Maria Ressa ed il suo discorso da Premio Nobel

Maria Ressa è riuscita ad arrivare ad Oslo per ricevere il Nobel per la Pace 2021, che condivide con Dmitry Muratov, e insieme lo hanno dedicato a tutti i giornalisti uccisi nel mondo. E molto di più. Un discorso, quello della Ressa, che vale la pena di leggere, meditare, diffondere
Maria Ressa foto Ap

Maria Ressa, una che tiene alto il nome delle donne asiatiche, delle giornaliste e di quanti lavorano per la verità, l’informazione e la democrazia nel mondo. Anche il russo Dmitry Muratov non è da meno, certo, ma lei è una donna e le donne vengono considerate più fragili.

David Beasley, right, the head of the World Food Program (WFP), which was awarded the Nobel Peace Prize for 2020 and 2021 Nobel Peace Prize winners Dmitry Muratov, center, from Russia and Maria Ressa of the Philippines . (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)

Maria Ressa è mingherlina eppure fa paura a tanti: fa paura ai potenti che manovrano internet, fa paura ai regnanti, neri o rossi che siano: fa paura a chi usa la violenza come mezzo di propaganda politica e di potere. Due giornalisti scomodi, Dmitry e Maria, per alcuni arroganti, che si permettono di criticare anche Facebook e i Big Data, di dare del tiranno al presidente filippino Duterte e al russo Putin: e di dire quello che succede nelle Filippine e in Russia.

Ressa ha parlato contro un uso strumentale dell’Intelligenza Artificiale e delle news create al computer per inondare il web. O meglio, ha accusato chi “accende” la A.I. (Artificial Intelligence) e la usa per spandere fiumi di notizie false e tendenziose che poi, alla fine, scatenano odio razziale. Questo è il punto: l’odio nella rete, quell’odio che ci ha messi l’uno contro l’altro, che ha fatto uscir fuori il peggio di noi stessi.

Notizie false e smascherate come tali, è l’impegno dei due giornalisti. Perchè “senza la verità non è possibile arrivare alla fiducia ed alla pace, alla giustizia”. Sono parole di Maria Ressa. La verità dei fatti è un dovere: è il dovere di esporre ciò che succede e non ciò che fa comodo a chi comanda, come Ressa ha sottolineato: “ritornare ai fatti” chiamando le cose con il loro nome. Chiamare “esecuzioni sommarie” la campagna contro la droga nelle Filippine, per esempio. Chiamare “delitti” le morti di tutti coloro che non appoggiando il governo di Duterte sono stati vittime in circostanze poco chiare di queste morti misteriose.  Tanta, troppa gente uccisa.

Una testimone, e ben altro, è Maria Ressa. Un esempio. Una piccola donna che certo non incute terrore se la guardi: ma bisogna sentirla parlare e lasciare che le sue parole scendano dentro, nel profondo. Il suo discorso a Oslo l’ho letto e sentito non so quante volte: è un inno alla vita e ti comunica voglia di lavorare e scrivere sulla verità dei fatti.

È Maria Ressa e gente come lei che costruiscono un mondo diverso. Guardando a lei ed alla sua vita capisci che la tua vita è una cosa seria, impegnativa: o la doni per un grande ideale e ne paghi le conseguenze, o segui la corrente che induce a prendere sul serio le notizie che ti martellano nella testa ogni giorno, con il suo fiume di odio nascosto, che mette gli uni contro gli altri. Maria Ressa ha deciso di combattere per il suo popolo, ha pagato e paga: tutt’oggi libera su cauzione, per crimini come “attentato alla sicurezza nazionale e sedizione”: in tutto 7 cause aperte che potrebbero metterla in prigione per i prossimi 100 anni. Le parole di questo tipo di persone non solo hanno uno spessore, ma sono anche, direi, multistrato. Ti impegnano a leggere e studiare, sia per poterle controbattere che per capirle ancora meglio.

Le Filippine hanno avuto in Corazon Aquino, dal 1986 al 1992, un’altra paladina del popolo e della democrazia. Ed oggi, dopo decenni, Maria Ressa riporta le donne filippine sotto i riflettori del mondo: storie diverse, compiti diversi, ma sempre donne sole, fragili, amate ed odiate, che pure riescono a modificare la storia di un popolo, ad essere un esempio per il presente e per le nuove generazioni.

Poche volte si riesce trovare qualcuno capace di esprimere quanto vorremmo dire al mondo: a me è successo ascoltando Maria Ressa e la sua accusa all’odio che i colossi di Internet hanno lasciato che invadesse il web. Quel discorso di Oslo spero sia ascoltato nelle scuole, nelle università e sui social media di tutto il mondo.

“Siamo stati messi l’uno contro l’altro da ondate di fango di odio”. E quest’odio lo incontriamo ogni giorno, anche nei supermercati e per strada. Dobbiamo cambiare il corso della storia e della nostra storia, e invertire la tendenza verso l’odio per una tendenza verso la verità, la giustizia, la democrazia. Forse per questo Maria Ressa non è molto pubblicizzata: lei ha smascherato anche chi tra noi beve come verità tutto quanto viene buttato sul web, senza spirito critico e di ricerca. Ma un futuro esisterà se ora lavoriamo insieme per costruire un mondo dove regni la pace e non l’odio, la competizione per schiacciare il diverso.

È dovere di tutti noi sostenere i giornalisti indipendenti e scomodi, perchè onesti. Sostenere gente come Dmitry Muratov e Maria Ressa è come proteggere noi stessi, i nostri figli, i nostri nipoti. Perchè è grazie a gente come loro se ci sarà un mondo dove la fratellanza e la verità saranno di casa.

 

 

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