Matera 2019 tra utopia e dialogo

L’uomo (e le culture dimenticate) al centro dell’universo dei valori materani. Il progetto Matera open future. Nel frattempo, però, c’è l’allarme (rientrato) per l’acqua inquinata

Emergenza rientrata a partire dalle 17 di ieri a Matera, la città dei sassi, che si appresta a essere la capitale europea della cultura nel 2019.

Il motivo dell’allarme? Batteri coliformi, due parole che hanno mandato nel panico i cittadini dopo che le analisi di Arpa e ASL avevano accertato il superamento della soglia consentita, costringendo quindi a vietare di bere l’acqua. A tre mesi dal 19 gennaio 2019, quando ci sarà l’inaugurazione dell’anno tanto atteso dai materani e dal resto dei lucani, per la Città dei Sassi non è stato certo un giorno come gli altri: il tam tam dei social è iniziato all’alba, con le prime comunicazioni di chiusura delle scuole.

Alle 9 tutti in coda ai supermercati dove in poche ore sono “bruciate” le scorte di acqua minerale. In nove aree della città invece sono arrivate le autobotti per la distribuzione di acqua potabile, mentre Acquedotto lucano e Comune hanno attivato numeri verdi per l’emergenza. Allarme rientrato sì, ma ancora oggi in città c’è ancora chi non si fida e i materani si riforniscono per sicurezza dalle autobotti.

Chi deciderà di visitare Matera nel corso del 2019 non sarà un turista qualsiasi – afferma Serafino Paternoster, responsabile comunicazione Comitato Matera Basilicata 2019 –, ma un cittadino temporaneo della città. Sarà una persona che a tutti gli effetti partecipa attivamente a un progetto civico a lungo termine per la costruzione di un nuovo futuro per l’Europa basato su apprendimento reciproco, creatività e valori condivisi. L’uomo al centro dell’universo materano. Con tanti richiami a rientrare in se stessi sfogliando un arcobaleno di valori umani.

Come la vocazione all’essenzialità perché la pietra dei suoi sassi sono parte di un tutto armonico che lega l’uomo alla natura: dalle grotte scavate dell’altipiano murgiano al Centro di Geodesia spaziale, tutto parla della nostra fragilità di umani, dei cicli della vita e della morte e dei processi naturali. Qui il vuoto e il pieno, il suono e il silenzio rimandano a una contemplazione vera, senza infingimenti di sorta.

La collaborazione, la generosa condivisione dei beni, il coraggio e la passione di mettersi in gioco “insieme” includendo tutti, disabili, bambini, giovani e anziani, sono i valori che Matera lancia al mondo, partendo da se stessa come concreto esempio di resilienza e di slancio sul futuro.

Matera si candida in nome dell’intero Sud d’Italia, del sud d’Europa e di tutti sud del mondo per esprimere e rappresentare le culture dimenticate, quelle che hanno chiavi e valori profondi per sbloccare una situazione di crisi- economica, sociale, culturale, da cui le culture dominanti non riescono a uscire. Matera non parla, testimonia se stessa: è stata capace di sollevarsi da una condizione tanto degradata da sfiorare la barbarie (come quella rivelata nel secondo dopoguerra da Carlo Levi) rovesciando il suo dilemma e trasformandolo in una potente opportunità di riscatto in meno di 50 anni.

Ora tutto è pronto per creare questo nuovo cittadino, persona “di valore e di valori”, abitante culturale responsabile e consapevole che riconosce alla cultura il valore di bene comune primario, somma etica di sapere umanistici, scientifici ed economici.

Matera open future – così si chiama il progetto – vuole creare un cultura aperta perché accessibile a tutti, disponibile al dialogo e inclusiva di tutte le fragilità, superando quell’atavico senso di inferiorità secolari che hanno rallentato lo sviluppo del Sud Italia, basandosi su alcune parole chiave come frugalità, passione umana, cura e arte di prendersi cura, ruralità, riuso, silenzio e lentezza.

Le dimensioni del progetto: 8000 artisti provenienti da tutta Europa, 40 incontri internazionali per il cambiamento europeo, tirocini, borse di studio a tutti i giovani che si vogliano candidare come operatori culturali, 100 programmi di residenze europee e di mobilità. Il programma poggia su due pilasti: ODS Open Design School, un laboratorio sperimentale di design e di hardware che riunisce autori, blogger, stilisti, artigiani, studenti, hacker, professionisti e accademici per una comune piattaforma di progettazione condivisa, privo di gerarchie rigide, in un’atmosfera di arricchimento reciproco.

Il secondo è I-dea istituto Demo Etno Antropologico, un’istituzione che unisce innovazione frugalità per valorizzare al massimo il potenziale delle risorse esistenti. Un archivio di archivi, una collezione di collezioni. 5 i temi portanti: Futuro Remoto riflessione sul nostro rapporto millenario con lo spazio e le stelle, Continuità e rotture, focalizzato sulle disuguaglianze sociali, l’insorgere del razzismo, l’incapacità di molti paesi europei di offrire futuro e speranza ai loro giovani e sul dramma dell’esodo di disperati in fuga dalla guerra sia in Africa che in Asia.

Utopie e distopie per testare nuovi schemi innovativi che sia di sfida ai pregiudizi comuni: solo di turismo, solo di tecnologia o di enogastronomia una città può vivere il proprio rilancio? Perché non immaginare alternative possibili a realtà che diamo per scontate? Quarto pilastro Radici e percorsi incentrato sulla mobilità che accomuna l’Europa. Dalla Magna Grecia a Roma, in epoca bizantina o longobarda, tra arabi, svevi e angioini, la Basilicata è sempre stato spazio di incontro e convergenza, fra diaspore migratorie ritorni.

Da ultimo, Riflessioni e connessioni che prende le mosse dal famoso moto di Lorenzo Dè’ Medici “festina lente” affrettati lentamente: si tratta di un invito a riscoprire il valore del tempo e della lentezza, prendere le distanze dall’egemonia del presente immediato e fare un passo indietro rispetto al ritmo accelerato del XXI secolo.

La narrazione, il racconto orale e cinematografico sono centrali in questo processo di riesame di se stessi per stringere legami con altre culture europee, al pari della lentezza. Si apre il 19 gennaio 2019 con la cerimonia di inaugurazione e si chiude il 20 dicembre: un anno straordinario.

 

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