Meravigliose differenze

Un torneo di calcio fra ragazzi di 19 nazioni per scoprire la bellezza di essere diversi.
Inter Campus

«Ho capito che non sono il colore della pelle o il taglio degli occhi a fare le differenze: le lacrime non hanno colore. Se si piange o si ride, lo facciamo tutti allo stesso modo in tutte le parti del mondo».

Nelle parole di una delle alunne delle due scuole medie di Firenze coinvolte, “Antonio Gramsci” e “Luigi Pirandello”, c’è tutta l’emozione dell’esperienza vissuta alla Coppa del mondo delle squadre di Inter Campus, il torneo che ha visto la vivace e multicolore presenza in Toscana di 270 ragazzi dei progetti sociali della squadra dell’Inter in 19 Paesi del mondo. Un torneo di calcio fra 19 “nazionali”, dal Marocco alla Cina, dalla Colombia all’Iran, arricchito da indimenticabili incontri con i coetanei delle scuole toscane.

L’irresistibile ritmo di in bongo rompe la quiete del centro sportivo di Coverciano, abituato, con la Nazionale azzurra, a ben più austere presenze: sono i ragazzi del Camerun che fanno riscaldamento pre-partita, accompagnandosi con cori gioiosi.

Commovente è il sorriso di Larry, un bambino colombiano che ha conquistato tutti con il suo sguardo e con la sua ricerca di affetto costante, frutto di una vita ancora breve, ma segnata dal rapimento della madre da parte delle Farc e dalla conseguente decisione del patrigno di consegnare lui e i suoi quattro fratelli all’assistenza sociale.

Un gruppo di ragazzi porta entrambe le bandiere, israeliana e palestinese, all’altezza del petto sulla casacca che copre la maglia neroazzurra che li accomuna nella “nazionale” israeliana-palestinese: sono i ragazzi che dal 2000 sfidano la storia e le difficoltà di ogni genere per poter insieme giocare a pallone. Vengono da Gerico, in territorio palestinese, o da Sderot, uno dei bersagli preferiti dai missili di Hamas. Si vedono una decina di volte l’anno, sempre in Israele, ma da Gerico, per percorrere quella trentina di chilometri che li separa dal campo, impegnano anche tre ore per superare in autobus i check-point. Una volta a Nablus uno di loro è stato ferito in campo da un cecchino: prima di rivedersi hanno dovuto attendere mesi, ma ogni volta che si incontrano riprendono speranza. Sono convinti che il calcio abbatterà ogni barriera. Intanto però a Coverciano i loro coetanei libanesi ed iraniani (o gli accompagnatori adulti?) non hanno voluto scendere in campo contro di loro.

 

Massimo Seregni gongola felice attorniato da decine e decine di bambini che hanno ritrovato il sorriso. Li conosce praticamente tutti, uno ad uno. Da anni per Inter Campus viaggia, infaticabile, da un continente all’altro, facendosi carico di inimmaginabili difficoltà economiche e burocratiche e distribuendo speranza e fiducia nel futuro. Accanto a lui gli allenatori, veri animatori dei progetti, come Aldo Montinaro, un passato nel Foggia di Zeman, un presente come “incursore” tecnico delle scuole: dove si apre un progetto arriva ed organizza la scuola calcio. O come Julio Gonzales: militava nelle file del Vicenza quando in un incidente stradale perse un braccio. Ora, tornato in Paraguay, allena i ragazzi a Cateura, l’immenso immondezzaio della capitale dove sorge il loro campetto. O come Norberto, che incarna lo spirito più autentico di Inter Campus, quello di non essere un vivaio di giovani talenti, ma un progetto sociale: allena i bambini boliviani di Cochabamba, dopo essere stato allontanato da diverse scuole calcio per il suo rigore verso le regole educative e l’aspetto ludico più che agonistico.

Le brevi partite fra le rappresentative si susseguono incalzanti: partite vere, con arbitri veri. Il risultato, quello vero, è l’abbraccio con il compagno che fino a dieci minuti prima neanche si conosceva; è la foto fatta insieme; è l’applauso all’altra squadra… Si scambiano doni e ci si promette amicizie “per sempre”. E si torna a giocare con squadre ora diventate “miste”.

 

Maria Silvia è un’insegnante della “Gramsci”, che con Enza ed altre colleghe si è impegnata a fondo per il progetto: «Il calcio, a certi livelli, è spesso purtroppo associato a fatti e comportamenti non “educativi”; ma questo progetto che fa del calcio uno strumento di scambio, di amicizia, di solidarietà mi ha da subito stuzzicato curiosità ed interesse. Ha saputo coinvolgere scuole ed insegnanti sul loro terreno: le lezioni delle varie materie sono diventate occasioni per conoscere in maniera approfondita storia, tradizioni, ricchezze e problemi delle nazioni gemellate. La settimana di accoglienza ha creato una rete ideale e concreta fra le scuole delle province di Firenze e Siena che vi hanno aderito, le istituzioni e gli operatori dell’Inter».

Le fanno eco i ragazzi della scuola con le loro entusiastiche impressioni: «Fantastico poter giocare a calcio senza premi e…  poter giocare nel campo della Nazionale!». «La cosa più bella è stata conoscere altri ragazzi e altre culture: studiarle sui libri è un’altra cosa… ci vorrebbero più occasioni come questa». «È stato commovente poterci scambiare regali piccoli, ma significativi: loro i loro oggettini tipici, le loro bandiere e noi ciò che abbiamo messo insieme pensando alle loro necessità. Ci siamo scambiati i numeri di telefono per rimanere amici». «Il progetto Inter Campus ci ha fatto imparare che non tutti i bambini sono fortunati come noi e abbiamo conosciuto le tradizioni e le lingue degli altri. Mi ricorderò che bisogna pensare agli altri e aiutare le persone bisognose».

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