Mi si è ristretta la casa

Qualcuno l’ha definito il fenomeno dello spezzatino immobiliare. Sarebbe quella capacità, abbastanza sviluppata negli italiani a quanto sembra, di ritagliare, ristrutturare, trasformare un’abitazione. Da una a due, tre case… il prodigio è compiuto, complice la parcellizzazione dei nuclei familiari con l’aumento dei single, degli anziani rimasti soli o dei nuclei familiari con al massimo un solo figlio. Coppie che tra le maggiori difficoltà a metter su famiglia, indicano, molto spesso il problema della casa, appunto. E la casa italiana si è proprio rimpicciolita: in dieci anni ha infatti perso in media 10 metri quadrati. I più richiesti attualmente sono i bilocali e soprattutto i monolocali che hanno registrato un vero e proprio boom nel mercato della compravendita. Ed ecco il moltiplicarsi di soppalchi, pareti divisorie, ripiani per sfruttare al meglio l’esiguo spazio dove, comunque, non si può e non si vuole rinunciare a certe comodità o chiudere gli occhi davanti alle più innovative proposte. La casa, insomma, si vive in… altezza. Ed anche in periferia o quantomeno non proprio al centro, nella maggior parte dei casi. Qualche esempio: a Milano, nella centrale zona dei Navigli dove vivono circa 100 mila persone sono in vendita non più di 50 appartamenti; idem a Roma, dove quelle che una volta erano sul litorale le seconde case, stanno sempre più diventando le prime abitazioni di immigrati o giovani famiglie che un appartamento in città se lo sognano; lo stesso a Napoli dove, intorno ai quartieri storici del capoluogo partenopeo, stanno crescendo a dismisura altri agglomerati urbani, vere e proprie città nella città. Ma anche nei comuni meno grandi il centro si spopola e non è raro vedere interi quartieri riempirsi di uffici ed esercizi commerciali. La tendenza, comunque, è da sempre quella di arrivare a vivere in una casa di proprietà: sono sette su dieci le famiglie italiane che (soprattutto grazie ai mutui), hanno potuto realizzare questo sogno. Le municipalità cercano, come meglio possono, di far fronte a questo problema che, come si intuisce, ne crea tanti altri; e cresce l’attenzione alle politiche abitative che occupano un posto importante nell’agenda di programmazione annuale. Abbiamo individuato, fra i tanti, i casi di due città italiane di medie dimensioni, Siena e Vicenza che hanno sperimentato o stanno avviando dei progetti significativi in questa direzione. Vicenza, dall’affitto all’acquisto Nella provincia veneta è in azione un’Agenzia sociale per la casa. Alberto Bordignon, coordinatore del progetto, ci racconta come si è organizzata la città che ha visto rapidamente crescere la popolazione originaria di 100 mila abitanti. La situazione non è drammatica come da altre parti però, comunque, quello della casa è un problema cruciale che riguarda prevalentemente gli immigrati, ma non solo. Il rapido aumento di popolazione ha reso parecchio difficile reperire un alloggio. Di fronte a questa situazione, una serie di enti che vanno dalla Caritas agli istituti di credito, alla camera di commercio, alle organizzazioni sindacali, al mondo del non profit, si sono interrogati su cosa fare per passare dalla gestione dell’emergenza ad un piano più complessivo. Verso il 2000 si è deciso così di tentare di lavorare anche sul fronte delle sistemazioni definitive, quasi un’utopia che alla fine è risultata una buona intuizione: consentire a più persone possibile di vivere in alloggi di proprietà. E così che nasce l’Agenzia sociale per la casa un’attività orientativa, formativa, di consulenza tecnica, di accompagnamento sociale per tentare di dare una soluzione definitiva al problema – mi spiega il mio interlocutore -. Ovviamente tale proposta non poteva riguardare la totalità delle persone, ma almeno quelle che avevano qualche chance di approdare al mercato della compravendita. Così avremmo reso disponibili gli alloggi in affitto per le persone che avevano meno possibilità. Dopo una serie di incontri formativi con le comunità degli immigrati, li abbiamo orientati a recarsi presso gli sportelli di informazione personalizzata dove gli operatori e i destinatari dell’intervento potevano programmare insieme il tipo di percorso da seguire. L’interessato doveva operare precise scelte: fare un preventivo delle proprie possibilità economiche, decidere se spostarsi di alloggio, consolidare il proprio rapporto di lavoro, (perché bisognava ad esempio avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato per accedere a un credito dalla banca), rendersi conto di come funzionava il mercato immobiliare (le case da una parte costano di più da un’altra costano di meno), analizzare la propria capacità di sostegno del debito, interrogarsi se la famiglia sarebbe cresciuta o no quindi coinvolgerla in questo piano definitivo. In quanto ai risultati conseguiti la valutazione sembra alquanto positiva. In un primo tempo abbiamo avuto un notevole afflusso di persone, (1156 utenti nei primi tre anni e mezzo), tanto da dover aprire diversi sportelli nei territori della provincia – conclude il dott. Bordignon -. Ci ha favorito anche la scelta degli istituti di credito di focalizzarsi su un altro tipo di utenza, non più quella del nostro concittadino con una famiglia consolidata alle spalle ma un immigrato che non ha risparmi messi da parte. E così lentamente siamo arrivati a rateizzare tutto il valore dell’immobile. Negli ultimi 3-4 anni sono state veramente numerose le persone che hanno comprato casa e questo le ha rese molto più protagoniste del proprio processo integrativo. Quando infatti si è raggiunto quel risultato si tiene molto di più ad esempio ai rapporti di vicinato che da quel momento sono diventati definitivi e quindi si parcheggia in ordine la macchina, ci si preoccupa di tenere pulito davanti casa, si cerca di non litigare col vicino che sarà il vicino di sempre, i bambini giocano insieme nel cortile… È arrivato poi un momento di difficoltà che è quello della crisi economica attuale in cui i rapporti di lavoro sono più labili e i valori degli immobili sono rimasti alti. Ma il nostro impegno continua e riguarda soprattutto l’aspetto della convivenza all’interno del territorio. Siena: il Patto per l’abitare A Siena, invece, l’esperimento è appena partito. Qui il Comune, insieme a Confcooperative, Lega delle cooperative, Cgil, Cisl e Uil, ha redatto il Patto per l’abitare, un documento che impegna gli enti coinvolti a delineare, in reciproca collaborazione, le linee guida delle politiche abitative della città. Una proposta che mira, come conferma il presidente di Confcooperative Salvatore Maruotti, a risolvere l’emergenza abitativa delle fasce più deboli e dei numerosi studenti universitari. Sostenibilità, edilizia popolare e alloggi a canone sociale gli elementi costitutivi di questo Patto. L’area metropolitana senese che comprende sei comuni più o meno densamente popolati, funziona in effetti come una vera e propria città con un centro (Siena) ed una periferia in fase di espansione, destinataria di un travaso demografico consistente. Non è un caso unico in Italia, dove troviamo spesso organismi urbani in cui l’hinterland funge da periferia e il centro da polo catalizzatore delle funzioni e dei servizi. Ulteriore elemento discriminante poi, a Siena, la lievitazione dei prezzi sia per l’acquisto che per l’affitto (non dimentichiamo l’incidenza della popolazione studentesca: 19 mila presenze su un totale di 52 mila persone) e l’invecchiamento degli abitanti che fanno della città uno dei comuni con il maggior tasso di popolazione anziana a livello nazionale. Si capisce come sia necessaria la programmazione di una edilizia abitativa idonea a contrastare fenomeni di speculazione e di emergenza sociale, avvalendosi di sinergie che possano incidere positivamente sul territorio e sui suoi abitanti. Ed è a questo che vuole puntare il Patto per l’abitare. Un esperimento che, se funzionasse, potrebbe essere esportato fuori dai confini toscani, in tutto il territorio nazionale. Dove c’è tanto da fare per contrastare il fenomeno del disagio abitativo e garantire a fasce sempre più larghe di popolazione la possibilità di acquistare o affittare una casa. Un’inversione di tendenza non indifferente. Perché di sfratto, come abbiamo visto in questi giorni, si può anche morire. E senza un tetto la vita individuale, familiare e sociale si complica parecchio. COMPRO O NON COMPRO? Un panorama del mercato della casa secondo i dati forniti da Scenari immobiliari, centro studi del settore. Le famiglie italiane sono più prudenti nell’effettuare l’acquisto di una casa, il tempo di ricerca di un’abitazione è raddoppiato in un anno e si tende per lo più ad acquistare piccoli alloggi, soprattutto bilocali. Così dicono rilevazioni e previsioni di Scenari immobiliari, un istituto indipendente di studi e ricerche che analizza i mercati immobiliari ed in generale l’economia del territorio in Italia ed in Europa. Scende l’investimento medio delle famiglie, sotto i 200 mila euro, con un calo del 30 per cento in due anni. Quasi due compravendite su tre si realizzano solo se c’è la possibilità di accedere ad un mutuo. In questo mercato decisamente più povero rispetto agli anni precedenti, l’unica novità di rilievo è il crescente peso degli acquisti da parte degli immigrati. Scenari immobiliari stima che nel 2004 abbiano acquistato casa in Italia 110 mila immigrati, che rappresentano il 12,6 per cento del mercato, per un fatturato di 10,2 miliardi di euro. L’acquisto è stato realizzato per lo più grazie a mutui bassi, con un investimento medio di 108 mila euro per abitazione e un esborso medio per mq di 1.400 euro. Un trilocale di livello medio-basso, preferibilmente da ristrutturare, in periferia o nell’hinterland, comodo per i trasporti pubblici è la tipologia di casa più ricercata da questi lavoratori, soprattutto nelle aree metropolitane, Roma in testa seguita da Milano, Verona Torino Bologna, Bari e Firenze. I nuovi acquirenti vengono per lo più dall’Europa orientale (26,3 per cento albanesi e rumeni), seguono i nordafricani (23,1 per cento), i cittadini provenienti da India e paesi limitrofi (16 per cento), e i cinesi (15,4 per cento).

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