Mattarella e l’autorità della sofferenza

Una lezione di alta politica sottolineata dagli applausi dell’assemblea parlamentare che ha voluto rimarcare la sintonia con il nuovo presidente della Repubblica. Il commento dell’onorevole Pierluigi Castagnetti
Mattarella riceve gli onori di Stato

Raggiungiamo l’onorevole Pierluigi Castagnetti in uno dei corridoi del Parlamento al termine del discorso che il Presidente della Repubblica italiana ha appena indirizzato alle Camere e al Paese. Si districa dal vocio e dalla calca per commentare le prime parole del presidente Mattarella, non solo Capo dello Stato, ma suo amico da lunghissima data.

«E’ stato un grande discorso e mi ha colpito la particolare partecipazione dell’assemblea, che ha sottolineato con tantissimi applausi una sintonia che io non ricordavo nelle precedenti elezioni, quasi che si attendesse una lezione di buona e alta politica».  Un discorso semplice, di cose semplici in cui il nuovo presidente ha parlato nello stesso tempo al popolo e alle istituzioni. 

«Il discorso ha dato la cifra del settennato di Mattarella – continua Castagnetti – che sarà caratterizzato dalla volontà di costruire l’unità nel Paese, un Paese troppo lacerato, diviso, incattivito e che ha bisogno di ritrovare la strada dell’unità, della composizione. La Costituzione affida al presidente della Repubblica la missione di rappresentare l’unità nazionale e Mattarella ha spiegato che per lui l’unità nazionale è anzitutto l’unità del popolo italiano». 

Mattarella ha guardato il Paese a partire dagli ultimi, un po’ sulla scia di papa Francesco…

Ha certamente citato tutte le componenti del popolo e della società, quasi a dire "vi ho presenti tutti" ma si è soffermato soprattutto su quelli che soffrono. In questo passaggio avrebbe potuto citare tanti dei suoi maestri di politica, ma non lo ha fatto. Ha voluto citare il papa per la responsabilità con cui ha dato vita ai suoi primi atti magisteriali e alcuni li ha messi proprio nella mani della politica, come ad esempio la lotta alla corruzione, l’inclusione di chi più soffre. So che questi sono gli assilli di Mattarella e in questo c’è sintonia con il magistero di Francesco.

Quanto incide o inciderà il suo essere cattolico sulle scelte politiche che si troverà a fare? Si rischia il clericalismo?

Lui è un credente rigoroso, ma non è mai stato clericale. La sua cultura politica è quella del cattolicesimo democratico, una cultura che ha queste connotazioni. II credere gli dà quelle sensibilità, quelle attenzioni e quelle preoccupazioni che abbiamo sentito echeggiare nel discorso. Mentre parlava pensavo ad un teologo tedesco, Metz, il quale parlava dell’autorità della sofferenza. Sin nei primi gesti del presidente, cioè la visita alle Fosse ardeatine e l’elenco puntiglioso di tante sofferenze disseminate nel Paese, ho visto l’omaggio della massima autorità dello Stato alla massima autorità di chi soffre.

Un orientamento per il suo mandato…

Lo vedrei anche come un monito alla politica: perché gli italiani che soffrono devono essere una priorità, quasi a dire che un cittadino che soffre è più cittadino di uno che non soffre. Continuarsi a sentirsi cittadini di uno Stato soffrendo, anche il peso delle ingiustizie, è molto difficile rispetto a chi vive in condizioni di agio o di privilegio. C’è il riconoscimento che chi soffre rappresenti la cittadinanza più attiva e più importante, più matura con cui la politica deve tornare in sintonia.

Nel passaggio finale ha insistito sulle istituzioni che il cittadino incontra nella quotidianità e che hanno il volto di un ospedale, di una scuola, di un ufficio…

Se le istituzioni non hanno un’anima non hanno neppure un volto ed è l’anima a dare il volto. E’ un passaggio molto bello e mi ha colpito molto. Deve farci riflettere anche sul modo di vivere delle istituzioni.

Qualcuno dei commentatori, in questi giorni, ha rievocato Moro…

Nella formazione del Presidente c’è il moroteismo e la cultura del cattolicesimo democratico. Qualcuno ha letto nell’elezione di Mattarella la rivincita di Moro e un suo ritorno. Certamente ci sarà la presenza di Moro nella presidenza di Mattarella, come nella storia del nostro Paese e credo che abbia in mente Moro e i veti che subì nella candidatura al Quirinale, come abbia in mente un altro cattolico, Leopoldo Elia, che subì il veto di Craxi nel 1985. Mattarella ha registrato dei veti, ma la scelta del presidente del Consiglio Renzi, alla fine è risultata vincente.

Cosa pensa della battuta sull’arbitro sempre imparziale e sui giocatori che devono dargli una mano nella correttezza?

E’ un messaggio inequivocabile a tutte le altre istituzioni, i cui ambiti e le cui prerogative lui rispetterà fino in fondo, ma ha voluto dire a tutti che se si vuole evitare il richiamo del Presidente della Repubblica, bisognerà giocare correttamente altrimenti il Presidente si sentirà chiamato in campo per difendere la Costituzione.

I giovani sono stati citati spesso nella fatica del lavoro, dello studio ma anche nella loro numerosa presenza in Parlamento…

Le numerose citazioni esprimono una sensibilità e una presa d’atto che è cambiata la generazione della politica italiana. Mattarella appartiene ad una generazione di tanti che fanno fatica ad accettare questo cambiamento, lui invece lo ha accettato e sottolineato ed è convinto che i giovani apportino quella ventata di rinnovamento necessaria. Sarà al fianco di tutti questi processi di novità con la responsabilità e la consapevolezza di quello che la Costituzione gli dà mandato di rappresentare: l’unità della nazione sempre.  

Quale augurio farebbe al nuovo Presidente?

Riuscire ad essere fedele sempre ai propositi che gli abbiamo sentito pronunciare stamattina.

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