Migranti, accoglienza e rischi sanitari

Umbria, Puglia, Sicilia. Alcune regioni sono alle prese con i casi delle persone migranti, posti in quarantena, che fuggono dalle strutture. Con il rischio di vanificare gli sforzi dei mesi di chiusura. Il caso di Porto Empedocle con la nave “zona rossa” che allontana i turisti. Parla la sindaco: «chiediamo un maggiore controllo del Canale di Sicilia e strutture adeguate e sicure per accogliere chi sbarca»  
Migranti, Giuseppe Caruana/LaPresse

Migranti in fuga da Gualdo Cattaneo, in Umbria. Sono gli ultimi arrivati dei numerosi sbarchi sulle coste siciliane. Erano arrivati da Agrigento, dove erano sbarcati con gli ultimi approdi a Lampedusa. Dall’isola delle Pelagie il trasferimento a Porto Empedocle e, da qui, verso altre regioni italiane. Giovedì sera 25 tunisini sono stati trasferiti a Gualdo Cattaneo, due giorni dopo 23 di loro sono scappati.

Erano stati alloggiati all’interno di un agriturismo gestito da una cooperativa sociale. Erano in quarantena preventiva, erano stati sottoposti a test sierologico, non sono emersi finora pericoli di contagio, ma la preoccupazione resta. Le ricerche sono proseguite per tutta la notte. Alcuni di loro sono stati poi rintracciati.

Il deputato della Lega Virginio Caparvi, ha reso pubblica la notizia spiegano che «dei 23 immigrati giunti giovedì, senza che il, sindaco venisse avvisato, 23 sono scappati. Non si trovano ed hanno violato la quarantena a cui erano stati sottoposti».

Il sindaco di Gualdo, Enrico Valentini, ha espresso preoccupazione, lamentando il fatto che i sindaci non siano coinvolti nei processi decisionali che riguardano i territori. «Ho espresso poi telefonicamente il mio dissenso, per la mancanza di condivisione della scelta e per il preavviso troppo breve. Poi ho chiesto ufficialmente al ministero informazioni, di cui ancora non sono in possesso, sulle generalità dei migranti. L’ente locale deve fare parte del processo, questo è l’importante».

Altri venti migranti provenienti da Lampedusa sono scappati dall’hotspot di Taranto. Altri sono stati bloccati dagli agenti di polizia mentre tentavano di allontanarsi. Nell’era del Covid-19 anche gli arrivi dei migranti rischiano di provocare delle preoccupazioni sanitarie. E si palesa la necessità che la gestione dell’emergenza tenga nel debito conto le esigenze sanitarie.

Preoccupazione in Sicilia perché l’isola, ancora una volta, è la frontiera dell’Europa. A Comiso, si trova uno dei centri di accoglienza attivati da qualche settimana. Si trova nell’ex azienda “Don Pietro”. Due mesi fa i primi arrivi e le preoccupazioni espresse dal sindaco, Maria Rita Schembari. La settimana scorsa alcuni migranti sono scappati.

Il deputato regionale Giorgio Assenza ha presentato  un’interrogazione all’Assemblea regionale siciliana: «Le frequenti fughe, verificatesi anche in pieno lockdown, dalle strutture di accoglienza nel Ragusano e, in particolare dalla ex azienda San Pietro, non adatta ad accogliere profughi, sommate alla presenza di molti positivi, comunque a contatto con gli altri non colpiti dal virus, ci inducono a una riflessione composita. Innanzitutto che non possiamo proprio sentircela di vanificare l’ottima politica di prevenzione anti Covid messa in atto dal governo regionale, con risultati tranquillizzanti come in non molte altre regioni italiane anche grazie alla collaborazione responsabile dei siciliani».

La struttura di Comiso (territorialmente ricadente su Ragusa) ospita, in questo momento, anche 19 pakistani che sono risultati positivi al Covid. I residenti sono preoccupati. La sindaco, Maria Rita Schembari spiega che «i 19 immigrati risultati positivi al Covid sono tutti di origine pakistana e che sono assolutamente isolati in un ambiente della struttura ad essi destinato appositamente. Tutti gli altri provenienti dal medesimo stato e con il medesimo mezzo di trasporto, sono in quarantena in attesa degli esiti dei tamponi. Queste, naturalmente, sono le prescrizioni messe in campo dalle autorità sanitarie e che si attivano in attesa che tutti vengano trasportati, si presume in breve tempo, al Celio di Roma».

Gli sbarchi si concentrano soprattutto su Pozzallo, Lampedusa e Porto Empedocle. In quest’ultima cittadina arrivano i traghetti da Lampedusa Alcune comunità stanno pagando un prezzo pesante. Porto Empedocle è tra questi. Qui si trova anche la nave Moby Zaza dove circa duecento migranti sono in quarantena. Da una nave è più difficile fuggire, la quarantena è più sicura.

Ma a Porto Empedocle c’è anche una tensostruttura al porto ed un albergo che ospita migranti. Altri sono in una ex struttura ricettiva di Siculiana, a pochi chilometri. «La mia città sta pagando un prezzo pesante – spiega la sindaco, Ida Carmina – la popolazione è preoccupata e chiede di essere tutelata da un punto di vista sanitario. Oltre ai migranti che si allontanano dai centri di accoglienza, c’è anche il problema degli sbarchi fantasma. C’è un problema di sicurezza (quattro poliziotti sono rimasti feriti) e c’è anche un grosso problema economico. La mia cittadina stava provando a ripartire, dopo il lockdown. Gli alberghi ed i ristoranti avevano riaperto. Ma ora viene individuata come “zona rossa”, anche se “zona rossa” è solamente la nave e sono arrivate tantissime disdette. Gli alberghi restano vuoti. Chi ha dato fondo agli ultimi risparmi per far ripartire l’attività non sa come fare. Una cittadina come la nostra vive soprattutto di turismo».

Ida Carmina ha promosso una lettera appello che è stata firmata da tutti i sindaci dell’agrigentino. «Abbiamo chiesto al presidente Conte di venire ed alla ministra Lamorgese di venire e di constatare di persona. «Non abbiamo mai messo in dubbio l’accoglienza – aggiunge – ma deve essere coniugata con l’esigenza sanitaria e non deve distruggere l’economia di un territorio. Chiediamo due cose: un maggiore controllo del Canale di Sicilia e strutture adeguate e sicure per accogliere chi sbarca. Negli hotspot la vigilanza è più semplice. Altre case o alberghi sono più difficile da vigilare».

Di più: gli ultimi sbarchi sono composti soprattutto da tunisini, forse un percorso diverso rispetto a quello della Libia. Un fenomeno che deve far riflettere.

 

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