Il merito, non come risultato ma come processo di promozione umana

Il merito dovrebbe tenere conto dell’evoluzione complessiva dello studente, non solo dei voti ottenuti.

Ministero dell’Istruzione e del Merito. E perché non “dell’Inclusione”, “dell’Apprendimento”, “delle Competenze”…? Perché togliere quella tradizionale, fondamentale denominazione “Ministero della Pubblica Istruzione”? Istruzione pubblica, per tutti, come recita l’art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…”. Non solo per i meritevoli quindi, nel senso tradizionale di voto ottenuto, ma “per tutti”: per chi è svantaggiato e per chi negli apprendimenti è più favorito. Quel “per tutti” quindi, è alto ed esigente imperativo costituzionale.

Da questo fondamentale principio deriva per la Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Della persona umana quindi si tratta, del suo diritto inalienabile alla crescita e allo sviluppo. Ne deriva, dal punto di vista psico-pedagogico-sociale, il preventivo dovere da parte della scuola di promozione, sostegno, orientamento. In quest’ottica, “merito” non è di per sé simmetrico a “risultato”, ma va ricondotto a “processo”: cioè a tutte quelle azioni di ordine pedagogico-didattico-psico-sociale orientate alla piena promozione.

Il termine “merito”, quindi, andrebbe inteso come indice differenziale tra condizioni di partenza e traguardi raggiunti dallo studente nei vari ambiti d’apprendimento. Ed è in funzione di tale dinamica di sviluppo che lo studente (in base all’art. 3 della Costituzione) ha il diritto di esser orientato e sostenuto. Si comprende allora che la valutazione del “merito” non può essere tout court ricondotta a una pura standardizzazione dei risultati raggiunti, ma originariamente ricondotta al processo che la persona ha sviluppato in un determinato arco temporale (breve, intermedio, finale) e ancor prima rapportata alla qualità degli insegnamenti ricevuti.

In pratica, nell’ottica del modello evolutivo di Lev Vygotskij, il merito potrebbe esser indicato come esito di un processo dinamico. Lo scarto differenziale, quindi, tra partenza e traguardo, rappresenterebbe un modello valutativo a misura di persona.

Diverso è il concetto di merito inteso come metro di misura graduato secondo una scala standard di valore. Da qui si comprende meglio anche la ratio dell’art. 34: “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. In questo senso “merito” andrebbe inteso come raggiungimento di un certo livello di eccellenza scolastica.

Proporrei quindi due possibili criteri interpretativi del termine “merito”, non visti come contrapposti ma entrambi parte di un continuum evolutivo “processo-risultato”. Tutti e due gli indici (di processo e di risultato) possono esser visti come concorrenti, utili per identificare il termine “merito” in un’ottica non meritocratica ma di valorizzazione sia dell’impegno personale sia del risultato raggiunto. 

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