Maria Sharapova: Perdonatemi, ma dico addio al tennis

Dopo trionfi, peripezie e una carriera sontuosa, la tennista ha annunciato di volersi eclissare dalla scena tennistica internazionale con una toccante lettera.

«Come fai a lasciarti alle spalle l’unica vita che tu abbia mai conosciuto? Come ti allontani dai campi su cui ti sei allenata da quando eri una bambina, il gioco che ami – che ti ha portato lacrime indicibili e gioie indicibili – uno sport in cui hai trovato una famiglia, insieme ai fans che si sono radunati dietro di te da più di 28 anni? Lo so questo, quindi per favore perdonami. Tennis, ti sto dicendo addio». Inizia così la lettera d’addio con la quale Maria Sharapova, dopo tante peripezie ed una carriera sontuosa, ha annunciato ieri il proprio ritiro dalla scena tennistica internazionale. Un addio tracciato con la sua consueta compostezza glaciale, attraverso una lettera spedita a Vanity Fair e un video su un canale dedicato alla moda, Vogue, e non al tennis: due campi che di fatto l’hanno sempre vista primeggiare quanto a notorietà.

Un annuncio, quello di Masha (Maria in russo), che non arriva a sorpresa per chi segue il tennis: dopo il rientro dalla squalifica per doping nel 2016, la Sharapova non era più stata in grado di tornare ai livelli cui aveva abituato le platee internazionali in 28 anni di uno sport ripetitivo e logorante che mette a dura prova le articolazioni. «La spalla è un problema per me da quando avevo 21 anni», ha dichiarato la stessa Sharapova in merito al New York Times. Resasi conto di non potere più dare continuità alla sua attività agonistica a causa dei frequenti infortuni che la costringevano a fermarsi per periodi più o meno lunghi quando giocava due o tre tornei consecutivi, ha deciso di dire basta, consapevole anche di un corpo che si stava sgretolando sotto il peso della stessa competitività imposta dal carattere di un’atleta comunque formidabile anche per carattere.

«Non ho mai guardato indietro e non ho mai guardato avanti – si legge nella lettera -. Credevo che se avessi continuato a macinare e macinare, avrei potuto spingermi in un posto incredibile. Ma non c’è padronanza nel tennis: devi semplicemente continuare a soddisfare le esigenze del campo mentre cerchi di calmare quei pensieri incessanti nella parte posteriore della tua mente: Hai fatto abbastanza e molto altro per prepararti al tuo prossimo avversario? Ti sei preso qualche giorno libero, il tuo corpo sta perdendo quel vantaggio. Quella fetta di pizza in più? Meglio rimediare con una fantastica sessione mattutina. Ascoltare questa voce così intimamente, anticipandone ogni flusso e riflusso, è anche il modo in cui ho accettato quei segnali finali quando sono arrivati».

 Inevitabile l’allungarsi dell’ombra del doping su una parabola così significativa: la campionessa ha negato più volte che i cedimenti fisici degli ultimi anni fossero dovuti all’aver interrotto l’assunzione di meldonium, la sostanza di uso purtroppo piuttosto comune in Russia, proibita all’inizio del 2016 e costatale 15 mesi di squalifica. Una macchia indelebile che accompagnerà il suo lascito al mondo del tennis, alla cui storia consegna però molto, come la sua storica vittoria di Wimbledon a soli 17 anni (tennista più giovane a riuscirci dopo Martina Hingis).

Siberiana nelle origini e nel carattere, con poche amicizie dichiarate e moltissime avversarie, si aggiudicò Wimbledon 2004, US Open 2006, Australian Open 2008, Roland Garros 2012 e 2014: perle di una carriera che vanta anche un argento Olimpico nel 2012 e le Finals del 2004. In molti ricorderanno quella “bimba russa” sedere sul trono WTA per 21 settimane, a interrompere il dominio incontrastato delle portentose sorelle Williams.

Già icona femminile e imprenditrice, si è congedata scrivendo: «Guardando indietro ora, mi rendo conto che il tennis è stata la mia montagna. Il mio percorso è stato riempito di valli e deviazioni, ma i panorami dalla sua cima erano incredibili. Dopo 28 anni e cinque titoli del Grand Slam, sono pronta a scalare un’altra montagna, per competere su un diverso tipo di terreno. Quella voglia incessante di vittorie, però, non diminuirà mai. Indipendentemente da ciò che ci aspetta, applicherò la stessa attenzione, la stessa etica del lavoro e tutte le lezioni che ho imparato lungo la strada. Nel frattempo, ci sono alcune cose semplici che non vedo davvero l’ora: un senso di calma con la mia famiglia. Perseverare davanti a una tazza di caffè mattutina. Fughe nel fine settimana inaspettate. Allenamenti di mia scelta (ciao, lezione di danza!). Il tennis mi ha mostrato il mondo e mi ha mostrato di che pasta sono fatta. Come mi sono messo alla prova e come ho misurato la mia crescita. E così in qualunque cosa potrei scegliere per il mio prossimo capitolo, la mia prossima montagna, continuerò a spingere. Continuerò ad arrampicarmi. Continuerò a crescere».

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