Migranti tra Italia, Francia e Ue

Attrito tra il governo francese e quello italiano che vuole mostrare i muscoli. Ma la Convenzione internazionale delle Nazioni unite sul diritto del mare parla chiaro
(AP Photo/Massimo Di Nonno)

A piccoli passi. Episodio dopo episodio. Ogni vicenda con un racconto diverso ed un unico filo conduttore: la nuova “linea dura” del governo Meloni sui migranti, la decisione di non accogliere i migranti che si trovano a bordo delle Ong che li hanno tratti in salvo nel Mediterraneo.

Sarebbe solo un racconto di episodi se non fosse che ognuno di essi racconta la storia di esseri umani. Colpevoli di essere saliti a bordo di un peschereccio forse nel momento sbagliato della storia.

Raccontiamo un episodio: il più eclatante. La nave Ocean Viking, battente bandiera norvegese (ma di proprietà della Ong francese Sos Mediterranee), si dirige verso i porti della Francia. Navigherà verso la Corsica e potrebbe raggiungere Marsiglia. La Francia accoglierà i migranti, ma le distanze tra Francia e Italia si accentuano.

Un colloquio serale tra la presidente del consiglio, Giorgia Meloni e il presidente francese Emmanuel Macron. Ma le posizioni sono rimaste distanti., anche in un momento successivo, quando il contatto ha riguardato i due ministri dell’Interno, Matteo Piantedosi e Gèraldo Darmanin.

Piantedosi è categorico, ha ribadito di non voler ricevere lezioni da nessuno. Il portavoce del governo francese Oliver Véran, ha invece affermato che «l’attuale atteggiamento del governo italiano, e in particolare le dichiarazioni e il rifiuto di far attraccare questa barca è inaccettabile».

E da Oltralpe si invita l’Italia a svolgere il proprio ruolo e a mantenere gli impegni, quelli che sono previsti dalla Convenzione di Dublino di Dublino, visto che, peraltro, l’Europa ha previsto ingenti aiuti economici per l’Italia che accoglie i migranti.

Contestata anche l’affermazione del ministro Piantedosi secondo cui le navi dovrebbero sbarcare non in Italia, ma raggiungere i rispettivi stati di provenienza e quindi portare i migranti nei pasi di cui battono bandiera. Ma il Regolamento di Dublino non prevederebbe questo: l’appartenenza del migrante allo stato in cui approda si applicherebbe solo dal momento in cui un migrante mette piede sulla terraferma, non si applicherebbe in mare. La questione, quindi, si sposata sul piano giuridico e sul livello delle argomentazioni normative.

La Convenzione internazionale delle Nazioni unite sul diritto del mare prevede espressamente, all’articolo 98 il dovere di «prestare assistenza a qualsiasi persona trovata in mare»: una norma che invece l’Italia sta disattendendo, con la scelta di attuare il cosiddetto «sbarco selettivo» e di permettere lo sbarco solo di donne, minori non accompagnati e fragili. Tutti gli altri dovrebbero restare a bordo e non viene dato il permesso di sbarcare.

Nella giornata di ieri si era sbloccata la situazione della Humanity1 e della Geo Barents di Medici senza Frontiere. Il governo italiano ha dato il via libera e tutti sono scesi. Gli altri 89 della Rise Above sono stati fatti scendere a Reggio Calabria.

L’impressione è che il governo italiano voglia mostrare i muscoli e ottenere attenzione da parte dell’Europa senza però giungere alle situazioni estreme del 2019, alla decisione dei cosiddetti «porti chiusi» che portarono anche a pesanti strascichi giudiziari.

La questione del ricollocamento resta uno dei nodi più spinosi. Su questo tema non c’è accordo tra gli Stati ed è per questo che anche una eventuale revisione della Convenzione di Dublino fatica a andare in porto.

Sullo sfondo i ripetuti appelli di papa Francesco all’Europa perché collegialmente si faccia carico dei migranti e dei loro approdi. Perché L’Italia non deve smarrire la sua umanità, ma l’Italia non può essere lasciata sola.

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