Albania, Paese di partenza, di arrivo, di transito. I suoi vari volti parlano sempre e comunque di migrazione, di speranza, di sogni… e di sfide. Per questo motivo la sesta tappa del Med25 – gli Incontri Mediterranei avviati a Bari nel 2020 e in corso in tutto il bacino mediterraneo in quest’anno giubilare – è stata dedicata alle sfide migratorie, con un particolare sguardo sulla rotta balcanica.
«L’Albania vive l’esperienza delle migrazioni, segnata da una storia di tante sofferenze e di tante prove lungo vari secoli», ha spiegato l’arcivescovo di Tirana-Durazzo mons. Arjan Dodaj, che ha accompagnato i giovani durante il loro soggiorno in Albania.
È questa consapevolezza del proprio passato, ancora vivo fino ai nostri giorni, che rende il Paese accogliente e vicino a coloro che sono costretti a migrare. «Noi abbiamo fatto questa esperienza sulla nostra pelle – prosegue mons. Dodaj –. Vedo che il popolo albanese non solo non dimentica, ma vive l’ospitalità come realtà essenziale che segna la sua stessa umanità».
In effetti, una parte importante dell’incontro tenutosi a Tirana ha riguardato l’arrivo dei cittadini albanesi in Italia durante gli anni ’90, con la caduta del regime comunista. «Persone senza storia sono persone senza futuro, perciò è importante essere connessi alla propria storia. Quando dimentichiamo la nostra storia siamo al buio», ha concluso l’arcivescovo, che ha condiviso con i giovani la sua personale esperienza di emigrazione.
Link alla video-intervista a mons. Arjan Dodaj, arcivescovo di Tirana-Durazzo.
Da qualche anno a questa parte – in particolare dal 2015, quando la Turchia è diventato il principale Paese di transito verso l’Europa –, l’Albania è diventata anche Paese di passaggio e di arrivo per le persone costrette a fuggire dalla loro terra.
In questo contesto, la Caritas agisce come «braccio umanitario della Chiesa cattolica», spiega la direttrice nazionale Juljana Reso: «Essere vicino ai migranti e alle persone in mobilità è la nostra missione umanitaria, il nostro spirito, la nostra vocazione, la vocazione della Chiesa. È nostro dovere sostenere, aiutare e camminare con coloro che soffrono, con i gruppi vulnerabili che vengono o attraversano l’Albania. Siamo con loro ogni giorno».
Fra i numerosi campi di azione, il pilastro fondamentale della missione di Caritas Albania è il dipartimento Migrazione e Anti-traffico di persone. Il lavoro consiste in un’opera di integrazione, in attività sociali per donne e bambini, nella sensibilizzazione delle coscienze e nella creazione di occasioni di incontro con le persone migranti. Ariela Mitri, responsabile del dipartimento, afferma: «Abbiamo tradotto in azioni le 4 parole che papa Francesco ha individuato nel quadro delle migrazioni per tutta la Chiesa cattolica – accogliere, proteggere, promuovere, integrare».
Link alla video-intervista a Juljana Reso, direttrice nazionale di Caritas Albania.
Durante la conferenza di avvio del Med25 in Albania, fra Bernard Caruana si è soffermato sul modo in cui la sofferenza può separare, ma anche unire, e sull’importanza di dialogare, esprimendo le nostre paure e ascoltando quelle degli altri. «La migrazione è una delle esperienze più profonde da una prospettiva antropologica, fa parte di noi. Ci appartiene. La migrazione parla di chi siamo, è il riflesso della nostra identità come società. Non si tratta di come gestiamo la migrazione, ma di chi diventiamo in risposta ad essa», ha spiegato prima di porre una serie di domande: «Cosa riflette di noi il rifiuto dei migranti? Cosa significa appartenere? Come definiamo casa? Qual è il costo di partire e il prezzo di restare?».
Ancora un ulteriore approfondimento sulla tematica migratoria è stato introdotto dalla ricercatrice Névyne Alexandra Zeineldin, che ha evidenziato la disuguaglianza nella percezione dei migranti europei e quelli dell’area Mena (Medio Oriente – Nord Africa), il che comporta un negativo senso di frammentazione e ambivalenza. Secondo la specialista, il lavoro culturale richiede di unire l’Africa del Nord all’Europa attraverso un cambio di narrativa, di lavorare coi migranti come co-creatori, e di un’ospitalità che deve essere costruita e praticata.
Il giorno dopo, i partecipanti si sono recati nella città portuale di Durazzo, dove hanno potuto conoscere il lavoro svolto dalle forze di sicurezza e dalla Guardia di finanze italiana nella regione. Secondo quanto spiegato, la loro è una missione duplice, che consiste da un lato nel salvare vite in mare e dall’altro nel fermare i trafficanti di persone. Hanno sottolineato il ruolo delle città di porto nei confronti delle migrazioni – un fenomeno che affrontano quotidianamente –, in particolare l’importanza che hanno le iniziative di accoglienza dei migranti, così come i diversi punti stabiliti per riceverli e accompagnarli.
Il comandante generale dell’unità di frontiera marittima, interpellato ripetutamente riguardo al funzionamento, moralità e utilità dei Centri di detenzione di migranti situati a Shengjin e Gjader in Albania, ha affermato che si tratta di «un accordo con l’Italia per aiutarla nella gestione dei flussi migratori», dato che è uno dei principali Paesi europei di primo arrivo, e ha precisato: «È a carico e responsabilità dell’Italia, ma non possiamo fare dichiarazioni pubbliche».
Anche la Caritas preferisce non entrare nel dibattito, sostenendo che si tratta di una questione riguardante il governo italiano, ma ribadisce: «Ci preme che vengano rispettati i diritti dei migranti e dei rifugiati. La migrazione non deve essere associata alla paura, ma alla compassione. Perciò serve condividere le responsabilità e trattare con rispetto gli esseri umani».
La tappa in Albania del Med25, oltre ad affrontare le sfide migratorie, ha aperto i giovani all’incontro con le diverse realtà di culto presenti nel Paese: dalla messa nella cattedrale cattolica presieduta dal arcivescovo Dodaj, alla visita della moschea Ethem Bey e della cattedrale ortodossa, alla scoperta della Grande Moschea di Tirana (Xhamia e Madhe). Lì i partecipanti hanno dialogato con Baba Mondi – Edmond Brahimaj –, religioso albanese e leader mondiale dei musulmani bektashi, a cui hanno indirizzato domande di spessore come cos’è la libertà o come avviene l’integrazione dei vari culti religiosi nella realtà locale.
La Bel Espoir è già salpata da qualche giorno e costeggia i Balcani in direzione Trieste, dove i giovani concluderanno il loro viaggio su questa nave scuola per la pace, a contatto con le realtà italiane che assistono i migranti sul territorio nazionale. Per conoscere i dettagli del programma vedi il sito web del progetto: www.med25belespoir.org.
Link alla video-intervista ad alcuni dei giovani partecipanti alla sesta tappa del Med25 in Albania.