Migranti, cresce la preoccupazione in Friuli Venezia Giulia

Sono stati oltre 14 mila gli arrivi da gennaio ad agosto, con una crescita significativa. E mentre la Giunta regionale punta alla creazione di un nuovo hotspot, le opposizioni denunciano come i sindaci vengano lasciati a sé stessi nella gestione del fenomeno.
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Nella foto: Area di confine in Provincia di Trieste, la marcia lungo sentieri del Carso di un gruppo di clandestini provenienti dalla rotta balcanica. Foto Mauro Scrobogna /LaPresse.

Non saranno i numeri di Lampedusa, ma sono comunque tali da giustificare preoccupazione: parliamo dei 14 mila migranti che dalla rotta balcanica sono arrivati nei primi otto mesi dell’anno in Friuli Venezia Giulia, stando ai dati comunicati dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nella sua informativa alla Camera il 13 settembre scorso. Numeri in crescita, che hanno fatto sì che, nonostante i trasferimenti verso altre Regioni, siano circa 5 mila (non ci sono in proposito cifre ufficiali) quelli rimasti in Friuli Venezia Giulia. Poco consola il fatto che, sempre nelle dichiarazioni del ministro, siano stati poco meno di 2 mila quelli respinti alla frontiera slovena: è cosa nota ormai da anni come tale pratica sia stata contestata come non conforme al diritto internazionale, e a quale triste destino vadano spesso incontro coloro che si ritrovano rimpallati da un capo all’altro dei Balcani.

Se Trieste – dove si è recato in visita proprio Piantedosi a inizio settembre – è la città più interessata dai flussi di passaggio per ragioni geografiche, anche tutto il resto della fascia di confine – e quindi il goriziano e parte dell’udinese – è parte del fenomeno; compresa Udine stessa, dove il 18 settembre scorso c’è stata una manifestazione davanti alla questura per dire no al mantenimento di realtà come l’ex caserma Cavarzerani – centro arrivato ad ospitare anche quasi il doppio delle 350 persone previste – e la situazione di scarsa chiarezza in cui si trovano anche alcuni centri per minori non accompagnati – come quello gestito dalla cooperativa Aedis, dove si sono registrate problematiche di sicurezza pubblica sia per liti violente esplose tra gli ospiti che per atti di vandalismo compiuti da ignoti contro il centro stesso.

La presenza di hotspot è infatti uno dei temi caldi, e non solo per l’annosa questione del Cara di Gradisca d’Isonzo (che dispone ufficialmente di 303 posti): nei mesi scorsi è infatti stata prospettata la creazione di un nuovo centro nell’ex caserma Lago di Jalmicco, piccola frazione di Palmanova. Un’eventualità che ha registrato una vera e propria levata di scudi sia per l’impatto che la cosa avrebbe su una realtà di meno di duemila abitanti, sia per il temuto impatto negativo sui flussi turistici (che a dire il vero ancora stentano a decollare in tutto il loro potenziale) nella città stellata patrimonio Unesco. Più in generale, la questione è quella che da sempre accompagna la questione immigrazione: gli hotspot nessuno li vuole, e pur esistenti timidi tentativi di accoglienza diffusa portati avanti in particolare per i minori, sono – denuncia l’opposizione Civica Fvg in consiglio regionale – «lasciati alla gestione dei piccoli comuni sul Carso che non hanno la competenza per trattare questioni così delicate, abbandonando di fatto i sindaci».

L’amministrazione regionale prosegue comunque sulla linea dell’hotspot (da cui poi espellere chi non ha titolo per ricevere asilo) in antitesi all’accoglienza diffusa; con l’assessore regionale all’Immigrazione, Pierpaolo Roberti, che ha affermato che «in Friuli Venezia Giulia abbiamo bisogno dell’hotspot per migranti. Sarà una struttura da 250 posti sulla cui localizzazione non ne so nulla», se non che sarà in «una località a bassissima densità abitativa, facilmente perimetrabile e sorvegliabile».

In tutto questo si inseriscono gli ultimi inasprimenti in tema immigrazione prospettati dal Consiglio dei ministri del 18 settembre: «Aspetto di leggere le norme nelle loro specificità, prima di esprimermi nel dettaglio – ha affermato al Messaggero Veneto il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga – così come il decreto atteso la prossima settimana sui minori stranieri non accompagnati, ma una stretta in materia è la strada giusta». Il M5S regionale, da parte sua, ha diffuso con una nota in cui afferma che «sul fronte immigrazione il nostro territorio rischia di trasformarsi in una seconda Lampedusa […]. L’annuncio poi di militarizzare la gestione e il trattenimento fino a 18 mesi nei centri di raccolta preannuncia uno scenario ancora più preoccupante e ingestibile. In Fvg abbiamo già quote elevate di immigrati richiedenti asilo e mancano strutture di accoglienza centralizzate che non sono la soluzione. Siamo a fianco dei sindaci già impegnati e preoccupati per la gestione dei minori e sollecitiamo nuovi interventi anche economici proprio per le mutate situazioni di arrivi sempre in aumento».

Il timore è che il trattenimento fino a 18 mesi congestioni ancora di più il sistema di accoglienza, con un conseguente aumento di persone lasciate di fatto a sé stesse in strada: situazione già sperimentata particolare a Udine e Trieste, città dove più facilmente vanno a concentrarsi i migranti di passaggio nel tentativo di proseguire verso nord.

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