazie alle sue trasmissioni molti italiani hanno cominciato a prendere familiarità con la lingua di Dante e sono stati stimolati a costruirsi una cultura di base, seppur nozionistica e da parole crociate. I suoi programmi nella preistoria della Rai sono stati relax e gioco per gruppi e comunità che nel quiz trovavano un motivo per stare insieme divertendosi. Spettacolo realmente popolare che non si è mai vergognato di esserlo. Anche per questo c’è da stappare lo spumante con lui per gli 80 anni. Allegria!

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